«Pronti a tutto per salvare Soffiantini»

Drammatico appello: le condizioni del rapito possono degenerare e richiedere cure ora impossibili Drammatico appello: le condizioni del rapito possono degenerare e richiedere cure ora impossibili «Pronti q tutto per salvare Soffiantini» Ifamiliari: si è creata una nuova e preoccupante situazione BRESCIA DAL NOSTRO INVIATO «Dopo quanto è accaduto si è determinata una situazione nuova e anche più preoccupante...». Si apre così «l'appello-messaggio» che ieri pomeriggio la famiglia di Giuseppe Soffiantini, l'imprenditore sequestrato il 17 giugno scorso a Manerbio, ha deciso di rivolgere ai rapitori. Trenta righe, lette con voce ferma dal legale di famiglia, l'avvocato Giuseppe Frigo, in cui ogni parola è stata soppesata, ogni frase racchiude un messaggio. Questo: fatevi avanti con noi, la famiglia è intenzionata a pagare «nonostante il blocco dei beni», ma dovrete accontentarvi, fate in fretta. Ma che cosa «è accaduto» per far precipitare in questo modo la situazione? Secondo indiscrezioni rilanciate dai telegiornali (che il lega¬ le però smentisce in serata) proprio pochi giorni fa, poco dopo la liberazione di Silvia Melis, cui nell'appello si fa un chiaro riferimento, i sequestratori avrebbero messo in atto uno dei rituali più barbarici e crudeli dei sequestri di persona, inviando ai famigliari la parte superiore di un orecchio di Soffiantini, accompagnata da una lettera in cui si ribadisce la richiesta di riscatto di 10 miliardi. Un brandello di carne insanguinata, sul quale sarebbero già avviati gli accertamenti scientifici da parte degli inquirenti. Un messaggio terribile, questo dei banditi, ma anche il segnale che Giuseppe Soffiantini è ancora vivo. Da qui la decisione dei famigliari e del loro avvocato di cercare immediatamente un canale diretto di comunicazione con le belve che tengono in ostaggio il loro congiunto. Nella conferenza stampa che Carlo Soffiantini, il figlio maggiore dell'industriale di Manerbio, e l'avvocato convocano alle quattro del pomeriggio all'Hotel Vittoria, nel centro di Brescia, non si parla delle ultime minacce ricevute dai banditi e nemmeno di un'altra lettera che sarebbe arrivata alla fine di ottobre, quindici giorni dopo la sparatoria in cui perse la vita l'ispettore dei Nocs Donatoni e le battute in Maremma seguite all'arresto di tre componenti della banda. Anzi, si smentisce ogni cosa, si chiede nuovamente il silenzio stampa, tentando di far capire chiaramente che ciò che importa davvero è la vita di Giuseppe Soffiantini. «Finora spiega l'avvocato Frigo - abbiamo ricevuto solo messaggi unilaterali. Siamo come una nave in mezzo al mare con una radio che può solo ricevere ma non può trasmettere». Così il messaggio dei Soffiantini diventa inequivocabile: d'ora in poi verrà percorsa una strada che potrà anche fare a meno dello Stato. Sebbene l'avvocato ci tenga a sottolineare di non volere suscitare alcuna polemica: «Tutti prendono posizione in questi casi, specialmente i politici, pronti magari a schierarsi a seconda di come tira il vento. Ma non si possono fare dibattiti o leggi mentre sono ancora aperti casi del genere». Quindi, a proposito della ottimistica dichiarazione fatta dal ministro dell'Interno Giorgio Napolitano all'inizio della settimana sulla possibilità che Soffiantini sia ancora in vita, il legale dichiara: «Non voglio fare alcun commento. Ho grande rispetto e considerazione per il ministro dell'Interno che considero uomo di grandi qualità. Ma io non sono lui e soprattutto non dispongo delle sue stesse infoi-mazioni». Poi però aggiunge: «E' possibile che Soffiantini in questi mesi sia stato tenuto sequestrato in buone condizioni. Dato che è in vita...». Forse è per questo che Carlo Soffiantini, il Figlio maggiore, si lascia sfuggire di avere in questi giorni «una buona speranza» che il padre sia vivo. «Anche se - aggiunge - voglio che i suoi rapitori si facciano carico delle responsabilità che comporta la salute di mio padre». Concetto ribadito al terzo paragrafo dell'appello: «... E' interesse di tutti preservare la salute e la vita di Giuseppe Soffiantini e di restituirlo ai suoi cari. Le sue condizioni possono, anche improvvisamente, degenerare e richiedere cure che non sono possibili nello stato in cui si trova». Ma nell'appello rivolto ai sequestratori, speculare probabilmente agli ultimi messaggi ricevuti dai banditi, è contenuto anche un altro riferimento importante: la decisione presa di voler pagare, in qualsiasi modo. Facendo presente però l'impossibilità di far fronte all'esorbitante cifra richiesta. Le strade? Possono essere molte. Si parla anche di una colletta che amici e conoscenti della famiglia avrebbero intrapreso per aggirare il blocco dei beni deciso dalla procura. Perciò non è per nulla casuale che l'ultima frase sia dedicata alla vicenda di Silvia Melis: «Nei limiti quindi delle possibilità, essa (la famiglia, ndr) è pronta e decisa a fare la propria parte per raggiungere il risultato e poter riabbracciare il proprio congiunto, così come ha potuto fare con Silvia la famiglia Mebs, alla quale va il nostro pensiero più affettuoso». Si raccomanda il legale che i mass media pubblichino con risalto l'appello: «E' il nostro unico modo di entrare in contatto con i rapitori». Facendo capire che in questi mesi di angosciante attesa la tecnica dei banditi è stata quella di coinvolgere per le loro richieste sempre persone estranee al nucleo famigliare. «Ma adesso c'è una novità - dice ancora l'avvocato Frigo - ed è che sono io a propormi come unico intermediario». Paolo Colonnello L'APPELLO DEI FAMIGLIARI ■ «La famiglia di Giuseppe Soffiantini non ha ancor oggi altro mezzo per comunicare con coloro che lo detengono se non servirsi della radio, della televisione e dei giornali e ha deciso che, d'ora in poi, lo farà solo attraverso la mia persona, avvocato Frigo. Dopo quanto è accaduto si è determinata una situazione nuova e anche più preoccupante. Per questo la famiglia Soffiantini rivolge, innanzitutto, un appello ai carcerieri di Giuseppe Soffiantini perché si rendano conto di ciò e si determinino a una rapida e felice conclusione di questa vicenda, che ha già lasciato troppi segni. Oggi più che mai è interesse di tutti preservare la vita e la salute di Giuseppe Soffiantini e restituirlo ai suoi cari. Le sue condizioni possono, anche improvvisamente, degenerare e richiedere cure che non sono possibili nello stato in cui si trova». L'avvocato smentisce le voci di una mutilazione dell'ostaggio A destra Giuseppe Soffiantini L'avvocato Frigo e il figlio del rapito Tito Melis, padre di Silvia (sotto, a destra). Ieri ha «confessato» di aver dato un miliardo per il rilascio della figlia

Luoghi citati: Brescia, Manerbio