NELL'OCEANO DEL ROMANZO di Claudio Gorlier

tuttolihri tuttolihri LA STAMPA Giovedì 13 Novembre 1997 FOTOGRAFIA Tutti gli usi e gli abusi dell'immagine USI e abusi dell'immagine fotografica» è il tema del convegno in programma oggi e domani a Milano, Università del Sacro Cuore, Largo Gemelli I. Due le sezioni: la fotografia come fonte documentale; la fotografia e la stampa: il fotogiornalismo. Con interventi, fra gli altri, di Italo Zannier («La storia della fotografia in Italia»), Ruggero Eugeni, Ferdinando Scianna, Roberto Koch. Concluderà la due giorni, domani, 15.30, una tavola rotonda su «L'uso dell'immagine sui giornali, problemi etici e deontologici» (con, tra gli altri, Adriano Bausola, Lucio Lami, Sergio Romano, Giuseppe Santaniello). RIDOLFI Un uomo del Cinquecento tra la Baronta e l'elzeviro ESCONO, per i tipi dell'editore Olschki (pp. 218, L. 65.000), gli atti del convegno di studi su Roberto Ridolfi, svoltosi l'anno scorso. Scomparso nel '91, Ridolfi, ancoraro nella dimora della Baronta, fu tra i maggiori esploratori del Cinquecento. Il volume accoglie relazioni, fra gli altri, di Eugenio Garin («Lo storico»), Gennaro Sasso («"Nelle interlinee". Roberto Ridolfi su Machiavelli e Guicciardini», Cecil Grayson («Ridolfi e il mondo anglosassone»), Giorgio Luti («Ridolfi biografo: la "Vita di Giovanni Papini"», Indro Montanelli («Un uomo del Cinquecento»). CONVEGNO Nella rete telematica nasce la comunità virtuale STA nascendo una nuova forma di comunità dei saperi, «La comunità virtuale», la cui rete è data dai siti Internet, la posta elettronica, le banche dati ecc.: come cambierà il modo di mettersi in relazione, come si amplieranno i nostri orizzonti cognitivi e la comunicazione scientifica? Questi i temi del convegno, dal 26 al 28 novembre presso l'università Iulm di Milano. Relazioni diTomàs Maldonado, George P. Landow, Guido Vannucchi, Roberto Esposito, Giovanni Cesareo, Mario Ricciardi. Nella mattina del 27, a cura dell'Aie, si discuterà di industria culturale e nuovi media. INCONTRO Come l'esperienza del viaggio ci può cambiare la vita IL viaggio come momento fondamentale nella formazione e nello sviluppo della personalità: se ne discuterà in un incontro il 20 novembre alle ore 15 all'Università di Milano, promosso in collaborazione, tra gli altri, con il Touring Club, l'Associazione italiana di geografia, l'Irrsae lombardo. Introdurrà Duccio Demetrio («Il viaggio nel cammino della vita»). Seguiranno relazioni di Ennio Salamon («Caratteristiche e comportamenti dei viaggiatori», Giacomo Corna Pellegrini («Racconti di viaggio nella didattica della geografia), Sergio Tramma («Esperienze di viaggio nella terza età»). LETTERA Una primogenitura nel dibattito su cannibali e sublimi ARBASINO e Affinati hanno giustamente ricordato (sull'ultimo Tuttolibrì) a Cordelli la difficoltà di definire nettamente categorie come «pulp» e «sublime». Mi è dispiaciuto che nessuno dei due abbia ricordato come sette mesi prima (9 marzo, '97), in un vistoso articolo sulla prima pagina dell'Unità-Cultura, il sottoscritto avesse parlato di una junghiana scissione della narrativa italiana fra «sentimentalità» (esempio, Tamaro) e «brutalità» (esempio, il pulp) che forse non era tanto dissimile (e magari un po' più precisa) da quella descritta da Cordelli. Francesco Dragosei, Roma L'umanesimo delle responsabilità come bussola del critico. Tra i suoi maestri Giovanni Getto, Starobinski e Branca Carlo Ossola domani riceverà il «Feltrinelli» PER LA NARRATIVA L'OMAGGIO A RIGONISTERN Ipremi «Antonio Feltrinelli», destinati quest'anno alle Lettere, vengono consegnati domani, ore I I, presso l'Accademia dei Lincei (via della Lungara IO). La cerimonia coincide con l'inaugurazione dell'anno accademico 1997-1998.1 riconoscimenti