Cinque personaggi per un orrore di Flavia Amabile

quando la stupidita' uccide Cinque personaggi per un orrore Ecco la storia di un rapimento di paese UNA BANDA POTENZA DAL NOSTRO INVIATO Una storia anomala e beffarda. Di bravi ragazzi, insospettabili. Di compesani abituati a salutarsi ogni giorno per strada. Fino al momento in cui il ciao si è trasformato in un colpo di pistola. DONATO CEFOLA. Capelli mossi, castani, sempre spettinati, confusi sulla fronte come le sue idee sul futuro. In attesa di capire, aveva accettato di seguire la strada del padre, funzionario di banca. Aveva iniziato a frequentare l'istituto tecnico commerciale. Con distacco. Bocciato lo scorso anno, non se ne era rammaricato troppo. Aveva promesso al padre un po' di impegno in più e aveva cambiato istituto, da Melfi a Venosa. Per quel che lo riguardava, l'incidente poteva considerarsi concluso lì. La vita vera era fuori della scuola. Era quella del paese, Barile: un centinaio di case raccolte intorno a una piazza e a una chiesa. Mille abitanti circa, alcuni legati da una comune origine albanese, tutti da una consuetudine quotidiana in alcuni casi anche più forte del cemento delle etnie. La consuetudine di Donato e degli amici si chiama videogiochi. Nella sala al centro del paese ci si ritrova ogni sera a lottare con le manopole, a bombardare bersagli volanti o correre in un'auto di Formula 1. La consuetudine di Donato e degli amici avrebbe potuto avere anche un nome diverso. Era un sogno. Donato lo stava coltivando insieme con il gruppo dei più mtimi. Erano alla ricerca di una casa o di un garage. Volevano aprire un club, un posto dove ascoltare musica, non soltanto per ballare, ma soprattutto per chiacchierare e stare insieme. Forse gli amici insisteranno, lo apriranno. E lo intitoleranno a Donato. LA RAGAZZA. E' stata l'ultima della banda ad avere un volto e un nome. E' per buona parte della serata una voce, prestata chissà se por scherzo o anche con un po' di malizia. Entra in gioco tre settimane fa. Inizia a telefonare a Donato. Racconta di essere di Bionero in Vulture, un paese a metà strada fra Barile, dove abita Donato, e Venosa, dove va a scuola Donato. Poi chiede di incontrarlo. Donato nicchia. Le telefonate proseguono. Donato ne parla agli amici. Non con il tono sicuro, orgoglioso dello sciupafemmine, ma con le incertezze e i dubbi di un ragazzo di sedici anni dai divertimenti semplici: la sala videogiochi della piazza del paese e la pizza del sabato sera. Gli amici non sono diversi da lui, ma, a quanto sembra, lo incoraggiano. «Dai, Donato, accetta, che ti costa? Poi ci raccon¬ ti». Già Donato, che ti costa? Donato si convince. Alla telefonata successiva accetta l'invito. L'appuntamento è fuori del paese, lì dove una stradina di campagna termina nei pressi di una fontana. Donato si muove da Barile, ma qualcosa ancora non gli torna. Si fa accompagnare da alcuni amici. L'istinto gli dà ragione, Alla fontana non c'è traccia di ragazze. C'è, invece, un furgone bianco appostato poco lontano, ai bordi della strada. Al volante, un uomo. Donato e gli amici hanno appena il tempo di vederlo: al loro arrivo, l'uomo mette in moto e si allontana. Le telefonate si interrompono. La ragazza scompare. Riappare quindici giorni dopo scortata dai carabinieri. DOMENICO D'ANDREA. Per un momento nella sua vita ha creduto di aver sfondato. Dopo un inizio, a quanto pare non brillante nell'oreficeria a Filiano, suo paese d'origine, aveva scelto di cambiare settore e paese. Era passato all'abbigliamento e si era trasferito a Barile, a una trentina di chilometri di distanza. Gli era parso di aver trovato il successo: oltre alla vendita in zona si era lanciato nell'esportazione. L'illusione è durata poco. A 31 anni, una moglie e due figli, si è trovato una scia di fallimenti alle spalle e un futuro di conti da pagare. Accanto alla sua casa in via Nazionale a Barile abitava un funzionario di banca, padre di un figlio. Si è impossessato della pistola di suo padre, Dona¬ to, pensionato. Ed ha agito. Poteva rappresentare la riscossa. E' stata la fine. E' finito in manette, con una sfilza di accuse tale da allontanare per un bel po' il momento di qualsiasi ripresa. In manette è finito anche il padre, per detenzione abusiva di munizioni da guerra e omessa custodia della pistola. ANGELO VOLONNINO. E' il più taciturno e il meno immacolato del gruppo. Operaio in una delle aziende dell'area industriale di Melfi, 26 anni, un matrimonio appena contratto, una piccola macchia nel passato: un precedente per rissa e lesioni. A Barile è considerato uno tutto d'un pezzo, di quelli pronti a farsi valere in ogni occasione, un po' ombroso, ma non cattivo. ANGELO SANTARSIERO. Coinvolto, per caso. La sua prima colpa è stata quella di prestare il furgone - un Fiorino bianco - all'amico, Domenico D'Andrea. Ma lo avrebbe fatto inconsapevolmente. Per sua sfortuna, ha anche commesso una seconda colpa: avere in casa alcune armi non regolarmente denunciate. E' finito anche lui in carcere. Come gli altri. Flavia Amabile

Persone citate: Angelo Santarsiero, Domenico D'andrea

Luoghi citati: Barile, Donato, Filiano, Melfi, Potenza, Venosa