lo yankee che odiava l'America di Lorenzo Soria

Il suo nemico: la tecnologia. Spediva pacchi-bomba agli scienziati, ha ucciso tre persone e ne ha ferite 28 Il suo nemico: la tecnologia. Spediva pacchi-bomba agli scienziati, ha ucciso tre persone e ne ha ferite 28 lo yankee che odiava l'America Processo a Unabomber. rischia il patibolo LOS ANGELES NOSTRO SERVIZIO A un anno e mezzo da quando lo hanno scovato sporco, allucinato e magro come un chiodo in una minuscola e sperduta baita del Montana priva di acqua e corrente elettrica e dove viveva come un eremita, Theodore Kaczynski si è presentato in un'aula del tribunale federale di Sacramento. Camicia di lana marrone, giacca di tweed beige, i capelli corti e la barba ben curata, Kaczynski sembrava un professore universitario. Sembrava, con quegli occhi intelligenti e con quei modi gentili, quello che era stato in un'altra vita, quando lasciata Harvard dopo avere completato brillantemente i suoi studi di matematica venne a Berkeley a fare l'assistente universitario. Ma ieri si è presentato qui, nella capitale un po' sonnolenta della California, per rispondere all'accusa di essere il terrorista freddo e metodico che nel corso di vent'anni ha ucciso 3 persone, ne ha ferite 28 e ha terrorizzato l'America con i suoi pacchi-bomba. Era qui per rispondere all'accusa di essere in realtà l'infame e leggendario Unabomber. Si è iniziato con la selezione della giuria, che potrebbe prendere un mese. Dopodiché, si entrerà nel vivo. Se ci sono pochi dubbi che l'Unabomber è lui, il processo promette di dover rispondere ad altri e più complessi interrogativi. Chi è veramente Kaczynski? Un killer? Un rivoluzionario? Un antisociale che voleva portare a termine - sono parole sue «una vendetta sulla società» o un fine teorico in lotta contro gli effetti nefasti della tecnologia diventato agli occhi di molti un eroe popolare? Il processo all'Unabomber promette anche un dramma umano. Se l'Fbi, dopo aver annaspato nel buio per vent'anni, è riuscito finalmente a mettere le mani su Kaczynski è stato grazie a David, il fratello più piccolo. Nel settembre del 1995, sotto la minaccia di nuovi pacchi-bomba e nuove morti, il New York Times e il Washington Post hanno pubblicato un manifesto di 35 mila parole dell'Unabomber che era un'invettiva contro la tecnologia. «Hanno destabilizzato la società», si leggeva. «Hanno reso la vita insoddisfacente, hanno soggetto gli esseri umani a ogni indegnità, hanno inflitto seri danni al mondo naturale». Parole che a molti apparvero tutto sommato ragionevoli. E nelle quali David riconobbe lo stesso linguaggio e gli stessi concetti di alcune sporadiche lettere inviategli dal fratello. Voleva evitare altre morti, altro spargimento di sangue. E così, diviso e lacerato, David fornì all'Fbi l'indirizzo della sua baita sperduta. E adesso, mentre il governo cerca la sua condanna a morte, sarà David a fare appello alla giuria per salvare la vita del fratello. Che Kaczynski sia l'Unabomber è un fatto che non viene contestato neppure dai suoi difensori. Quando l'Fbi, dopo una delle cacce all'uomo più estese della sua storia, ha fatto irruzione nella baita, si è trovata davanti non solo un eremita che usava i suoi stessi escrementi per fertilizzare patate e pomodori. Ha trovato soprattutto una montagna di prove. C'era una bomba già confezionata e pronta a venire inviata a un'altra vittima inconsapevole. C'era una copia in carta carbone del manifesto e la macchina da scrivere con cui è stato scritto. E c'era un diario, nel quale Kaczynski aveva riportato con cura alcune delle sue gesta. Il processo si tiene a Sacramento perché è qui che l'Unabomber ha ucciso due delle sue vittime, il presidente di un'associazione di produttori di legname Gilbert Murray e Hugh Stratton, padrone di un negozio di computer. Con una calligrafia che gli stessi avvocati riconoscono come la sua, Kaczynski anno- ta con soddisfazione: «Esperimento 97, 11 dicembre 1985. Ho messo una bomba camuffata come un pezzo di legno dentro il negozio di computer della RenTech. Il padrone del negozio è stato ucciso, fatto a pezzettini». In un'altra pagina del diario, l'Unabomber si mostra invece deluso. Una sua bomba piazzata su un volo della American Airlines da Chicago a Washington ha prodotto 12 vittime di inalazioni nocive, ma lui cercava un altro effetto: «Il piano era di far saltare per aria l'aereo». Con tutte queste prove nelle mani dell'accusa, i difensori di Kaczynski potranno giocare una sola carta: quella dell'infermità mentale. Sosterranno che il suo stile di vita era così folle e che la sua campagna terroristica talmente irrazionale che l'imputato può venire descritto solo come uno schizofrenico, un paranoico. Un individuo che non poteva avere, come richiede la legge, l'intento di uccidere. Ma il compito della difesa sarà tutt'altro che facile. Lorenzo Soria Theodore Kaczynski al momento della cattura e il suo identikit diffuso per anni in tutti gli Usa