sono stati così assegnati: premio internazionale per la Linguistica (300 milioni) ajohn Chadwick, professore emerito di lingua greca antica nell'Università di Cambridge; quattro premi a cittadini italiani ( 125 milioni ciascuno), rispettivamente a Carlo Ossola (critica letteraria), Mario Rigoni Stern (narrativa), Giovanni Giudici (poesia), Alessandro Perosa (filologia). La giuria, presieduta da Vittore Branca, ha scelto Carlo Ossola perché «ha dato prova di una singolare intelligenza critica unendo la finezza e la sensibilità del lettore con l'acume e il vigore erudito dell'esperto storico delle idee», un «autentico critico letterario europeo». Di Mario Rigoni Stern si loda la «geniale scrittura così nitida, antiornamentale, concreta», la «profonda moralità che lo apparenta ad alcuni suoi grandi amici come Emilio Lussu e Primo Levi». Nella poetica di Giovanni Giudici viene colta «l'aspirazione alla bellezza, al bene, alla comunicazione autentica, partendo dall'orizzonte di un'esistenza "dimessa", di una resistenza semplice e quotidiana ai pericoli che gravano sull'umanità e sulla sua storia». Di Alessandro Perosa, allievo di Giorgio Pasquali e Edward Fraenkel, è segnalata la «solida attrezzatura linguistica e filologica». Dopo una relazione del prof. Edoardo Vesentini, presidente dei Lincei, John Chadwich terrà una prolusione sul tema: «L'utilità della linguistica storica». NELL'OCEANO DEL ROMANZO Moretti tra Otto e Novecento ATLANTE DEL ROMANZO EUROPEO 1800-1900 Franco Moretti Einaudi pp. 208 L. 36.000 Illustrazione per «Aminta», il dramma pastorale di Torquato Tasso L'ARTE DI ARARE IL TESTO DAL TASSO A UNGARETTI Carlo Ossola, vincitore del premio «Feltrinelli» TORINO ORSE non è un caso che viva e insegni sotto la Mole uno fra i maggiori cultori del modello di equilibrio che è il Cortegiano secondo il Castiglione. Perché la capitale subalpina, come ricordava Cesare Balbo, ministro di Carlo Alberto, sta «ai 45 gradi, giusto in mezzo tra il polo e l'equatore», un fattore geografico che rende «veramente moderati, a 45 gradi della scala morale come della fisica». Carlo Ossola, 51 anni, ordinario di Letteratura italiana all'Università di Torino, riceve domani il premio «Antonio Feltrinelli» per la critica letteraria. Il suggello di una milizia, di una lunga fedeltà, direbbe Gianfranco Contini, un andirivieni tra i secoli, dal Quattrocento ai nostri giorni. E ancor prima del Quattrocento: esce, sempre domani, nella Plèiade Einaudi, il volume che inaugura VAntologia della poesia italiana. Il Duecento e il Trecento, una curatela di¬ visa con Cesare Segre. Discende per li rami di Giovanni Getto, un maestro dell'Ateneo torinese, Carlo Ossola. «Delineò il suo metodo in un articolo del 1954, attingendo a Leo Spitzer (che cos'è lo stile) e a Lucien Febvre (che cos'è la storia). Tre i punti cardinali: parola, uomo, tempo». La sua lezione? «La storicità del testo, e così dei metodi a cui si ricorre per investigarlo: nessuno è intemporale». Con l'autore di Storia delle storie letterarie, Carlo Ossola si laureò discutendo una tesi sull'Autunno del Rinascimento. «Un'impresa non lieve, fin dal titolo, riecheggiante il caposaldo di Johan Huizinga, Autunno del Medioevo. La pubblicò l'editore Olschki, temevo il responso di color che sanno, mi sollevò dall'ansia Mario Praz recensendola favorevolmente sul Tempo)). Insomma: una seconda laurea. Quale gemma evidenzia l'Autunno? «L'umanesimo delle responsabilità, che in Torquato Tasso aveva conosciuto un difensore optimus. In sintonia con Montaigne, con un cardine degli Essais: chi risponde a una norma assumendola come propria compie il più alto esercizio di libertà, vincendo il divieto con un più ardito progetto. Non un concetto astratto di libertà. Bensì un itinerario