Di Pietro: il Polo è cotto

Di Pietro: il Polo è cotto Di Pietro: il Polo è cotto «Rifondazione deve fare i conti con me» L'EXPM DA CACCIARI VENEZIA DAL NOSTRO INVIATO La prima domanda la fa lui - appena atterrato all'aeroporto Marco Polo, ore 10,05, occhiali scuri, borsone a tracolla, telefonino in braccio - «E allora di 'sta bomba che si sa?». Ancora nulla. Lei che ne pensa? «Non penso». Una opinione se la sarà fatta, no? «Le opinioni valgono zero. Senza sapere chi, come e perché l'ha messa, sarebbero solo parole in libertà. Andiamo?». Siamo qui apposta per andare, senatore Di Pietro. C'è una blindata della Questura in attesa. Più un paio di Alfa. Più quattro uomini di scorta. Più Gianfranco Bettin prosindaco di Venezia, braccio destro (e sinistro) di Massimo Cacciari. Più due esponenti della Rete. Antonio Di Pietro è allegro. Ha persino voglia di parlare, e lo farà, tra una telefonata e l'altra. Per dire: non fonderò un nuovo partito; piantatela di sospettare di me, uomo moderato; la mia missione è la stabilità; adesso, dopo il Mugello, rifondazione dovrà tenere conto anche di me; adesso, dopo il Mugello, tutti quanti dovranno tenere conto anche di me. Chiaro? Sgommata fino alla Caserma di Santa Chiara, da lì motoscafo per Venezia, Massimo Cacciari - sulla soglia del suo ufficio - in attesa per l'abbraccio: «Sono lietissimo, Antonio». «Io altrettanto, Massimo». Tripudio di fotografi. Cinquanta minuti per sbrigare chiacchiere riservate e poi una conferenza stampa: «Sono qui per testimoniare il mio appoggio all'amico Cacciari...». Di nuovo motoscafo, caserma, e questa volta autostrada per Milano. Senatore, l'hanno definita la madonna pellegrina dell'Ulivo. «Ma quale madonna? Faccio quello che ho promesso ai miei elettori». E' stato a Roma, poi a Napoli, ora a Venezia. «E continuerò. Ho promesso una cosa soltanto, anzi due. Bafforzare il centro e rafforzare l'Ulivo. E' quello che ho appena cominciato a fare». Con un partito o senza? «E dai con 'sta storia del partito! Un nuovo partito sarebbe solo un ulteriore elemento di confusione. Perciò nessun partito». Resterà nel gruppo misto?. «Precisamente». Dini ha l'aria di non fidarsi. «Dini si sbaglia, come al solito». E neppure Bertinotti si fida. «Si vede che tra me e loro, i capi, il vertice insomma, non c'è proprio comprensione... Mi dispiace perché con la base di rifondazione, con il suo elettorato ci sto benissimo, ci capiamo al volo». Nel Mugello non l'han votata. «Io non ho mai chiesto i loro voti. Avevano il Curzi di Telekabul». Il vertice di rifondazione - se lei rafforzerà il centro - ha ragione per considerarla un antagonista... Come vede non si tratta di incomprensione. Bertinotti capisce benissimo. «E, se capisce, che faccia la sua battaglia. Io farò la mia». Si sente vincolato dal prc? «L'ha detto lei: non sono stato eletto con i voti di rifondazione». Quindi? «Ognuno giocherà la sua partita. E' inutile girarci attorno, adesso che sono stato eletto i conti con me li dovranno fare». Chiarissimo. Si aspettava un simile incasso elettorale? «No. Tutto è andato al di là delle previsioni». Lo dice per vanità o cosa? «Lo dico perché è vero». Nonostante l'astensionismo? «Si prenda la serie storica delle suppletive e scoprirà che l'astensionismo è sempre stato altissimo, molto più di questa volta... Forse non vi è ancora chiaro quello che è successo nel Mugello. Lo spiego?». Prego. «E' successo che un uomo cattolico e moderato è andato in un collegio rosso e ha chiesto la fiducia e un voto. Mi hanno dato entrambe le cose e con abbondanza». Il che dimostra che tutta l'offensiva contro di lei è stata un buco nell'acqua. «Questa è solo la prima cosa e ci torneremo. La seconda è che l'Ulivo, come progetto e coalizione di forze funziona sempre di più e sempre meglio. Non mi hanno scelto per ideologia, ma per condividere un progetto futuro». E anche un passato, si immagina, quello di Mani pulite, no? «Mani pulite ha significato che tutti sono uguali davanti alla legge, anche i potenti. Ha significato ristabilire la legalità e pure l'uguaglianza». Torniamo al Mugello. Ferrara l'ha più sentito? «Veramente non l'ho mai sentito: né prima, né durante, né dopo». L'hanno criticata per non averlo mai voluto incontrare. «Eh, aspetta e spera... Vede, la sua strategia era perfetta: pronunciava ingiurie, gonfiava i giornali, gonfiava le tv, mi inseguiva per far succedere l'evento. Però gli mancava una cosa, sa quale? Il pubblico. Se io avessi abboccato gli avrei pure portato il pubblico. Ecché son fesso?». Però i politici si confrontano. «Non ho fatto altro per quaranta giorni. Nel Mugello ho girato paese per paese. Casa del popolo per Casa del popolo. Ho incontrato almeno 50 mila persone, più o meno una per famiglia. Mentre Ferrara