In Asia è allarme rosso

Borse sotto shock, i Grandi e il Fmi pronti a soccorrere le Tigri Borse sotto shock, i Grandi e il Fmi pronti a soccorrere le Tigri In Asia è allarme rosso Tokyo perde ancora (-5,3%) MILANO. Crolla la Borsa di Tokyo (-5,29%), continua a svalutarsi lo Won, la moneta sudcoreana, e il mal d'Asia riesplode. Violento. Mercati di nuovo in fibrillazione, l'Europa che si interroga sui riflessi della crisi che viene dall'Est sulla ripresa economica all'Ovest, l'America che cerca di correre ai ripari affiancando - insieme al Giappone - il Fondo monetario internazionale nell'operazione aiuti alle ex tigri. Insomma, la crisi asiatica è crisi vera e se qualche giorno fa l'apparente recupero delle Borse aveva lasciato credere agli osservatori più superficiali che il peggio era passato, beh, l'illusione è durata lo spazio di un giorno. Brutta, bruttissima giornata ieri a Tokyo. Sembrava che la ricetta individuata dal governo per arrestare l'onda deflazionistica - un pacchetto di misure per stimolare le attività industriali e finanziarie potesse funzionare dopo l'accoglienza positiva della Borsa, in rialzo sia lunedì che martedì. E invece, ieri, il capitombolo. Causato anche dalle dichiarazioni del primo ministro giapponese che ha escluso aiuti dello Stato per salvare il sistema bancario sommerso da una montagna di debiti inesigibili. A quel punto, con lo yen in perdita sul dollaro, con mezzo sistema bancario nel panico, il Nikkey ha rotto gli argini lasciando sul terreno qualcosa come 884,11 punti (pari a —5,29%) che è la perdita più pesante dall'inizio d'anno. Un mezzo disastro che, certo, non è stato di buon auspicio né per le altre Borse asiatiche dove, Hong Kong a parte, è tornato a farsi sentire l'orso: giù del 4,27% Giacarta, del 2,98% Kuala Lumpur, dell'1,30% Bangkok, dello 0,47% Singapore e dello 0,30% Manila. Brividi. E occhi puntati sulla riunione di Manila dove si sono trovati i viceministri finanziari e i vice- governatori delle Banche centrali di 14 Paesi, lutti i Paesi asiatici coinvolti nella tempesta monetaria e finanziaria che dura ormai da mesi più gli Stati Uniti, la Cina e il Giappone, i tre giganti. Ebbene, i 14 di Manila qualcosa alla fine hanno deciso, non quell'intervento massiccio - con tanto di fondo di garanzia precostituito - a fianco del Fondo monetario che avevano all'inizio proposto il Giappone e i membri dell'Asean ma pur sempre un meccanismo di sostegno alle economie in crisi. Nei fatti, verrà costituito un meccanismo mtegrativo di credito da utilizzare, in accordo e in sintonia con l'Fmi, per soccorrere i Paesi asiatici in crisi: in altre parole, ci saranno degli interventi ad hoc per fornire linee di credito in aggiunta agli interventi dell'Fmi. Insomma, Usa, Cina e Giappone si mobilitano, a fianco del Fondo monetario, per dar ossigeno alle economie dell'area che, altrimenti, finirebbero collassate. Uno sforzo importante (qualcuno ha parlato di 100 miliardi di dollari) che affiancherà l'intervento del- l'Fmi che, come è noto, ha già destinato 23 miliardi di dollari all'Indonesia, 17 alla Thailandia e presto potrebbe varare aiuti anche per la Corea del Sud, l'ultimo anello della catena di crisi, il Paese che ha visto svalutarsi la propria moneta del 20% dall'inizio dell'anno. Non a caso, ieri, il nuovo ministro dell'Economia Lini Chang Yuel (che ha preso il posto al dimissionario Kang Kyung Shik), varando il pacchetto di misure d'urgenza per favorire il risanamento del settore finanziario, ha ammesso che, se necessario, la Corea del Sud «prenderà in considerazione una richiesta di assistenza all'Fmi». Tutti al capezzale delle ex tigri, dunque, dal Fondo monetario agli Usa, preoccupati ovviamente delle ripercussioni della crisi. Ma anche i Paesi europei del G7, e cioè Italia, Germania, Gran Bretagna e Francia, hanno deciso di muoversi spedendo a Giappone e Stati Uniti una lettera comune Annata dai quattro ministri delle Finanze nella quale si chiede di affrontare tutti insieme la crisi finanziaria asiatica. Il passo è stato deciso, ha ieri fatto sapere il ministro delle Finanze francese Dominique Strauss-Kahn, «perché Italia, Germania, Gran Bretagna e Francia ritengono opportuno partecipare alle discussioni in corso a Manila tra giapponesi, americani e Paesi della regione sui modi di uscire dalla crisi». Insomma, al di là delle dichiarazioni ottimistiche di facciata («La crisi dell'Asia non intaccherà la ripresa economica in Occidente»), qualche preoccupazione comincia a serpeggiare: «La crisi più dura e più diventa seria», ha ammesso Strauss-Kahn. E l'ex presidente della Fed, Paul Volcker, ha aggiunto: «Sbaglieremmo a pensare che le turbolenze di questi giorni siano solo un puntino sullo schermo radar». Preoccupazioni che, manco a dirlo, hanno contagiato le Boi-se europee, tutte in calo anche se non pesantemente sulla scia del crollo a Tokyo, (Parigi —0,29%, Zurigo —0,04%, Londra —0,3%, Milano —0,13%): a salvarle, la tenuta di Wall Street che dopo un'apertura in timido ribasso si è ripresa a razzo. [a. z.l Alan Greenspan

Persone citate: Alan Greenspan, Dominique Strauss-kahn, Kahn, Lini Chang, Paul Volcker, Strauss