La confessione di Tito Melis «Sì ho pagato 1 miliardo»

UN GIALLO La confessione di Tito Melis «Sì, ho pagato 1 miliardo» UN GIALLO CAGLIARI I sembra di assistere a uno show, molti, forse troppi, hanno dimenticato che si parla di un sequestro», osserva Luigi Lornbardini, magistrato per tanti anni in prima linea nella battaglia contro l'anonima sarda. Intanto, ecco una nuova puntata della Silvia-story che propone colpi di scena in serie. «Confessa» di aver versato un miliardo l'ingegner Tito Melis, padre della donna tenuta per nove mesi in ostaggio, ma nega che un'identica cifra, la seconda rata del riscatto, sia stata consegnata ai fuorilegge da un misterioso sacerdote nuorese. E smentisce di conoscere l'identità di un rapitore l'imprenditore cagliaritano Nicola Grauso, che ha rivelato martedì di aver passato a due incappucciati due pacchi di banconote, il prezzo della libertà della ragazza. E' un crescendo di interviste e dichiarazioni. Qualche aspetto dell'inchiesta, per fortuna, sfugge ai riflettori, Così Silvia Melis, in un albergo di Tortoli trasformato in ufficio giudiziario, risponde per 15 ore, dal pomeriggio di mercoledì a ieri, alle domande del procuratore distrettuale Carlo Piana e del sostituto Mauro Mura. Segrete, naturalmente, domande e risposte. Scioglie invece almeno un mistero Tito Melis. «Ho pagato, a questo punto non posso più negare, anche se avrei preferito che tutto passasse sotto silenzio», spiega, rimangiandosi molte affermazioni di segno opposto fatte nei giorni scorsi. «Ho consegnato un miliardo che avevo messo insieme grazie alla disponibilità di amici all'avvocato Antonio Piras, che l'ha trasferito all'editore Nicola Grauso. E questi - aggiunge - ha messo di tasca sua 400 milioni prima di versare il riscatto. Gli restituirò la somma: lo sento come un dovere. Dire che gli sono grato per quanto ha fatto è riduttivo». Già, ma pare che tra giovedì e domenica della scorsa settimana un misterioso sacerdote abbia versato un altro miliardo ai malviventi. Tito Melis si irrigidisce: «Non ne so nulla». Ma l'indiscrezione sul prete che avrebbe svolto il ruolo di secondo ufficiale pagatore ronza insistente, insieme ad altre voci. Eccole: i massoni si sarebbero quotati (100 mila lire a testa), raccogliendo 400 milioni per favorire il ritorno della prigioniera. Silvia, inoltre, sarebbe stata liberata con qualche giorno d'anticipo rispetto alla sua apparizione sulla strada che collega Nuoro con Orgosolo; prima di salire a bordo di un'auto con tre agenti, la giovane avrebbe incontrato alcuni ragazzi di Orgosolo che - è la versione - le avrebbero offerto invano un passaggio. «Aspetto la polizia», avrebbe rispo¬ sto l'ex prigioniera. C'è stata una manovra di depistaggio? Possibile in un caso nel quale tanti hanno mentito o almeno taciuto su fatti importanti di cui erano a conoscenza. Lamenta un episodio di disinformazione Grauso, il quale nega, contrariamente a quanto gli ha attribuito ieri «la Repubblica», di conoscere l'identità di un rapitore. E sostiene che il tutto è dovuto ad una rincorsa allo scoop. «Riferivo chiacchiere che girano», ha soste¬ nuto. «Sono preoccupato. Se i banditi si convincono che io so, mi fanno fuori domani. Ho commesso un reato pagando il riscatto, ma accetto di pagarne le conseguenze. Dire che conosco un rapitore mi pone in una condizione più difficile davanti alla magistratura. E ciò non è onesto perché non ho fatto l'affermazione che mi viene attribuita». Ma il giornalista ha confermato la bontà della notizia, sommando smentita a smentita. Grauso ha anche ridimensionato una sua dichiarazione che pareva attribuire una qualche attività, nella fase calda del sequestro, al procuratore di Cagliari Luigi Lornbardini. che in passato ha diretto inchieste su decine di rapimenti. «Ho parlato con lui dei fenomeni dei rapimenti, come ho fatto con altri magistrati. Ma si è trattato di dichiarazioni accademiche, senza riferimenti a Silvia», ha chiarito l'imprenditore. Per una polemica che evapora, un'altra arriva. Tanti non hanno apprezzato una dichiarazione del procuratore nazionale Piero Luigi Vigna, secondo il quale «in Sardegna manca uno spirito collaborativo» della gente nella lotta contro i sequestratori. Ha risposto il presidente del Consiglio regionale Gian Mario Selis: «Da un magistrato mi sarei aspettato altre analisi. Certo che da noi resistono frange di un'atavica cultura che induce al silenzio. Ma il silenzio è frutto della paura, è figlio della debolezza e dell'assenza dello Stato», [r. cri.] «Non è vero che la seconda rata è stata consegnata da un prete» E l'imprenditore: mai conosciuta l'identità di uno dei rapitori

Luoghi citati: Cagliari, Nuoro, Orgosolo, Sardegna