«Non sono un ayatollah»

«Non sono un ayatollah» «Non sono un ayatollah» L'expremier turco Erbakan alla sbarra ANKARA. L'ex primo ministro turco Necmettin Erbakan ha negato qualsiasi tentativo di instaurare la legge islamica (Shariah) nel Paese definendo il procedimento aperto contro il suo partito filoislamico Refah un processo politico e non penale, difendendosi per cinque ore davanti alla Corte Costituzionale. Refah aveva denunciato nei giorni scorsi il procuratore della corte d'appello, Vural Savas, che la settimana passata aveva stigmatizzato il partito per aver «portato il Paese sull'orlo della guerra civile», di far uso, su istigazione dei militari, di «metodi simili a quelli usati da Stalin e Hitler» per far tacere l'opposizione democratica. Savas ha accusato Refah di essere divenuto il punto di riferimento delle forze fondamentaliste islamiche che vogliono rovesciare il regime secolare instaurato da Kemal Ataturk. Erbakan, che ha negato qualsiasi intenzione di sovvertire l'ordine costituzionale, ha sottolineato le ragioni politiche della campagna, istigata dai militari, contro di lui. Erbakan ha definito il modo in cui è trattato il caso una violazione dei diritti umani fondamentali. La sentenza della corte dovrebbe essere emessa entro dicembre. Ieri Erbakan ha contestato le accuse di violazioni costituzionali affermando che si tratta di un caso politico che dovrebbe essere giudicato in base alla legge sui partiti. Inoltre, a suo dire, il procuratore avrebbe utilizzato, nell'atto di accusa, casi non entrati ancora in giudicato come quelli relativi a dichiarazioni estremiste di sindaci islamici. Sul piano politico Refah sostiene che non si può mettere fuori legge un partito che ha ottenuto oltre il 21 per cento dei suffragi e conta 4.300.000 iscritti. La maggior parte delle forze politiche è perplessa di fronte alle conseguenze di una possibile chiusura di Refah. Il premier Mesut Yilmaz appare preoccupato che la sua messa al bando venga considerata dagli islamici, che votano in parte anche per il suo partito Anap, una responsabilità del governo. Secondo gli osservatori, il procedimento ha connotati politici nel quadro della campagna lanciata dai militari per liquidare l'unica forza in grado di opporsi alla loro egemonia grazie ad organizzazione e finanziamenti indipendenti. Il primo atto fu la caduta in giugno del governo Erbakan. In caso di chiusura, i princi pah leader del partito, a cominciare da Erbakan, verrebbero banditi dalla vita politica. [Ansa]

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