La politica ultima sirena di Niki di Vincenzo Tessandori

t. la politica, ultima sirena di Niki La sua sfida si chiama «Nuovo Movimento» SONO un editore, ha sempre detto. Il più importante della Sardegna, dicono, il più attivo, il più intraprendente, di certo il più discusso. E ora, il salto nel mondo della politica. Una scelta meditata, magari la risposta a una vocazione, non necessariamente un calcolo: meglio, in ogni modo, che avvenga sotto le luci della ribalta. Sono importanti, i riflettori, le telecamere, i microfoni, i taccuini aperti. In politica lui ha le sue idee, su tutti, ha fatto sapere, ammira Fini e Bertinotti. Il suo gruppo lo ha chiamato Nuovo Movimento, dentro, assicura, ci sono «tutti i migliori». Pochi dubbi. Nicola Grauso, detto Niki, 48 anni, conosce ogni segreto, ogni trucco della comunicazione. Ora le luci le ha tutte addosso, perché ha raccontato di aver portato il riscatto ai rapitori di Silvia Melis. Un affare sempre complicato, si sa, ma per lui anche di più perché queste cose si fanno di notte, immersi in quel buio che protegge i banditi, e lui ha una paura dannata delle tenebre, fin da bambino. L'avventura di editore comincia dopo la laurea in legge, raggiunta seguendo l'itinerario fra Cagliari e Sassari. E' il 1975 quando crea «Radiolina»: 350 mila lire per un vecchio ripetitore dell'esercito. Funziona. E dopo la radio, la televisione: «Videolina», prima tivù a colori in Sardegna, trasmissioni via etere, niente fastidiosi cavi. Ancora un successo, rafforzato da una sentenza che gli assicurerà libertà di trasmissione. Inghiotte le concorrenti più importanti, «Bibici» e «La voce sarda». Poi, con «Telecosta Smeralda» raggiunge una specie di monopolio. Ha un'altra intuizione: semina l'isola di ripetitori e quando la Fininvest arriva in Sardegna, quei punti d'appoggio si rivelano indispensabili per le trasmissioni di Canale 5, Italia 1 e Rete 4. Soprattutto dopo la vittoria del Polo il legame con Berlusconi si rinsalda. Lo dicono vicino alla massoneria, ribatte: «Solo perché sono amico di Giorgio Corona». In ogni modo, è il primo a tendere la mano a Maurizio Costanzo, dopo lo scivolone per la P2. In fibrillazione perpetua, mette gli occhi suU'«Unione Sarda», 80-90 mila copie, orientato a sinistra, stampato a Cagliari e diffuso fino nel Nuorese e a Oristano, legami con Nino Rovelli non così stretti, però, come ha «La Nuova Sardegna»: insomma, una preda ghiotta. Nell'operazione, un aiuto consistente gli arriva dalla Spi, società di pubblicità, che per timore di perdere un cliente importante, gli assicura introiti futuri. E' il 1985, il business è fatto, il direttore è Massimo Loche, condirettore Giorgio Casadio. Ma non è una stagione tranquilla, per infiniti motivi la direzione non lega con la redazione e, come avviene nelle squadre di calcio, paga l'allenatore. Raccontano che una sera da Londra, con una semplice telefonata Grauso liquidi il direttore e il suo braccio destro, «troppo legati alla sinistra ferroviaria»: quella che fa capo a Claudio Signorile. D'accordo, anche l'editore si professa gauchiste convinto, ma quello non è il suo gruppo. Dopo un periodo non breve si arriva alla nomina di Antonangelo Liori, 30 anni, l'attuale direttore. Gli affari sono affari, e Grauso i suoi sa farli. Presso l'aeroporto di Cagliari Elmas crea un centro stampa definito di prim'oidme al quale si rivolgono Corriere della Sera, Gazzetta dello Sport, Corriere dello Sport, La Stampa, Il Giornale, il Messaggero, per un certo periodo l'Unità. Instaura collaborazioni con il Manifesto e con Rinascita. La proprietà si trasforma in una cooperativa della quale, oltre a lui stesso, fanno parte la moglie, il suocero, il commercialista. Con la legge per l'editoria, la creazione della coop gli garantisce un finanziamento di 4 miliardi e 900 milioni all'anno, a fondo perduto. Ma ormai, siamo nelT '89, guarda altrove, alla Polonia. E sarà una campagna lunga e dura. Batte un avversario del calibro di Robert Maxwell nella corsa a «Zycie Warszavy», il più diffuso quotidiano della capitale. E lui che amava definirsi «un ragazzo delle radio libere», non ha più dubbi: è «il più grande editore d'Italia». Rilancia con la tivù: nel '94, crea Polonia Uno, ma sbaglia alleato: i cattolici di Lech Walesa perdono e a lui non rimane che la ritirata. Ma chi è in affari non si ferma perché una tappa si è conclusa male. Ha acquistato due jet, pure il Falcon 9 di Raul Gardini, che poi rivende e prova ancora con la tv, crea «Video on line», ma il progetto non decolla e più tardi deve mollarla alla Telecom che, si dice, vanti crediti per 40 mihardi. Cambia obiettivo: acquista una cartiera ad Arbatax, porto di Tortoli, paese di Silvia. L'idea è di affiancarla alla società di rimboschimento Marisilva, cellulosa e cartiera: ma invece dei contributi Cee awierà un mare di carte da bollo e il progetto vi annegherà. Per l'editore si parla di una «esposizione di 100 miliardi». Ora, l'ultima giocata: il Nuovo Movimento. Vincenzo Tessandori Oltre vent'anni da protagonista nel mondo degli affari passando dalla tv ai giornali alla cartiera Per l'ultimo progetto che non è andato a buon fine si parla di un'esposizione da 100 miliardi