Usa si apre il fronte pakistano di Franco Pantarelli

Rappresaglia il giorno dopo la condanna di un terrorista che uccise due agenti della Cia in Virginia Rappresaglia il giorno dopo la condanna di un terrorista che uccise due agenti della Cia in Virginia Usa, si apre il fronte pakistano Quattro americani assassinati a Karachi NEW YORK NOSTRO SERVIZIO Vendetta è fatta. A 48 ore dal verdetto contro Mir Aimal Kasi, il pakistano che nel 1993 si mise a sparare all'impazzata davanti ai cancelli del quartier generale della Cia in Virginia, ammazzò due persone e ne ferì altre cinque, quattro americani sono stati assassinati in Pakistan, in una scena da film violento. I quattro erano ricercatori petroliferi e lavoravano per la Union Texas Petroleum, la compagnia americana che gestisce la quasi totalità del petrolio pakistano. Ieri stavano andando al lavoro e la loro automobile, guidata da un autista locale, stava come al solito facendosi faticosamente strada nel traffico caotico di Karachi. A un certo punto un'altra vettura, rossa, li ha affiancati. C'erano dentro due uomini «con barba e giacca di tipo militare», hanno detto i testimoni. Prima i due hanno sparato all'autista, freddandolo, e quando l'auto degli americani è andata a cozzare contro un edificio i due sono scesi dalla loro e l'hanno crivellata a colpi di kalashnikov. Poi si sono avvicinati, probabilmente per verificare che tutti gli occupanti fossero morti, e soddisfatti del lavoro compiuto si sono dileguati. I quattro americani si chiamavano Ephraim Egbu, Joel Enlow, Larry Jennings e Tracy Ritche, tutti sui 40 anni e tutti arrivati in Pakistan molto recentemente. L'autista si chiamava Anwar Mirza, aveva 51 anni a da dieci lavorava per la Union Texas. La prima reazione è stata quella della Borsa. Il titolo della Union Texas ha immediatamente perso quasi tre punti e gli operatori economici pakistani si sono subito detti timorosi che gli investimenti nel loro Paese possano diminuire. La seconda, un po' più umana, è stata del primo ministro di Islamabad Faruk Leghari, che ha inviato una lettera a Bill Clinton esprimendo la sua pena per la morte di «quattro innocen- ti cittadini americani» ad opera di «terroristi». La terza reazione è stata della Casa Bianca, il cui portavoce Mike McCurry ha manifestato la sua indignazione ma ha anche detto che «al momento» non ci sono elementi concreti per stabilire un collegamento fra l'eccidio di Karachi e il verdetto di colpevolezza emesso lunedì contro Mir Aimal Kasi. La quarta è stata dell'avvocato dello stesso Kasi, secondo il quale ora c'è il rischio che al suo cliente venga negato un processo «sereno»: c'è infatti ancora da decidere la condanna, si sapeva che i giurati stavano meditando di chiedere la pena di morte e che l'altro ieri, cioè prima dell'eccidio di Kara- chi, avevano espresso al giudice la preoccupazione per la loro incolumità, non sentendosi sufficientemente protetti dal milione e mezzo di dollari speso per attrezzare l'aula del tribunale di Fairfax, dove si svolgeva il processo, con misure di sicurezza mai viste. E i loro timori erano condivisi anche in alto. Il Dipartimento di Stato, immediatamente dopo il verdetto, aveva avvertito gli americani all'estero, e in particlare quelli nei Paesi mediorentali, di «stare più attenti del solito». Ora che quella preoccupazione si è rivelata fondata, tuttavia, lo stesso Dipartimento di Stato fa sapere che ciò che è accaduto a Karachi non avrà ripercussioni né sul viaggio, programmato da tempo, di Madeleine Albright in Pakistan (vi sarà da domenica a martedì prossimi) né su quello di Bill Clinton, previsto per l'inizio del prossimo anno. La caccia a Mir Aimal Kasi era durata quattro anni e mezzo. La Cia, punta sul vivo da quell'attentato compiuto praticamente in casa sua, aveva dato fondo a tutte le sue risorse per trovarlo. E quando, nel giugno scorso, Kasi era stato arrestato in Pakistan, era stato immediatamente portato negli Stati Uniti, saltando ogni pratica di estradizione. Al processo, Kasi ha spiegato che iniziamento il suo gesto lo voleva compiere all'ambasciata israeliana di Washington, ma poi ha dovuto ammettere che la sede della Cia era «più facile». Franco Pantarelli Alla vigilia della partenza di Madeleine Albright per Islamabad Due immagini dell'attentato di Karachi