La triste gara degli errori

La triste gara degli errori La triste gara degli errori Un abisso emotivo tra destra e sinistra LO SCRITTORE PACIFISTA STEL AVIV ONO trascorsi due anni dall'assassinio di Yitzhak Rabin. E' vero, non è un periodo troppo lungo per assimilare il significato storico di un avvenimento politico così grave ma sono del parere che tale lasso di tempo sarebbe dovuto bastare a determinare il posto che questo assassinio occupa nella coscienza e nell'assetto politico di tutti i partiti e nel contesto di un dibattito pubblico tra la destra e la sinistra. Ma apparentemente ciò non è avvenuto, anzi, è successo il contrario. Il senso di malessere generale provocato dall'uccisione di Rabin è andato via via aumentando e il dibattito ha assunto toni sempre più estremistici da entrambe le parti. La sinistra accusa la destra del tentativo di cancellare la memoria del delitto e di volerne celare il significato mentre la destra ribatte che la sinistra tenta di strumentalizzare la tragica morte di Rabin a fini politici. Ma se da un lato si parla del tentativo di cancellare la memoria di ciò che è successo e della mancanza di volontà di perdonare, dall'altro si assiste in queste ultime settimane ad un susseguirsi di cerimonie commemorative e di eventi legati all'assassinio che hanno raggiunto il loro apice nella manifestazione dello scorso sabato in piazza Rabin a Tel Aviv alla quale erano state chiamate a partecipare tutte le forze sostenitrici della pace nel ricordo dell'assassinio e nella protesta contro la politica dell'attuale governo. Infatti ultimamente siamo testimoni di un risveglio della sinistra, di una sua nuova e intensa attività politica e di rinnovati e sempre più duri attacchi contro il capo del governo. E di nuovo si sente parlare di guerra civile. Tutto questo appare molto strano. Il divario politico tra le due parti è andato via via diminuendo negli ultimi anni. L'attuale governo si sposta lentamente a sinistra per quanto riguarda la propria disponibilità ad un compromesso con i palestinesi: ha accettato i principi fondamentali degli accordi di Oslo, ha attuato il ritiro da Hebron e prosegue le trattative con l'Olp, considerata in passato alla stregua di una banda di criminali. Ma la distanza sul piano emotivo tra i due blocchi politici non solo non è diminuita, anzi, pare si stia persino ampliando, divenendo sempre più profonda. A mio avviso vi sono due diretti ed immediati motivi che hanno causato l'aumento della febbre politica in Israele negli ultimi due mesi. Il primo è da ricercarsi nell'instabile e polemica personalità dell'attuale capo di governo mentre il secondo è l'errato atteggiamento che la sinistra ha tenuto nei confronti dell'assassinio di Rabin. Per quanto riguarda gli istinti polemici, prevaricatori e narcisisti di Netanyahu, che si stanno rivelando in maniera sempre più palese e compromettente, si avrà modo di sentirne parlare anche in futuro e non credo di sbagliare se ritengo sia già cominciato il conto alla rovescia verso il momento della sua caduta. Ma lo scorato immobilismo che ha caratterizzato la sinistra dal giorno dell'assassinio di Rabin richiede un'ulteriore spiegazione e anche un approfondito e onesto esame di coscienza. L'uccisione del premier ha suscitato tra le file dei sostenitori della pace profonda costernazione, amara delusione ed estrema diffidenza. Stati d'animo che insieme hanno condotto ad una prostrazione paralizzatrice dalla quale occorre assolutamente uscire per trasformarla in impeto creativo. Il senso di disorientamento e di sorpresa di fronte all'assassinio è stato comunque, a mio avviso, esagerato. Ricordo bene che quando mio figlio mi telefonò all'estero per informarmi dell'accaduto udendo il mio grido di incredulità mi disse: «Ma papà, di cosa ti stupisci? Proprio tu che hai sempre sostenuto che un tale assassinio non sarebbe stato del tutto improbabile». E infatti, in base ad un'obiettiva analisi dei dati, ci saremmo senz'altro dovuti attendere una conclusione di questo genere e cercare di proteggere Yitzhak Rabin in maniera più efficace. Già in passato, nella civile e democratica Francia, alcuni ex militari avevano cercato di assassinare il generale de Gaulle, leader della destra e, a livello nazionale, figura ancora forse più importante di quella di Rabin, il quale voleva restituire agli algerini, legittimi abitanti, non zone dal profondo significato storico e religioso come quelle di Giudea e Samaria, distanti solo pochi chilometri dalle case degli israeliani, bensì territori al di là del mare. E se si considera che il tentativo di assassinare de Gaulle non era stato sobillato da efferati attentati terroristici perpetrati nel cuore della Francia, come quelli avvenuti