aveva sette o otto persone a comizio». Che effetto le fa la ritrattazione del «Giornale» di Feltri? «Quello di una vittoria. L'avevo detto all'inizio: a ogni ingiuria risponderò con una querela. A ogni falsità un'altra querela. Alla fine Feltri ha dovuto darmi ragione e per lui è una sconfitta terribile». Come lo vede il Polo? «Cotto». E Berlusconi? «Credo che non sappiano ancora bene come liberarsi di lui». Lo faranno? «Dopo le amministrative, dove perderanno ovunque, ne vedremo delle belle». Sarebbe a dire? «Aspetti e vedrà». Gli ex de stanno lavorando per rifare la de, le risulta? «Se ci sono democristiani ammalati di nostalgia facciano pure, io che c'entro? A proposito: m'hanno riferito che Ciriaco De Mita mi ha definito un riciclo della Prima repubblica. Lui! A me! De Mita!». Quale centro che ha in mente? «Ho visto che qui a Venezia c'è una lista, tra quelle che appogiano Cac- ciari, che raggruppa i popolari, i dimani e la lista Maccanico. Questa è l'idea che mi interessa». Federare le varie anime del centro? «Per federarle c'è ancora tempo, mi sembrerebbe prematuro per via delle molte resistenze, Ma questa è la strada. L'ho detto: lavoro per rafforzare la seconda gamba dell'Ulivo visto che la sinistra è già forte abbastanza». Lavora con Prodi o in alternativa a Prodi? «Dentro l'Ulivo io non sono in alternativa con nessuno». Eppure sono in tanti a non fidarsi di lei. «Sono di più quelli che si fidano». Dica una cosa definitiva: con chi sta Di Pietro? «Definitiva? Di Pietro sta con Di Pietro». E con chi sta il Di Pietro che sta con Di Pietro? «Con l'Ulivo». Lei si è definto un garzone della politica, è un po' poco come autodefinizione. «Sono un moderato. Sono un cattolico. Sono tollerante, ma non accomodante. Sono realista. Penso che la politica debba fare i conti con i progetti e penso che i progetti debbano essere realizzabili. Non chiacclùere. Non promesse campate per aria o suggerite da una ideologia». Perché detesta i giornalisti? «Perché cercano sempre la battuta forte, la contrapposizione, il colpo di scena. Ma non è che li detesto». Bè... «Non li detesto...». I giornalisti sono i mediatori dell'informazione. Esercitano un controllo... «Mediatori? Di cosa? Io non voglio mediatori...» Prego? «Non voglio mediatori, lo parlo e la gente mi ascolta, che bisogno c'è di mediatori? Se parlo in pubblico la verità di quello che ho detto, o di quello che non ho detto, resta». La politica prevede... «La politica prevede che si facciano le cose». Non solo questo. «Soprattutto questo». A proposito di fare, lei è già stato candidato al Quirinale. «E io ho smentito». L'ha candidato Veltri, un suo fedelissbno. «E io ho smentito». Quindi farà il garzone? «Quindi farò il senatore. La mia parola d'ordine sarà: stabilità. Vede, prima mi rimproveravano perché parlavo... Mi dicevano: e che c'azzecca Di Pietro? Adesso invece c'azzecca». Tutti dovranno fare i conti con lei. «Sì, ma senza che questo sembri una minaccia». II suo telefonino continua a squillare, sono ancora i complimenti per l'elezione? Quanti ne ha ricevuti? «Moltissimi». Anche dal pool di Milano? «E chi lo sa?». Di sicuro Piercamillo Davigo l'avrà chiamata. «E perché non anche gli altri?». Non risponde? «No». Cosa pensa di questa bomba ritrovata l'altra sera a Roma? «Penso che qualcuno voglia destabilizzare il Paese, è una minaccia, ma per la verità non ne sappiamo ancora molto». Tranne che era piuttosto rudimentale. «Rudimentale? Tutte le bombe che non escono da una fabbrica sono rudimentali. Il problema è che era operativa e che avrebbe fatto del male a un sacco di gente». Ma pensa che la sua presenza e quella di D'Alema c'entrassero oppure no? «Non penso proprio niente. Senza riscontri o prove direi solo parole in libertà». Si prenderà una vacanza? «Adesso? Non credo proprio». Pino Corrias «De Mita m'ha definito un riciclato Da che pulpito!» «Il centrodestra non ha ancora trovato il modo di liberarsi del Cavaliere, ma dopo le comunali ne vedremo delle belle» «Non sono la madonna pellegrina dell'Ulivo: faccio quello che ho promesso agli elettori Dini non si fida? Sbaglia, come al solito» la e del Messaggero, Pietro Calabrese e si rifiuta di fare nomi. Dice soltanto che «non è una donna». Tornando alle vicende degli ultimi, giorni, il Cavaliere difende le iniziative dell'opposi- dei rapporti con Massimo D'Alema: «Non ha mai avuto intenzione di farmi mezzo favore». E sulle polemiche seguite alla transazione tra il Giornale diretto da Vittorio Feltri e gfatto che Ferrara abbia potuto sospettare che fossi al corrente dell'articolo pubblicato dal Giornale». Aggiunge il Cavaliere: «Per poco non sono svenuto quando ho visto il Giornale di sabato scorso. Quasi Qui sotto Lamberto Dini In basso il sindaco Massimo Cacciari