Le barricate dell'altra Europa di Cesare Martinetti

1 Le barricate dell'altra Europa Alla vigilia del difficile vertice Ue sull'occupazione, esplode il quartiere arabo di Bruxelles 1 Le barricate dell'altra Europa Anderlecht, la rivolta dei maghrebini I NAUFRAGHI DEL BENESSERE BRUXELLES DAL NOSTRO INVIATO Crisantemi rossi per Said, avcc regret, con rimpianto, come ha scritto Sonia sul big)iettino appoggiato sui fiori e ora sbavato dalla pioggia che cade leggera lustrando il pavé di Andcrlecht. Acqua che lava, ma che non può ripulire la l'accia e la coscienza della capitale d'Europa che contro la sagoma in fuga di un piccolo spacciatore marocchino disarmato ha sparato quindici rabbiosi proiettili come se potesse esorcizzare a colpi di pistola le sue paure e i suoi abissi. Crisantemi bianchi per l'Europa, che a poche centinaia di metri da qui inaugura il suo nuovo Parlamento costato 3 mila miliardi di lire, di specchi e di inganni visto che non si sa come venire a capo dell'appuntamento di venerdì prossimo, quando i potenti dell'Unione si incontreranno per il Vertice sull'Occupazione sapendo di non poter dare nemmeno un posto di lavoro ai Said sparsi per il continente. Qui, davanti al bistrot Windsor, all'angolo tra rue de Brogniez e rue de Fiennes, mazzi di crisantemi rossi e bianchi segnano il punto dov'è caduto Said e dove s'è accesa la rivolta di Anderlecht, uno dei quartieri poveri di Bruxelles, dove ora si vive sotto assedio. 1 cellulari blu della polizia stringono la notte in un coprifuoco non dichiarato. Due giorni di molotov e di sassi hanno lasciato il segno, nell'aria sospesa che ancora sa di bruciato, nei vetri che hanno sbriciolato sull'asfalto la haine, l'odio, di una generazione perduta. «Morte ai flics», gridavano i ragazzi di Anderlecht. uTolérance .zero», ha risposto loro il minisi.ro fiammingo dell'Interno Vande Lanotte. LeSoir, il quotidiano di Bruxelles, per quanto d'abitudine analgesico sui problemi della città, ci spiega che qui ad Anderlecht il 50 per cento della popolazione ha meno di 25 an- ni, il 30 non ha finito la scuola, il 50 non ha superato le secondarie inferiori. Nelle scuole di quartiere l'80 per cento dei ragazzi sono figli di immigrati africani. Quattro su dieci sono disoccupati. «Nel migliore dei casi - dice Mohsin, un educatore di strada - hanno un diploma di terza professionale che non gli darà mai un lavoro. Per loro non c'è alcun avvenire. E lo sanno. Per le strade incontrano ragazzi appena più grandi di loro, con le tasche piene di franchi e le Nike nuove ai piedi». E' la droga, in uji circuito di economia di vicolo, che porta i soldi. «Quando vedono i loro fratelli ricchi - dice ancora Mohsin anch'essi cominciano a rifiutare il sistema. Scelgono la via più facile: è stupido, ma non hanno alternative. Conosciamo questi percorsi, dovremmo avere i mezzi per farcene carico. Ma quando dico queste cose alle autorità, mi trattano da agitatore». Said Charki aveva 24 anni, era nato in Marocco. E' arrivato qui che ne aveva quattro; nel '93 l'hanno arrestato la prima volta: aveva in casa una 7,65 e un paio d'etti di eroina. Spacciava? Certo. In piazzetta Lemmers, uno sconquasso di pietre, polvere e rifiuti, case basse, botteghe chiuse, un bar che fin dal mattino è pieno di vecchi marocchini tristi con addosso i camicioni lunghi fino ai piedi. Qui si viene a com- prare roba da tutta la città. Si arriva da via della Rosa, ironia toponomastica, si finisce in via Rossini, dove abitava Said e dove ieri sua sorella Pana, vent'anni, spiegava ai giorna¬ listi, che era un toxicomane, non un dealer. Drogato sì, spacciatore no. E i 50 grammi di eroina che gli hanno trovato in fondo alla tasca sinistra dei pantaloni? «Tutto per lui, il consumo di un mese». Difficile da credere. Said viaggiava su una Bmw e la folle fuga dai flics lungo rue Clinique, rasente la stazione di metrò Clemsnceau affrescata da murales scritti in arabo, fino alla rue de Brogniez, puzza più di cocaina che non di eroina. Al quattordicesimo sparo l'hanno colpito. E' sceso dall'auto per fuggire a piedi. Il quindicesimo colpo l'ha preso in testa. Ha raccontato un testimone dal bistrot: «L'hanno abbattuto come un lapin», come un coniglio finito nella trappola delle auto bianco-blu deipoliciers. Erano le 8 di sera di sabato scorso. Said era disarmato. Mezz'ora dopo Anderlecht era un campo di battaglia. Ragazzi con la kefià sulla faccia, ragazze con il foulard nero sulla testa, persino un vecchio che salmodiava all'altoparlante i versetti del Corano. Le due radio arabe di Bruxelles (El Manar e Al Watan) che raccontavano in diretta. Eric Picard, psichiatra, medico di tossici, genitori e figli, della zona, ci spiega che in quel momento è scattata l'«identità»: più sono forti le difficoltà, più ci si richiude nelle proprie sicurezze. Gerarchie sociali e religiose, estraneità da Bruxelles, da questa «Europa». «In questo quartiere - ci dice Picard - le ragazze non tolgono il foulard nemmeno per far ginnastica o per giocare a palla nei giardini. Sono fiere dei loro genitori e della loro origine perché non hanno nient'altro. E vogliono farlo sapere». «Giustizia per Said», dicono i manifestini bianchi listati a lutto. C'è la faccia del ragazzo e assomigliano a quelli che ancora si vedono in giro per Julie e Melissa, le vittime del mostro pedofilo Dutroux, che la polizia - qui così determinata ha coperto per anni. «Said e Loubna», dicono altri manifestini unendo insieme due storie così diverse come quella del giovane dealer e quella della ragazzina sequestrata, violentata e ammazzata nel garage del belga Patrick Derochette, a un chilometro di qui, nel centro di Bruxelles, capitale di orrori. Anche allora ci fu la rivolta degli immigrati. Ai genitori della piccola Loubna che chiedevano aiuto, i bravi poliziotti belgi rispondevano sfottendo: «Siete sicuri di non averla venduta?». Quando dopo quattro anni di prese in giro hanno trovato il cadavere, i ragazzi hanno dato l'assalto al commissariato. Loubna e Said, uniti dall'essere marocchini. Qui ad Anderlecht fino a cinque anni fa si sentiva per strada il buon odore di cioccolato. Adesso non si sente nemmeno più quello perché ie multinazionali hanno comprato le fabbriche dove lavoravano i marocchini, le hanno chmse e spostate per quella regola della «flessibilità» del lavoro che tra qualche giorno i capi di Stato dell'Unione Europea diranno essere l'unica ricetta contro la disoccupazione. Qui ad Anderlecht, nel triangolo urbano putrefatto stretto tra i binari della gare du Midi e il canale di Charleroi, agonizza un angolo d'Europa. Cesare Martinetti La scintilla è stata l'uccisione di un giovane spacciatore Fuggiva disarmato la polizia gli ha sparato 15 colpi 1 Due immagini degli scontri ad Anderlecht lo scorso weekend quando è esplosa la rabbia maghrebina