Foibe nessun colpevole
Il gip: «Non si deve procedere contro i tre slavi sotto accusa» Il gip: «Non si deve procedere contro i tre slavi sotto accusa» Foibe, nessun colpevole «Le stragi avvennero in Jugoslavia» TRIESTE. La giustizia italiana si scrolla di dosso le migliaia di vittime delle foibe. E lo fa archiviando il procedimento avviato nei confronti di tre imputati croati accusati di genocidio, omicidio e altri reati commessi dopo l'8 settembre 1943, per «difetto di giurisdizione». Dopo quella data Istria e Quarnero i territori dove avvennero gli eccidi - non facevano più parte della giurisdizione italiana. E' questo il senso dell'ordinanza firmata dal giudice per le udienze preliminari, Alberto Macchia. «I fatti in questione - ha sottolineato Macchia sono avvenuti rispettivamente a Gimino e a Pisino dopo l'8 settembre 1943, a Fiume nel maggio 1945: località dunque che da lunghissimo tempo sono assoggettate alla sovranità di un altro Stato». L'ordinanza di Macchia è stata formulata all'indomani della decisione della corte d'Appello di rigettare una richiesta di ricusazione presentata da una delle parti civili. Sulle foibe (le cavità del Carso triestino nelle quali vennero gettati, ancora vivi, legati con fili di ferro, migliaia di italiani), cala così, ancora una volta, il silenzio. Il tutto in barba alla pressante richiesta dei familiari delle vittime di fare giustizia su un olocausto dimenticato. Eppure in quegli anni, in Istria e in Dalmazia, scomparvero, vennero deportati e massacrati migliaia di civili, uomini e donne in gran parte senza cariche politiche o, in alcuni casi, di fede antifascista: un dettaglio, quest'ultimo, ininfluente per le bande di Tito che giustiziarono indiscriminatamente cittadini la cui unica colpa era di essere italiani. Il procedimento appena archiviato cominciò proprio da un esposto presentato dai parenti di alcuni degli italiani massacrati tra il 1943 e il 1947. Le indagini del pubblico ministero Giuseppe Pittito portarono ben presto all'individuazione di tre persone: Ivan Motika, 90 anni, noto come il «boia di Pisino» e residente tra Rovigno e Zagabria, Ivan Piskulic, 77 anni e la sua compagna Avijanka Margitic, 75 anni, residenti a Fiume, accusati di essere responsabili, con differenti ruoli, delle stragi. Da ieri tutti e tre sono prosciolti. «Non sono sorpreso», ha detto il sindaco di Trieste, Riccardo Illy, «Ero rimasto un po' perplesso quando fu riaperto un caso come quello delle foibe», ha aggiunto Illy, ricordando la decisione del consiglio comunale triestino di costituirsi parte civile nel procedimento penale. Sorpresi e con l'amaro in bocca sono rimasti invece i familiari delle vittime. «Siamo sbalorditi ed ammutoliti - ha dichiarato l'avvocato Francesco Carioleo Grimaldi, uno dei legali - sia per il tenore della decisione, sia per le modalità ed i tempi. Reagiremo con tutti i mezzi che la legge ci mette a disposi¬ zione». Per il presidente della Lega nazionale di Trieste e del Coordinamento Istria, Fiume e Dalmazia, Paolo Sardos Albertini, la decisione del gip di Roma «lascia amarezza ed è contraria a ogni elementare criterio di conoscenza storica e giuridica della situazione». «All'epoca delle stragi - ha detto ancora Sardos Albertini - Gimino, Pisino e Fiume erano territori italiani, ceduti alla Jugoslavia soltanto in virtù dei successivi Trattati di Parigi del febbraio 1947 e di Osimo del 1975». All'amarezza dei familiari delle vittime si contrappone la soddisfazione «perla chiusura di un procedimento giudiziario abnorme» espressa sempre da Trieste dal «comitato italosloveno-croato per la verità storica», secondo il quale il processo si fondava su «grossolane falsificazioni della storia». Una storia però piena di morti, in cerca ancora degli assassini. Elena Marco Accanto: una foiba in Istria nel '43'44 scoperta dai vigili del fuoco e dagli speleologi. A destra: il sindaco di Trieste, Riccardo III/
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