storico di liberazione. Non l'asservimento alle catene, ma la posa delle catene ai nostri piedi». Maestri «diretti» (come Getto) e maestri «indiretti», non pochi - restiamo nell'alveo subalpino - insigniti del premio «Antonio Feltrinelli», come Ferdinando Neri, Augusto Guzzo, Arnaldo Momigliano, Franco Venturi, Carlo Dionisotti, Massimo Mila. Figure assillate dalla «perfezione», impegnate a saldare cultura e vita morale. Accanto a Getto, almeno due altre guide hanno orientato «direttamente» - Carlo Ossola: Jean Starobinski e Vittore Branca. «Starobinski l'ho frequentato a Ginevra, dove ho insegnato sei anni, dal 1976 al 1982. Un magistero, il suo, "a piene mani", il titolo di un lavoro che Einaudi ha licenziato nel '95. Lo distingue la capacità di agire senza frontiere di lingua e di tempo. Impeccabili le pagine che introducono L'interpretazione dei sogni di Freud, dove Virgilio diventa un contemporaneo. Esemplificano la vocazione nitida a calare i classici nella nostra stagione». Scuola classica di vita moderna, per dirla con Augusto Monti, un professore del liceo di Carlo Ossola, il D'Azeglio. Vittore Branca è il mentore del periodo padovano (19821988), tra Università e collaborazione con la Fondazione Cini: «La fedeltà al proprio mestiere, agli strumenti, agli oggetti del proprio lavoro - ha felicemente, inequivocabilmente dimostrato - è, sempre, una testimonianza di verità. Il campo che lo vede signoreggiare è la filologia, depurata di qualsivoglia leggenda sull'aridità. L'opera non è un cimelio canforato, è - rieccola - una miniera di verità che occorre far brillare». Il Rinascimento, ma non so- I81SMKB1 1 N LIBRERIA NINO MAJELLARO H diavoli ■HE e capitani Un avvincente "noir" iff ambientato nella Milano del '600. Un romanzo SSS^^BidSiS dal ritmo incalzante. III GIUNTI lo. Le ulteriori epoche di Carlo Ossola sono il Barocco e il Novecento. Che cosa le accomuna? «Una attesa: ogni domanda ci cambia, ci altera. Il tema che le contraddistingue è la dialogicità necessaria, non perché si abbia un interlocutore: a essere sollecitata, sfidata, provata è la capacità di risposta di ciascuno. L'uomo di fronte all'incomprensibilità interrogante del mondo, Lo straniero di Camus». Rinascimento e Barocco, i domini di Getto. «Ma gli debbo, insieme, l'approdo al Novecento. A ciascun allievo affidava uno scrittore del nostro secolo, inteso come scrittore europeo: a me toccò Giuseppe Ungaretti». Di Ungaretti, Carlo Ossola è il conoscitore princeps. Una passione che non umilia ia grandezza di Montale: «Coinvolgimento e distacco sono le rispettive cifre. Per Ungaretti (il coinvolgimento), se gli intellettuali non si impegnano tradiscono. Montale, viceversa, auspica il distacco critico, estraneo, va da sé, all'indifferenza: si pensi agli Ossi e alle Occasioni, soprattutto». Ungaretti e Montale, separati dal Nobel. A proposito: nel «catalogo» di Carlo Ossola quale posto occupa l'ultimo italiano convocato a Stoccolma, Dario Fo? «Vi sono due categorie di critici - la risposta riflette lo stile del Cortegiano, "l'arte di parlar piacevole per indurre riso con gentil modo" -. Per alcuni la letteratura è avvenimento (indi, Fo è l'erede legittimo dell'Italia che conquistò l'Europa con la commedia dell'arte). Per altri, latinamente, evoca l'immagine dell'aratura. E costoro non si stancano di incalzare i fautori dell'avvenimento: "Come passare l'inverno?"». Il testo che Ossola predilige lo ha descritto Roland Barthes: «E' una scanalatura che si incide nella pietra, è progetto di edificio, fatica artigianale, volontà di durare». Piemontese della scorza cara a Sapegno, «sempre fermo al no» (ossia «la radicalità della negazione quale antidoto contro ogni tentazione compromissoria, per meglio affermare»), fra gli scrittori indigeni