Ungheria valanga di sì alla Nato

Dopo la martellante propaganda governativa con tv, cd-rom e videogames Dopo la martellante propaganda governativa con tv, cd-rom e videogames Ungheria, valanga di sì alla Nato Ultima suspense sul quorum MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Gli ungheresi hanno votato a valanga per dire che vogliono entrare nella NATO. Dopo lo spoglio di circa metà delle schede del referendum di ieri per l'adesione all'Alleanza atlantica, ai sì veniva attribuito l'85,4 per cento e ai no il 14,6. L'affluenza alle urne ha superato (di poco) il 50% richiesto. Il governo ha speso milioni di dollari per finanziare una martellante campagna a favore dell'ingresso. Con metodi leciti e meno leciti. Ad esempio pagando fior di quattrini un programma televisivo, «Family Ltd.» in cui uno dei personaggi, il maggiore Zoltan Kardos, funge da avvocato della causa vincente. Esagerando a tal punto da disgustare una parte del pubblico. E fosse soltanto «Family Ltd.». Altre e numerose trasmissioni radio e televisive sono state commissionate, sempre dal governo, per ricordare agli ungheresi quanto era grama la vita sotto il Patto di Varsavia e quanto buona sarà con l'Alleanza Atlantica. E al denaro dei contribuenti ungheresi si aggiunge quello della americana McDonnell-Douglas, per produrre CD-ROM e software vario per le biblioteche pubbliche, inclusi videogames per adulti e bambini, interamente dedicati all'esaltazione delle virtù della NATO. Il vero problema, comunque, non era chi avrebbe vinto, ma se la gente sarebbe andata a votare. Perché l'ingresso nella NATO fosse ratificato (il referendum è vincolante) occorreva che almeno il 25% degli aventi diritto votasse per il sì (indipendentemente dal numero dei votanti). Ieri sera pareva che questo livello fosse stato raggiunto. Se il referendum fosse fallito per disinteresse degli elettori, sarebbe stata una sconfitta per chi aveva esercitato tanti sforzi per sollevare entusiasmo. Dunque si è fatto fino all'ultimo il possibile e l'impossibile per garantire il referendum e il risultato. L'uomo della strada ha digerito la pillola fondamentale: secondo la quale le spese che dovrà sostenere per l'ingresso nella alleanza militare dell'Occidente sono un buon investimento per un futuro ingresso tout-court nella vita dell'Occidente, cioè nell'Unione Europea. In ogni caso, gli si è detto, si spenderebbe di più per garantire la difesa nazionale in splendido isolamento. In realtà nessuno sa esattamente quanto costerà a ungheresi, polacchi e cechi l'ingresso nella NATO. Il maggiore Zoltan Kardos è molto reticente su questo tema. Più o meno altrettanto reticente del presidente Clinton. Ma gl'interessi che stanno dietro questa strana e apparentemente inutile battaglia sono enormi. Inutile perché il referendum non era obbligatorio essendo la ratifica giuridica della decisione di ingresso una prerogativa dei Parlamenti. Del resto né la Polonia né la Repubblica Ceca hanno indetto alcun referendum, ma il governo di Horn voleva essere sicuro dell'appoggio popolare. Tra gl'interessi economici in gioco, quelli americani sono visibili a occhio nudo, essendo evidente che le industrie militari USA sono già pronte a fornire tutto quanto occorre. Le recenti fusioni Boeing-McDonnell-Douglas e Lockheed-Martin-Northrop hanno creato dei Golia quasi imbattibili, al confronto dei quali l'Europa può mettere in campo solo dei modesti Davi¬ de con minuscole fionde. Basti pensare soltanto che la BoeingMcDonnell-Douglas vale, da sola, le quaranta maggiori industrie produttrici di tecnologia militare di tutta Europa. Gli europei hanno detto sì all'estensione della NATO verso Est pensando comunque di riuscire ad aggiudicarsi una fetta della torta, che si aggira comunque attorno all'astronomica cifra di 20-30 miliardi di dollari in dieci anni, da ripartire tra nuovi membri, vecchi membri europei e Stati Uniti. Per fare questo è tuttavia indispensabile raggiungere minime dimensioni di scala. Chi non ce la farà è tagliato fuori in partenza. Ci stanno provando la Saab, con British Aerospace e Daimler-Benz Aerospace. La prima ha già una testa di ponte in Ungheria, tramite la Electrolux (Wallenberg Group). Un altro eventuale candidato alle commesse è Dassault-MatraThomson. Ma gli europei, se non si consorziano, rischiano di fare la fine dei Curiazi contro gli Orazi. Così, mentre il Senato USA si appresta a esaminare la ratifica dell'allargamento della NATO, appare sempre più evidente a tutti che essa - come ha scritto recentemente il New York Times - «non ha alcuna stringente motivazione in termini di incremento della sicurezza». Il che significa che le motivazioni, se vi sono, sono quelle che emergono dagli appetiti delle concentrazioni di cui sopra. Ma nei talkshow ungheresi di questo non si è parlato. Giuliette Chiesa Il primo ministro Gyula Horn al voto con la moglie e (in alto) soldati ungheresi [foto reuter] In gioco la sicurezza nel Centro Europa e commesse militari per 30 miliardi di dollari

Persone citate: Clinton, Dassault, Giuliette Chiesa, Golia, Gyula Horn, Horn, Orazi, Wallenberg Group, Zoltan Kardos

Luoghi citati: Europa, Mosca, Polonia, Stati Uniti, Ungheria