«Andreotti baciò Riina»

Palermo, Brusca jr conferma l'accusa Il più giovane dei tre fratelli sentito come teste. Il senatore: dopo 5 anni le solite storie «Andreotti baciò Rima» Palermo, Brusca jr conferma l'accusa PALERMO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Emanuele Brusca non c'era, ma gliene parlò Balduccio Di Maggio. Argomento, di nuovo al centro del processo per mafia ad Andreotti a Palermo, è il presunto bacio tra il senatore e Totò Riina dieci anni fa nel lussuoso attico palermitano dell'esattore della mafia Ignazio Salvo, assassinato poi nel 1992. Chiamato a testimoniare come imputato di reato connesso, il colto, il «pulito» della terribile famiglia Brusca, ieri ha rilanciato contro Andreotti il siluro rappresentato dal bacio. Un'invenzione di sana pianta, secondo l'imputato; un fatto vero, stando all'accusa e a numerosi pentiti. «Un incontro tra Andreotti e Riina a me personalmente non risulta, non c'ero e non li ho visti insieme - ha detto Emanuele Brusca, precisando di non essere un pentito ma ammettendo di essere un mafioso "riservato" -, ma ci sono episodi che mi fanno ritenere che l'incontro ci sia stato». Ne aveva già parlato il fratello Enzo dopo aver confessato di avere strangolato il bambino Giuseppe Di Matteo per ordine del fratello maggiore Giovanni. «Nel settembre del 1987 - ha aggiunto il testimone - incontrai in paese Baldo Di Maggio vestito elegantemente. Oli cinesi come mai, e prendendomi in disparte lui mi risposo: "Ti saluta lo zio che si è incontrato con Andreotti in casa di Ignazio Salvo". Rimasi sorpreso e deluso. Pensavo di dover essere io ad accompagnare Riina. Ne parlai con mio padre Bernardo, che non fece alcun commento particolare. In seguito Riina mi disse che il maxi processo sarebbe andato male in primo grado, meglio in appello e in Cassazione. Lo dissi a mio padre che commentò: "Chistu, l'onorevole Andreotti sta pigghianno pi fissa (per fesso, ndr) a Riina"». In aula il senatore a vita ha commentato con una delle sue metafore sarcastiche: «E' venuto meno il cannone Berta che si chiama Di Maggio, ora si cercano munizioni di riserva. Siamo al quinto anno del processo e si continua ancora con pezzi di colore». Più tardi, uscendo dall'aula, Andreotti se ne è uscito con un'altra battuta: «Questi pentiti dovrebbero essere protetti - ha detto - e per proteggerli bisogna pure guardare quello che fanno per evitare che qualcuno possa far loro del male...». E a un cronista che provocatoriamente gli ha domandato se intendesse pentirsi ha replicato: «Non ho questa vocazione. L'isti¬ tuto della collaborazione è utile e buono e forse necessario, però è certamente straripato». Nel controinterrogatorio i difensori hanno fra l'altro fatto rimarcare che Emanuele Brusca è parso incerto sulla presenza del fratello Enzo a uno dei colloqui con il padre Bernardo e che ha parlato del bacio per sentito dire. Il tribunale, dopo essersi riunito in camera di consiglio, ha accolto l'istanza dei difensori dichiarando nulla la parte dell'interrogatorio in cui Emanuele Brusca, su richiesta del pm Roberto Scarpinato, si è riferito all'escalation criminale di Balduccio Di Maggio da pentito. Infatti i verbali sugli sviluppi dell'indagine per i delitti attribuiti a Di Maggio negli ultimi tempi non sono stati ancora depositati. Terzo anno di Medicina, dopo la maturità classica conseguita nel seminario arcivescovile di Monreale (lo stesso frequentato dal boss Pietro Aglieri), iscritto all'Azione cattolica, Emanuele Brusca passava per l'anima buona, il cuor gentile della famiglia, ma ha poi riconosciuto di essere stato il trait d'union per anni tra Riina e i Salvo. Antonio Ravidà Il senatore Andreotti: Emanuele Brusca ha tirato in ballo il presunto bacio a Riina

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