o d'adozione chi innalza? «Di sicuro Primo Levi, per l'inesorabile adesione alle ragioni dell'uomo, e Italo Calvino, esemplare nell'onorare pascalianamente la ragione eroica che sa descrivere i propri limiti mai rinunciando a essere ragione». Un atlante in cento carte: vertiginosamente «attorno alla camera» Bruno Quaranta ATLANTE DEL ROMANZO EUROPEO 1800-1900 Franco Moretti Einaudi pp. 208 L. 36.000 Un atlante in cento carte: vertiginosamente «attorno alla camera» A Parigi di Balzac. La Londra di Dickens. Il Congo di Conrad in Cuore di tenebra (e le sue repliche, fino a ApocalypseNow). La letteratura, e in particolare la narrativa, con il vertice ottocentesco, dispiegano davanti agli occhi del lettore un immenso atlante, di cui gli scrittori stessi sono coscienti al punto ormai di impadronirsene e di introiettarlo, Ghosh, Del Giudice, il quale non a caso recensisce sull'Indice il rigoroso e scintillante studio di Franco Moretti, che si intitola appunto Atlante del romanzo europeo 1800-1900. La geografia letteraria o la geografia tout court stanno conoscendo una nuova stagione di interessi molteplici, fino alla specializzazione più esasperata. Cito due esempi a portata di mano: Geography and National Identity a cura di David Hooson (Oxford, Blackwell, 1994) e, nella stessa variegata serie, Geography and Empire, a cura di Anne Godlewska e Neil Smith (pure '94). Ma il caso di Moretti non si può lecitamente ingabbiare, e discende da una linea di arroccamento che unisce il rigore all'intuizione creativa, non senza un tocco autobiografico, stando a come l'autore racconta la sua scoperta introducendo il libro. Dunque: Moretti, che nuota, per così dire, nella letteratura comparata alla Columbia di New York, smentendo, se ce ne fosse davvero bisogno, il vieto luogo comune per cui non esportiamo più ricerca, giuoca con le carte geografiche, se mi passate il calembour un poco facilone, come se si trattasse di un mazzo di carte. Le combinazioni che ne derivano sono numerose e spesso inaspettate, sempre istruttive, e tali da provocarne, volendo, ima miriade di altre, e piacimento di un lettore che si immagina pieno di iniziativa. Mi sono riferito all'inizio a tre esempi canonici che zampillano dalle carte, o mappe, di Moretti, nella fattispecie, cento. La storia del romanzo europeo di un intero secolo si può così tracciare proprio nei termini dello spazio geografico, affidandolo alle mappe. Prendete la Londra di Il nostro comune amico di Dickens, ovvero le Londre. Ecco il genio dickensiano che mette insieme, percorrendola, East e West End, che non valgono soltanto quale spazio geografico, ma quale spazio umano, sociale, cui si aggiunge una terza Londra, un cuneo. All'interno si muovono i personaggi, che di quello spazio geografico sono gli emblemi, i portatori, si incontrano, si visitano, tra realtà e immaginazione persino surreale (ci metto qualcosa di mio: la trasformazione del commissariato di polizia in laboratorio, e infine in monastero, un salto allegorico che spiega l'amore di Kafka per Dickens). E il Tamigi, si intende, con i rottami galleggianti, il linguaggio dei barcaioli. Insomma, la geografia assume una curvatura che va ben oltre la pura e semplice classificazione. E' lo spazio narrativo, il midollo. Con Balzac, altro invito a nozze, nel segno della «triangolarità» della Comédie humaine, e la «natura indiretta dei rapporti sociali». Prendete, a pagina 118 del libro di Moretti, la cartina punteggiata che si riferisce a Splendori e miserie delle cortigiane, ove si mette a fuoco un momento cruciale, con il contrasto solo apparente tra aristocrazia e mondo del crimine, «Parigi come campo di battaglia». Una scoperta incessante. Twice-Born Fiction, la narrativa nata due volte. Perché? Elementare, dottor