Badalamenti ordinò: uccidete
Badalamenti ordinò: uccidete Badalamenti ordinò: uccidete // «padrino» responsabile della morte di un giovane PALERMO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Un ordine di custodia cautelare è stato emesso a Palermo contro Gaetano Badalamenti, l'ex presidente del tribunale della mafia, quale mandante del feroce omicidio del militante di democrazia proletaria Peppino Impastato il 9 marzo 1978. Lo stesso giorno di diciannove anni fa in cui a Roma le Br assassinavano Aldo Moro, a Cinisi (35 chilometri da Palermo) Impastato veniva rapito dai picciotti della mafia e tolto di mezzo con una subdola macchinazione. Infatti i killer lo legarono sui binari della linea ferrata Pa¬ lermo-Trapani e fecero esplodere una carica di esplosivo. Volevano far credere che fosse morto suicida oppure mentre tentava un attentato. Ma tracce di sangue furono rilevate dalla polizia scientifica in un vicino casolare e molti altri indizi persuasero il giudice istruttore Rocco Chinnici che era un delitto in piena regola come da anni e ancora recentemente hanno sostenuto numerosi pentiti tra i quali Tommaso Buscetta, Francesco Marino Mannoia, Franco Di Carlo e, ultimi, Salvatore Palazzolo e Angelo Siino. La magistratura di Palermo avvierà al più presto le pratiche per l'estradizione di Badalamenti che da 13 anni è nel carcere di Fairton nel New Jersey chiamato a scontare 45 anni di reclusione (ma è già ultrasettantenne) al termine del processo per la «Pizza connection» per mafia, droga, scommesse clandestine e sfruttamento della prostituzione. Interrogato in primavera dal procuratore di Palermo Gian Carlo Caselli, andato di persona a Fairton con il suo aggiunto Guido Lo Forte, l'anziano boss apprendendo di essere iscritto nel registro degli indagati per l'omicidio di Impastato, peraltro suo lontano parente, si era dichiarato innocente. Ed era anche ricorso ad una delle sue colorite quanto proverbiali perifrasi: «E' come se ci fosse un suggeritore e mi sembra di ascoltare una musica composta da tanti elementi, ma con sempre lo stesso maestro». Più esplicito, tempo prima ad altri magistrati che l'interrogavano sperando che si pentisse pure lui (cosa che finora non ha voluto fare) e che gli chiedevano se davvero fosse un mafioso, Badalamenti aveva risposto: «Se lo fossi non ve lo direi, per rispettare il giuramento fatto». La riapertura dell'inchiesta sul delitto Impastato, la cui archiviazione anni fa aveva lasciato l'amaro in bocca a tanti, ha ridato fiducia. Il trentatreenne militante dell'estrema sinistra, che dalla radio locale «Aut» derideva Badalamenti chiamandolo «Tano seduto» e che in tanti comizi aveva sbeffeggiato anche altri intoccabili di Cosa nostra, era figlio di un mafioso, Antonino Impastato, morto in un incidente stradale due mesi dopo esser tornato dagli Stati Uniti dove era andato a chiedere ad alcuni boss suoi parenti di intercedere per la vita di quel suo figlio «scapestrato» e «testa calda». Morto il padre - è la tesi dei pentiti sposata dalla procura di Palermo - Peppino fu alla mercè di «don Tano» che lo condannò a morte. L'ottuagenaria madre della vittima, Felicia, adesso esulta: «La verità finalmente è giunta. Abbiamo attese quasi venti anni per questa verità che noi avevamo indicato subito». Rifondazione comunista annuncia la costituzione di parte civile nel processo sia contro i mandanti e i killer ancora ignoti sia contro «i depistatoli». L'ha reso noto Francesco Forgione segretario regionale in Sicilia di Rifondazione: «Adesso finalmente possiamo conoscere tutta la verità, grazie alla procura di Palenno». (a. r.J SdstG Sotto: il boss Tano Badalamenti, detenuto negli Usa. A sinistra: la strage di Capaci, nella quale morì Giovanni Falcone
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