in Israele dopo gli accordi di Oslo, pare solo naturale che vi potessero essere alcuni israeliani, fanatici ed estremisti, che cercassero di uccidere Rabin, leader della sinistra che era riuscito a far approvare gli accordi di pace dal Parlamento grazie solo ad una manciata di voti, comprendenti anche quelli dei rappresentanti arabi. In seguito all'esecrabile assassinio di Rabin non pochi a sinistra si illusero che parecchi sostenitori della destra, profondamente e sinceramente tur- bati dal tremendo atto, avrebbero concesso il proprio sostegno ai suoi eredi. Ma ciò non avvenne e questo si potrebbe spiegare con un semplice esempio: se, Dio ce ne guardi, l'attuale primo ministro di Israele, al quale io mi oppongo con tutte le mie forze, dovesse trovare la morte per mano di uno spregevole assassino uscito dalle file della sinistra, 10 esprimerei costernazione e cordoglio ma- mai prenderei in considerazione l'ipotesi di negare il mio sostegno a favore della pace per passare tra le file della destra. Occorre poi ricordare che pochi mesi dopo l'assassinio di Rabin, nel corso dell'applicazione degli accordi di Oslo e della restituzione di alcune città arabe all'Autorità Palestinese, avvennero quei terribili attentati terroristici che spinsero chi ancora era indeciso tra i due grandi schieramenti politici a propendere per la «pace sicura» che prometteva Netanyahu. Pertanto, cosi come il trauma per la morte di Rabin fu esagerato, credo anche che la delusione politica della sinistra in seguito al risultato delle elezioni del 1996 non fosse realistica. Respingo anche l'affermazione di molti esponenti della sinistra i quali sostengono che «l'assassinio di Yitzhak Rabin ha ucciso la pace». Se la pace con i palestinesi fosse dipesa dall'esistenza di un solo uomo sarebbe stata una pace ben precaria. Furono gli efferati attentati terroristici di Hamas a colpire veramente la sinistra. Tuttavia un compromesso con i palestinesi è tuttora indispensabile, sia dal punto di vista storico che db quello internazionale e non vi è altra via per il futuro se non quella della pace, con Rabin o senza di lui. L'Algeria avrebbe comunque ottenuto la propria indipendenza anche nel caso de Gaulle t'osse stato assassinato, anche se forse con qualche anno di ritardo. Allo stesso modo anche lo Stato palestinese sorgerà alla fine, anche senza Rabin. La profonda diffidenza che la sinistra israeliana manifesta nei confronti di larghe fasce della destra dopo l'assassinio deriva dal fatto che, a causa del ribaltamento di governo solo sette mesi dopo il tragico evento, non vi è stata alcuna possibilità di verificare se la destra ha interiorizzato veramente e in maniera democratica l'amara lezione dell'uccisione di Rabin. Se Shimon Peres avesse ottenuto quei quindicimila voti che gli mancavano per essere eletto primo ministro nel maggio del 1996 e il partito laborista avesse proseguito il processo di pace, allora si sarebbe potuto esaminare in maniera obiettiva, in base al comportamento dell'opposizione di destra, se coloro che si erano opposti in maniera così aspra agli accordi di Oslo avrebbero adottato quella capacità di controllo e quel comportamento democratico che tutti auspicavano dopo l'assassinio. Data l'impossibilità di tale verifica lo schieramento per la pace è rimasto, giustamente a mio parere, profondamente dubbioso nei confronti di ciò che avrebbe dovuto rappresentare 11 risultato chiaro, legittimo e univoco dell'assassinio: il rafforzamento della democrazia israeliana. Questo è il punto principale. 11 giusto risultato dell'assassinio di Rabin non deve esprimersi nell'afflizione e nella delusione paralizzatrici dei sostenitori della pace bensì, prima di tutto, nella visione reale dei motivi storici che hanno condotto all'assassinio al fine di risvegliare, tramite una reale comprensione dell'opposizione al processo di pace, lo spirito combattivo delle forze della sinistra e intensificare il costante e quotidiano sforzo per il convincimento di quella parte della popolazione che motivi storici, emozionali piuttosto che politici, hanno allontanato dai partiti della sinistra. Il capo del governo assassinato non deve essere considerato bene esclusivo della struttura politica della sinistra bensì un simbolo nazionale, una sorta di Lincoln della storia ebraica e l'insegnamento che tutto il popolo dovrebbe trarre dalla sua tragica morte è quello di un consolidamento delle fondamenta della democrazia israeliana. A. B. Yehoshua Il delitto in sé era prevedibile: in Francia tentarono di uccidere de Gaulle, che voleva restituire l'Algeria ai legittimi abitanti A sinistra Yitzhak Rabin Sopra, la stretta di mano tra il premier Netanyahu e la vedova del leader assassinato due anni fa