« Mele marce dei carabinieri alleate dei boss »

3 Nuove rivela2ioni nell'interrogatorio fatto da Caselli all'ex imprenditore di Cosa nostra « Mele marce dei carabinieri alleate dei boss » 7/pentito Siino: ecco i nomi dei militari infedeli ROMA. I carabinieri sapevano perfettamente che al loro interno c'era più di una «mela marcia». Parola di Angelo Siino. Militari in contatto con uomini di Cosa nostra, incontri con mafiosi e latitanti, sottufficiali a caccia di soldi. Tutto ciò non era mai stato riferito all'autorità giudiziaria. Oggi l'imprenditore mafioso, poi passato nelle file dei collaboratori di giustizia, consegna la sua verità ai magistrati di Palermo, allo stesso procuratore Caselli. Ecco il perché, il 13 ottobre scorso, del lunghissimo interrogatorio - a Torino - del comandante dei Ros, gen. Mario Mori, e di uno dei suoi più stretti collaboratori, il capitano Giuseppe De Donno. Solo tre giorni prima, il 10 ottobre, Angelo Siino si era lasciato andare ad una confessione a dir poco sconvolgente, ammettendo di aver più volte avuto contatti con ufficiali dell'Arma: «Nel corso degli incontri intervenuti presso la Clinica Universitaria di Roma mi fu chiesto dal De Donno e dal Mori di riferire sulla presenza di "spifferi" all'interno dell'Arma dei CC. Con tale espressione gli ufficiali dei CC si riferivano all'eventualità di carabinieri vicini a Cosa nostra, vale a dire - come mi disse il col. Mori - "cani che portavano le ossa fuori". In quell'occasione parlai del maresciallo Lombardo (morto suicida nel 1995) ed in via solo marginale del maresciallo Canale». Una valanga di hquami, dall'inizio di questa ammissione, si abbatterà sui due. Accuse infamanti, addirittura il sospetto che Canale possa essere stato complice della mafia trapanese nel tentativo di far fuori il capitano De Donno ed altri ufficiali e sottufficiali dell'Arma. La rivelazione dei 5 milioni : pfferti da Simo à Lombardo (i due erar no cognati) in cambio di notizie 'scattanti. Infangata anche la memòria del maresciallo G-uàzzelli, ucciso ad Agrigento e fino a ieri pianto come vittima della mafia. Giuseppe De Donno, giovane ufficiale che all'epoca dei fatti raccontati aveva appena 30 anni, tentenna sotto le contestazioni dei tre magistrati che lo interrogano. Ma poi è costretto ad ammissioni parziali, a cercare di ricordare con più attenzione. Difende coi denti la memoria di Antonino Lombardo, minimizza sugli episodi raccontati da Siino, mentre su Carmelo Canale si mostra meno sorpreso, arrivando ad ammettere di aver saputo dal collaboratore - allora mafioso confidente - di una trattativa col sottufficiale per ottenere il rapporto su «Mafia & appalti» per una somma che do veva aggirarsi sui 50 milioni. E dimostra, De Donno, di concedere qualche affidabilità al racconto che Simo fa a propo sito dell'attentato organizzato da «mastro Ciccio», boss trapanese di fede corleonese, appro fittando di una «soffiata» di Ca naie. Un colpo al cuore per quanti erano abituati a pensare al sottufficiale come al braccio destro di Paolo Borsellino. Il ca pitano doveva essere ucciso mentre stava a cena in un risto rante di Marsala, insieme col capitano Del Sole, il capitano Silico, il maresciallo Lombardo e l'autista di De Donno, appun tato Sciarrino. Doveva essere «una mangiata di pesce» che si sarebbe conclusa con un assalto armato. L'attentato non si fece perché lo stesso Siino riuscì ad ottenere una «sospensiva» della pena, giustificando la sua richiesta col fatto che eventuali contraccolpi giudiziari sarebbero caduti tutti sulle sue spalle, già indagato nell'ambito dell'in chiesta sugli appalti. Anche di fronte a fatti così enormi, Giuseppe De Donno non mostra di essere particolarmente sorpreso, anzi ammette che Siino sulla vicenda della «mangiata di pesce» gli era sem brato attendibile perché conosceva molti particolari. Su Canale spiega che Siino gli aveva raccontato, durante