Rabin, giallo senza fine Poteva essere salvato di Aldo Baquis

Rubili, giallo seni» fine Rubili, giallo seni» fine ms>m TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO La vita del premier laburista Yitzhak Rabin poteva essere salvata perchè il suo futuro attentatore, lo zelota Igal Amir, era spiato da vicino da un informatore dei servizi segreti, l'«agente Champagne» (Avishay Raviv). Lo conferma l'appendice segreta del «Rapporto Shamgan> sull'attentato a Rabin, pubblicata ieri in seguito a pressanti insistenze di ministri e deputati di destra. I tre estensori del documento confidenziale (datato: marzo 1996) rilevano che Raviv era «legato ad Amir più di qualsiasi altro attivista politico» e notano con «perplessità» che l'informatore - che era stato infiltrato fra i coloni per anticiparne le possibili attività sediziose - «non accennò nei suoi rapporti relativi ad Amir ai propositi di quest'ultimo di aggredire il primo ministro, progetti che (Amir) aveva più volte espresso ai suoi conoscenti». «Per quale motivo - si è chiesto il ministro della ricerca scientifica Michael Eitan (Likud) - lo "Shin 3et." ha continuato a proteggere "Champagne" anche dopo il delitto, chiudendo 15 procedimenti penali in corso nei suoi confronti per atti di violenza politica e passandogli poi assegni mensili?». Eitan - che assieme ad altri parlamentari chiede l'incriminazione di Raviv ed esige dettagliate giustificazioni da due ex capi dello «Shin Bet», Yaakov Perry e Carmi Ghilon - ha detto che «ancora oggi il sistema penale e i servizi segreti non vogliono rivelare quello che sanno (dei retroscena dell'attentato) non solo al pubblico, ma perfino ai ministri. Si è creato uno Stato nello Stato». Con un inconsueto comunicato alla stampa, il capo attuale dello «Shin Bet» Amy Ayalon ha replicato che i suoi uomini «non si perdonano il fallimento nella difesa a Yitzhak Rabin, hanno compiuto un esame di coscienza, hanno imparato a fondo la lezione, hanno rafforzato i sistemi di controllo e di sicurezza e hanno elaborato un codice etico di comportamento». Il documento confidenziale conferma che fu lo «Shin Bet» ad mcaricare nel 1987 al controverso militante di destra Raviv di infiltrarsi negli ambienti più esasperati del nazionalismo ebraico confezionandogli su misura (e finanziando) tre diversi gruppi estremisti, più virtuali che reali: «Eyal» (acronimo di Organizzazione Ebraica Nazionale), «Nafatz» (Gioventù Fascista Sionista) e «Spada di Gedeone». Con questa sigla Raviv rivendicò attentati anti-palestinesi e diffuse un delirante volantino in cui incitava ad attentare alla vita di Rabin. Il rapporto segreto conferma che Raviv disse ad Amir che Rabin era un «persecutore» degli ebrei e doveva essere ucciso. Negli stessi mesi Raviv tentò di indurre un altro estremista, Beny Aaharony, a «far scomparire Rabin, magari con un attentato suicida». A che prò queste e altre provocazioni - si chiedono deputati di destra e sinistra - se al momento della verità l'agente «Champagne» non diede l'allarme? E perché gode tuttora di coperture ad alto livello? La polemica - nell'aria da settimane - è esplosa nel momento più difficile per il premier Benyamin Netanyahu, impegnato in una delicata missione diplomatica in Gran Bretagna e negli Stati Uniti mentre in casa vari esponenti del Likud minacciano di abbatterlo e dicono alla stampa che «politicamente parlando, il premier ha i giorni contati». Più che questioni ideologiche, all'origine di tanto risentimento ci sono sorde lotte di potere nel suo partito e la sensazione che il Comitato centrale - pilotato a distanza da Netanyahu - stia gradualmente emarginando i ministri del Likud. Aldo Baquis Il rapporto segreto «Un infiltrato controllava Amir» reto rato mir» porto Rabin La copertina del rapporto sull'uccisione di Rabin

Luoghi citati: Gran Bretagna, Stati Uniti, Tel Aviv