Il debutto del senatore Di Pietro di Maria Grazia Bruzzone

Fra calci e minacce il falò dei fascicoli IL CASO L'EXPM NEL PALAZZO il debutto del senatore Di Pietro In ritardo, «buca» la prima votazione m. ROMA Jk RRIVA in ritardo, ((buca» flPflaper sbaglio la prima votazione, fa di tutto per sottrarsi a telecamere e cronisti. Primo giorno un po' goffo per Antonio Di Pietro al Senato, intimidito dalla solennità del luogo, a disagio fra i riti, i meandri, i regolamenti del palazzo nobile della politica. Il neosenatore scende dalla Thema alle 11,05 davanti all'ingresso principale e dribbla subito i cineoperatori. Ha un perfetto vestito antracite ma l'aria un po' spaesata. «Buon giorno senatore Di Pietro», 10 saluta il capo dei commessi. «Cosa devo fare, devo giurare?», chiede a chi lo circonda... «Ho appuntamento col segretario generale». Gli fanno strada nel cortile, dove lo aspetta Franco Bassanini. Un abbraccio, uno scambio di commenti sui buoni risultati delle amministrative, e Tonino appare subito rinfrancato. Poi il ministro della Funzione Pubblica lo guida nel complicato percorso che mena all'aula, un paio di cronisti lo aspetta al varco nel salone Garibaldi che al Senato funge un po' da Transatlantico, ma lui passa oltre girando la testa dall'altra parte, con un gesto che buffamente assomiglia a quello di Bettino Craxi quando non voleva essere importunato. Ma questa volta almeno lancia un timido sorriso. Prima di entrare c'è il rito della firma. «Ah... bisogna firmare, e dove?», chiede e, restio agli autografi com'è sempre, in questa occasione tira fuori una stilografica e si compiace che sul registro ci sia già 11 suo nome. Nell'aula il presidente Nicola Mancino ha da poco comunicato ufficialmente la sua avvenuta elezione a senatore, aggiungendo «le felicitazioni dell'assemblea e gli auguri di buon lavoro». La seduta è iniziata, ma molti senatori sono ancora in piedi. Tonino è appena comparso che subito gli si fa incontro per abbracciarlo l'anziano senatore della sd Raffaele Bertoni, già presidente dell'Associazione nazionale magistrati. «Tu per me sei come un padre», lo ringrazia Di Pietro. Giovanni Pellegrino e Leopoldo Elia gli stringono la mano senza speciali effusioni, Cesare Salvi si limita a un freddino «Buongiorno, come sta?», il sottosegretario ai Trasporti Soriero gli fa un cenno dal banco del governo. Il neosenatore va a salutare Mancino, dei colleghi gli indicano il suo posto. Ma qualche minuto dopo, quando va in votazione l'emendamento 512 alla Finanziaria, il leghista Tabladini chiede la verifica del numero legale, e la senatrice Barbieri della sd si guarda intorno perplessa: «Dov'è Di Pietro? Dov'è Di Pietro?». La seduta è sospesa. «No comment» di Ersilia Salvato, prc. «Aspettiamo di vederlo all'opera, a contribuire al numero legale», ironizza Massimo Villoni, sd. «Una sortita non brillantissima», insiste Euprepio Cintò, an, uno dei pochi senatori del Polo presenti. «Di Pietro entrando in aula questa mattina ha scoperto la democrazia. E' uno dei 315 senatori, uno dei tanti» è la battuta caustica di Ottaviano Del Turco. Ombretta Fumagalli Candii in giacca tirolese, appena passata con Dini, trasecola: «C'era Di Pietro, dov'è, non l'ho visto... comunque noi di Rinnovamento lo consideriamo dei nostri». «Di Pietro è come una balena, ma si muove come un'anguilla», sogghigna il napoletanis- simo Bertoni, che invita i cronisti ad appostarsi all'ingresso del montacarichi che porta al sottopasso che unisce Palazzo Madama a Cenci, dove il neosenatore occupa il blindatissimo ufficio del suo predecessore Pino Arlacchi. Lui nella pausa si è rifugiato là. Ma il tunnel, grande e fastoso, dipinto di giallo ocra e rosso pompeiano, con tanto di rovine romane che emergono dal sottosuolo, è ormai deserto. Rispunterà più tardi direttamente nell'aula, seduto nei banchi più alti tra i due nuovi angeli custodi: Mario Occhipinti, capo del gruppo misto, e Angelo Giorgianni, giurista di Rinnovamento, che non perde tempo nel sottoporgli un suo dattiloscritto sulla giustizia. Di Pietro ha una parola gentile per la senatrice Vera Squarcialupi, che ha un braccio al collo. Poi ascolta attento infor¬ mazioni e consigli, prende appunti diligente, telefona al cellulare e ogni tanto alza la mano per votare. All'una e mezzo sparisce di nuovo, ma questa volta esce da una porta laterale coi capigruppo Salvi, Elia e Pieroni, per pranzare in un ristorante nei dintorni. Nasce il coordinamento dei gruppi dell'Ulivo, e si deve discutere della conferenza stampa di domani. Poi è di nuovo aula, e una nuova lezione per Tonino, davanti al malloppo della legge finanziaria. Intanto arriva la notizia che la doppia querela che l'ex magistrato aveva intentato contro Bruno Vespa per la telefonata in diretta a Craxi è stata archiviata dal giudice, mentre Craxi è stato rinviato a giudizio. Ma quando, la sera, Di Pietro compare alla buvette, non fa alcun commento. Si limita a congratularsi con un funzionario suo omonimo. Maria Grazia Bruzzone

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