Washington: americani state all'erta di Franco Pantarelli

Washington; americana state all'erta Washington; americana state all'erta Allarme attentati dal Medio Oriente alla Malaysia NEW YORK NOSTRO SERVIZIO Cresce l'allarme per gli americani all'estero. In primo luogo ovviamente in Pakistan, dopo l'eccidio a Karachi dei quattro impiegati della Union Texas e del loro autista pachistano, ma anche altrove. L'ambasciata Usa in Malaysia, in seguito alle minacce di un'organizzazione islamica di assassinare altri 4 americani a Kuala Lumpur, ha esortato i cittadini statunitensi presenti in quel Paese (sono almeno un migliaio) a «mantenere un alto livello di guardia», e un po' in tutto il Medio Oriente si teme che «qualcosa» possa accadere a qualcuno dei tanti americani che viaggiano in quei Paesi. Ma se in Malaysia il sentimendo anti «yankee» si confonde con la crisi monetaria (lo stesso governo di Kuala Lumpur ha detto di ritenerne gli americani responsabili, e ci sono state manifestazioni davanti all'ambasciata), e i pericoli nei Paesi arabi vengono considerati genericamente più alti per il nuovo confronto in corso con l'Iraq, il luogo più a rischio in questo momento è ovviamente il Pakistan. Un gruppo finora sconosciuto ha rivendicato l'eccidio dell'altro ieri, rendendo per così dire ufficiale ciò che tutti avevano detto fin dall'inizio, e cioè che si è trattato di una rappresaglia per il verdetto di colpevolezza pronunciato in Virginia contro Mir Aimal Kasi, il pachistano che nel 1993 si mise a sparare all'impazzata davanti ai cancelli del quartier generale della Cia per l'appunto in Virginia, uccidendo due persone e ferendone altre cinque. Su di lui, come si sa, pende la possibilità che venga condannato a morte, e il gruppo di Karachi dice che se ciò avverrà altri americani ne faranno le spese. «Se Aimal Kasi verrà mandato al martirio - dice la lettera che il gruppo chiamato "Società segreta Ai- mal" ha inviato al giornale "War", il più diffuso di Karachi non risparmieremo nessun ebreo americano nel suolo del Pakistan e distruggeremo l'ambasciata americana». Di qui l'invito ai pachistani a «tenersi alla larga» dalla sede diplomatica, la quale ha subito reagito invitando tutti i cittadini Usa presenti in Pakistan a «stare in casa», decretando una vacanza a tempo indeterminato per gli alunni della scuola americana di Karachi e invitando quelli in procinto di recarsi nel Paese a «rinviare il loro viaggio, se non è proprio mdispensabue». Questo non vale naturalmente per Madeleine Albright, il segretario di Stato, che almeno fino a ieri era intenzionatissima a recarsi comunque a Islamabad domenica, come da tempo era stato programmato. «L'aereo sta facendo il pieno, la gente sta facendo i bagagli, insomma stiamo per partire», ha detto un funzionario del Dipartimento di Stato che farà parte del seguito della signora Albright. E non vale a quanto pare per Bill Clinton, che dovrebbe visitare il Pakistan all'inizio del prossimo anno. Il suo viaggio per ora rimane confermato, nonostante nella lettera della «Società segreta Aimal» ci sia un esplicito riferimento all'arrivo del Presidente americano accompagnato da una promessa semplice e lapidaria: «Lo uccideremo». Ieri comunque ci sono stati altri cittadini americani che per ra¬ gioni d'ufficio si sono recati in Pakistan, e sono gli agenti dell'Fbi mandati a collaborare con la polizia locale nella caccia agli autori dell'eccidio dell'altro ieri. «Il loro scopo è quello di assicurare che i responsabili di questa tragedia vengano consegnati alla giustizia», ha detto Janet Reno, il segretario alla Giustizia, che a quanto pare è rimasta l'unica ad avere dubbi sul collegamento con il processo contro Mar Aimal Kasi. Gli agenti deU'Fbi, ha precisato infatti, hanno istruzioni di «seguire ogni pista e di cercare di appurare con esattezza cosa è accaduto e per quali motivi». Gli agenti medesimi, invece, hanno un'idea molto più precisa e uno di loro, interpellato dal «New York Times» prima della sua partenza per Karachi, l'ha esposta con chiarezza e anche con timore: «Li hanno ammazzati per attirarci lì e ammazzare anche noi». Franco Pantarelli A Karachi e a Kuala Lumpur minacce di uccidere altri «yankee» La manifestazione di ieri davanti all'ambasciata americana in Malaysia

Persone citate: Albright, Bill Clinton, Janet Reno, Madeleine Albright