Un uomo e un giornalista L'esempio di Giovanni Trovati

L'esempio L'esempio CARLO Casalegno ha pagato con la vita le sue idee. Negli anni del terrorismo nelle redazioni c'era coraggio ma anche preoccupazione, che per qualcuno diventava paura. Brigatisti neri e brigatisti rossi telefonavano a casa dei giornalisti che si occupavano delle loro gesta minacciando mogli e figli. C'erano giornalisti che non cedevano, c'erano giornalisti che preferivano occuparsi di altro. C'erano giornalisti che condannavano ferimenti e omicidi, ma insistevano nella tesi dei «compagni che sbagliano», e giornalisti che preferivano non schierarsi «né con io Stato né con le Br». Lunghi anni di smarrimento avevano minato le capacità decisionali delle istituzioni. Carlo Casalegno denunciò la degenerazione del '68: il movimento, nato con l'intenzione di svecchiare l'università dei baroni e rendere più seri gli studi, era sfuggito di mano ai promotori, e aveva finito per svilire la scuola, disconoscere ogni principio di autorità, disorientare i giovani illudendoli che bastasse gridare slogan e scendere in piazza per ottenere tutto. A Milano, a Torino, soprattutto a Roma si combattevano aspre guerriglie tra giovani e polizia. A Roma il governo non seppe impedire una massiccia sfilata di formazioni di giovani in tenuta di combattimento. La debolezza del governo incideva sulla tenuta delle forze dell'ordine: non si riusciva a arruolare poliziotti e carabinieri. Casalegno stigmatizzò l'inadeguatezza di troppi uomini di governo, l'incertezza di alcuni magistrati e l'ambiguità - nei primi tempi - dei sindacati: all'esplodere del fenomeno brigatista ne avvertì subito la pericolosità. Se il governo avesse operato sin dall'inizio con energia - ma i partiti erano troppo divisi - forse non avremmo avuto i sequestrati, i gambizzati, i morti e tanti giovani non si sarebbero rovinati per seguire ideologie perniciose di cattivi maestri che portavano alla distruzione senza un progetto di costruzione. Gli articoli di Casalegno erano efficaci, perché chiari e ben scritti, sostenuti da una profonda cultura. A La Stampa era arrivato dopo la breve esperienza al GL (Giustizia e libertà), il quotidiano del partito d'azione che visse pochi mesi dopo la Liberazione, e in un giornale del pomeriggio, il Popolo nuovo. De Benedetti, il direttore, comprese le sue capacità e gli affidò la politica estera e poi l'incarico di curare la terza pagina, che allora era la pagina della cultura, e le pagine dei libri. Da De Benedetti Casalegno apprese lo stile secco, l'esigenza di una esposizione documentata e precisa, la costante preoccupazione di difendere l'indipendenza di giudizio. Per essere libero non concedeva confidenza ai politici (le frequentazioni possono essere vincoli condizionanti per il giornalista). Era contrario al pettegolezzo, il colore dei calzini non lo interessava: si preoccupava di capire e di far capire. E non si lasciava intimorire quando era convinto di essere nel giusto. Le Br videro in Casalegno il giornalista capace di isolarli, privandoli della comprensione (quando non simpatia) della pubblica opinione, a loro indispensabile per continuate la lotta. E decisero di ucciderlo: lo ferirono il 16 novembre 1977, sotto il portone di casa, nel pomeriggio al ritorno dal giornale. Morì alle Molinette il 28 novembre. Aveva 61 anni. Giovanni Trovati

Persone citate: Carlo Casalegno, Casalegno, De Benedetti, De Benedetti Casalegno

Luoghi citati: Milano, Roma, Torino