Watson. I libri, i grandi romanzi canonici, ci chiarisce brillantemente Moretti, viaggiano a loro volta. Come, quanto, e con quali risultati ha viaggiato in Europa Don Chisciotte o in genere ifacondante picaresco spagnolo? In che termini Delitto e castigo di Dostoevskij, grazie a Raskolnikovmescola Napoleone, Hegel e Carlyle, onde qui «la cultura moderna è opera di tre soli paesi, FranciaGermania e Inghilterra»? (Carlylepoi, viaggiò talmente che, quando ero ragazzo, risultava uno dei pòchi inglesi appropriati dalla propa ganda fascista). Mukerjee si rivela come la narrativa indiana specie di lingua in glese costituisca un terminale dsimili viaggi, l'incontro e lo scontro di modelli importati - o imposti - di modelli autoctoni, fenomeno pe cubare delle letterature cosiddettpost-coloniali. Prendete in manl'astuto prodotto di Arundhati RoyIl Dio delle piccole cose, il romanzindiano il cui successo sta oresplodendo anche in Italia, e verifi cate l'abilità della mistura tra misticismo indiano e apporti occidentali, da Conrad a Elvis Presley. Equesto uno degli aspetti dell'am Ma attenzione, Moretti parla di geografia, non di topografia. La geografia del romanzo comprende spazio e tempo. D'altronde la Londra di Dickens si differenzia da quella di Dr. Jekyll e Mr. Hyde, dove nell'ombra si aggira Jack lo squartatore, e, perché no? Dall'altra ancora in cui opera Sherlock Holmes. Nelle cento carte che compongono l'Atlante di Moretti si sviluppa l'analisi attenta in cui dalla sottile descrittività si perviene alla teorizzazione, e se un punto di partenza basilare porta il nome di Braudel, ci si imbatte nella morfologia della fiaba di Propp, in Bashtin, naturalmente in Benjamin, ma poi in Jameson, Edward Said e persino nella mia amica Meenakshi Mukerjee, autorevole studiosa indiana il cui libro, oltre a quello citato da Moretti, si intitola The Twice-Born Fiction, la narrativa nata due volte. Perché? Elementare, dottor Watson. I libri, i grandi romanzi canonici, ci chiarisce brillantemente Moretti, viaggiano a loro volta. Come, quanto, e con quali risultati ha viaggiato in Europa Don Chisciotte o in genere il facondante picaresco spagnolo? In che termini Delitto e castigo di Dostoevskij, grazie a Raskolnikov, mescola Napoleone, Hegel e Carlyle, onde qui «la cultura moderna è opera di tre soli paesi, Francia, Germania e Inghilterra»? (Carlyle, poi, viaggiò talmente che, quando ero ragazzo, risultava uno dei pòchi inglesi appropriati dalla propa ganda fascista). Mukerjee si rivela come la narrativa indiana specie di lingua in glese costituisca un terminale di simili viaggi, l'incontro e lo scontro di modelli importati - o imposti - < di modelli autoctoni, fenomeno pe cubare delle letterature cosiddette post-coloniali. Prendete in mano l'astuto prodotto di Arundhati Roy, Il Dio delle piccole cose, il romanzo indiano il cui successo sta ora esplodendo anche in Italia, e verifi cate l'abilità della mistura tra misticismo indiano e apporti occidentali, da Conrad a Elvis Presley. E' questo uno degli aspetti dell'am pliamento di «un sistema narrativo di estensione crescente» di cui parla nella conclusione Moretti, rile vando il capovolgimento di un fe nomeno esaminato e lumeggiato nei primi capitoli. Naturalmente, a questa estensione ha contribuito, da parte sua, il mercato. I viaggi spazio-temporali avven gono, beninteso, nelle due direzioni. Quando hanno viaggiato, nel l'Occidente ottocentesco, Le mille e una notte? Provare a verificare per crederci, si direbbe in pubbli cita. Moretti, con il suo atlante, ci costringe a un viaggio vertiginoso realizzabile, come nel titolo di un libro classico di De Maistre, «attor no alla camera». Ma gli itinerari, e punti d'arrivo, sono innumerevoli Signori, in carrozza. Claudio Gorlier