qualche colloquio informale, che il sqt tufficiale aveva frequentazioni con personaggi mafiosi della zona di Trapani e Marsala. Ma Siino aveva parlato anche del maresciallo Antonino Lom bardo. Il sottufficiale si era fatto avanti attraverso un tal Brugnano, chiedendo di poterlo in contrare. Ottenuta 1'«autorizza sione» da Giovanni Brusca, al¬ lora capomandamento latitante, Siino incontra Lombardo in un magazzino di Partinico. Il maresciallo, arrivato su una «Opel Ascona», «mi dice - racconterà Siino - se ero interessato a sapere il contenuto di un corposissimo rapporto che era stato presentato dai carabinieri nei miei confronti». Il maresciallo aggiunge che il rapporto aveva «delle cose esplosive, che c'erano dentro De Michelis, il presidente della Regione Nicolosi, Mannino, un onorevole di Torino, certo Bonsignore...». Ma non dimentica di sottolineare che: «Io compro o vendo». Il rapporto, Siino lo leggerà per altre vie (politico-istituzionali) e a Lombardo è tentato di dire «no grazie». «Al che - racconta il collaboratore - lui meschino mi pietisce e mi dice "Ah, io ora come faccio, mi sono impegnato". In poche parole mi dice: guarda che c'è mio figlio, suo figlio che doveva essere operato agli occhi a Lione, io mi intenerii di questa situazione perché lo vidi davvero preoccupato e gli ho regalato 5 milioni, ma non mi diede niente». De Donno, il 13 ottobre, ammette anche di aver saputo da Siino cose poco edificanti su Giuliano Guazzelli. Per esempio del modo poco chiaro con cui otteneva gratis forniture di materiali e manodopera per costruire la sua villa di Menfi. Secondo Siino, De Donno gli avrebbe confidato, in seguito, di aver capito che Guazzelli aveva fornito informazioni «dando una dimensione riduttiva del ruolo del costruttore Filippo Salamone». [f. 1.1.1 GIUSEPPE DE DONNO: è l'ufficiale che accusa tre magistrati di Palermo, tra cui Guido Lo Forte, procuratore aggiunto di Caselli, di aver dato a Cosa Nostra notizie riguardanti ANGELO SIINO: imprenditore mafioso pentito, è all'origine dello scontro tra carabinieri dei Ros e procura di Palermo perché attraverso le sue dichiarazioni i magistrati ritengono di aver scoperto una serie di comportamenti discutibili da parte dei militari nel modo di condurre le indagini GIANCARLO CASELLI: il procuratore di Palermo ha inviato un dossier al ministro della Giustizia Flick nel quale spiega i motivi del comportamento che ritiene ostile da parte dei carabinieri nei confronti della procura GIOVANNI TINEBRA: il procuratore di Caltanissetta indagherà sulle accuse di De Donno. Nel 1993 aveva archiviato un'inchiesta scaturita sempre da un rapporto dei Ros su mafia e appalti che riguardava 5 magistrati palermitani GIUSEPPE LI PERA: ex rappresentante in Sicilia della ditta Rizzani-De Eccher, dopo i'arresto del '92 indicò i nomi dei 5 magistrati poi indagati a Caltanissetta per presunti favoritismi ad alcuni imputati nel processo mafia-appalti CAP'IELO CANALE: tenente dei carabinieri, ex braccio destro di Borsellino. Angelo Siino lo accusa adesso di aver favorito, rivelando il luogo di un appuntamento, la progettazione di un attentato (però mai realizzato) contro il capitano De Donno. i PROTAGONISTE DELL'«AFFAIRE » ROS-PROCURA l'inchiesta su mafia e appalti: accuse che all'avrebbe rivelato Siino nel corso di colloqui informali MÉBbsssÉ jUÈ U ■ "■' MARIO MORI: è il comandante dei Ros. Secondo la procura avrebbe avallato il comportamento al limite della legalità tenuto da alcuni suoi collaboratori TONINO LOMBARDO, maresciallo dèlia stazione dei carabinieri di Terrasini, morto suicida nel '95. Siino dice di avergli dato 5 n\i)ipnr'fn cambia'di notizie/ sulle indagini che lo riguardavano. Era Puomo che trattava il ritorno di Tano Badalamenti in Italia «Gli ufficiali del Ros sapevano del coinvolgimento dei loro uomini» «Ho fatto i nomi del maresciallo Lombardo e di Canale solo marginalmente» Caselli