«Donato era già stato condannato a morte»

13 Potenza, finiscono in carcere anche la donna delle telefonate e un amico del commerciante «Donato era già stato condannato a morte» La banda non aveva preparato un covo per nasconderlo POTENZA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Gli attori della tragedia di Barile sono ormai tutti in carcere, tré a Melfi, imo a Potenza. Agli autori del delitto rei confessi, Domenico D'Andrea, 31 anni, commerciante indebitato, e Angelo Volonnino, 26 anni, operaio part-time, si sono aggiunte ieri altre due persone: Carmela Lamorte, 45 anni, nota come «la telefonista» per aver fatto da esca già nel primo tentativo di sequestro del povero Donato, una quindicina di giorni fa, e Raffaele Larotonda, 25 anni, con un ruolo defilato nel copione, al quale tuttavia gli inquirenti contestano un'amicizia troppo stretta con Domenico D'Andrea, quindi senz'altro a conoscenza del piano criminoso di quello che appare l'ideologo, anche se rozzo, dell'intero piano criminoso. In serata sono invece uscite di scena le comparse, che pure in un primo tempo sembravano giocare un ruolo di primo piano. II pubblico ministero edl tribunale di Potenza Nicola Balice ha rimesso in libertà Donato D'Andrea, pensionato, 72 anni, padre di Domenico, finito in carcere perché nella sua casa è stata trovata la pistola del delitto, ed Angelo Santarsiero, 30 anni, macellaio, proprietario del famoso Fiorino bianco intorno al quale subito si sono concentrate le indagini sulle orme del ragazzo scomparso la mattina di martedì. Il quadro è dunque completo, per ciascuno degli attori si ipotizzano ruolo e responsabilità ma l'inchiesta è tutt'altro che chiusa. Manca ancora il movente del delitto: l'inchiesta vera e propria parte solo ora, ha detto il colonnello dei carabinieri Cesare Cassone, comandante del gruppo di Potenza e coordinatore delle indagini a Barile. Il colonnello ha tenuto una conferenza stampa nella tarda mattinata di ieri, per riferire su tutto quello che l'Arma ha fatto nelle precedenti 48 ore, da quando è stata denunciata la scomparsa di Donato Cefola fino all'arresto della telefonista. Oltre questo non è andato, ci sono ancora troppe strade aperte per spiegare il movente, ha detto. E c'è ancora da appurare come veramente siano andate le cose martedì scorso, dal momento in cui Donato è salito sul Fiorino fino all'epilogo sotto il ponte della Lupara. Si è parlato subito di seque¬ stro anomalo ed ora, anche a tragedia consumata, ci si interroga sulle stesse anomalie. Era veramente un sequestro estorsivo, la banda di balordi puntava per davvero ad ottenere il riscatto dei 400 milioni richiesti al povero bancario di Barile? Seguendo questa tesi il piano della vigilia doveva più o meno essere questo: D'Andrea, amico della famiglia Cefola, avrebbe dovuto attirare Donato nel furgone, qui sarebbe entrato in scena Volonnino, che doveva sequestrare il ragazzo e «costringere» D'Andrea ad allontanarsi. L'amico di famiglia quindi diventava testimone del sequestro e perfino mediatore credibile nel riscatto. Le complicazioni sorte durante l'operazione avrebbero mandato il piano all'aria; la situazione sfuggita di mano sarebbe così precipitata nella tragedia. La tesi opposta parla invece di un omicidio premeditato: Donato doveva morire comunque, perché la banda non era attrezzata a gestire un sequestro, manca un covo, non c'è alle spalle la necessaria meticolosa organizzazione. E la controprova sarebbe nel colpo di pistola alla testa col quale è stato ucciso Donato: un solo proiettile sparato ad una tempia ed uscito dall'altra, una precisione che smentirebbe l'omicidio accidentale. A sostegno di questa tesi c'è anche il corpo tumefatto di Donato, i lividi, le mani legate, la bocca tappata che non possono far pensare ad una reazione del giovane in seguito alla quale sarebbe partito il colpo di pistola di uno dei sequestratori. E poi l'inchiesta dovrà anche stabilire dove Donato è stato ucciso e a quando risale la morte. I punti chiari e indiscutibili riguardano l'inizio del sequestro; Donato è salito a bordo del Fiorino spontaneamente, poco lontano dai cancelli della sua scuola di ragioneria a Venosa. E' stato visto dai compagni di classe, quindi è stato attirato con imo stratagemma. Tutto il resto dovrà essere ricostruito pezzo per pezzo dall'inchiesta. Ma sono questioni che interessano relativamente la gente di Barilo, un paese che ora si sente offeso e che la notte di mercoledì ha presidiato la caserma dei carabinieri sperando addirittura di poter mettere le mani su chi ha ucciso Donato, un ragazzo di soli 16 anni. Edmondo Soave

Luoghi citati: Barile, Donato, Melfi, Potenza, Venosa