Il sequestro finisce con un colpo alla testa

Potenza, confessano gli assassini: sono un operaio e un commerciante in difficoltà, vicino di casa del giovane Potenza, confessano gli assassini: sono un operaio e un commerciante in difficoltà, vicino di casa del giovane Il sequestro finisce con un colpo alla testa Trovato in una scarpata il cadavere dello studente POTENZA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Il sequestro di Barile ha avuto un epilogo tragico: Donato Cefola, 16 anni, studente di ragioneria a Venosa, è stato trovato morto, 24 ore dopo la denuncia della sua scomparsa da parte della famiglia, che l'attendeva di ritorno da scuola. Il corpo a quattro chilometri da Barile, in una scarpata, sotto il ponte della «Lupara», sinistramente evocativo di quanto è successo. Il cadavere è stato recuperato dai vigili del fuoco di Melfi, in una zona impervia che fiancheggia la strada tra Barile e Ginestra. Un corpo martoriato: imbavagliato, i polsi legati, e con un colpo di pistola alla testa, un proiettile calibro 7,65. Gli autori del delitto hanno confessato: sono Domenico D'Andrea, 31 anni, l'uomo del Fiorino, da subito identificato cóme l'ultima persona ad aver incontrato Donato davanti ai cancelli della scuola dove ieri il ragazzo non è mai entrato. Un commerciante più volte fallito e vicino di casa della famiglia Cefola. L'altro è Angelo Volonnino, 26 anni, operaio dell'indotto Fiat di Melfi, i cui precedenti con la giustizia si limitano a qualche rissa. L'accusa per loro è di omicidio volontario e sequestro di persona per estorsione. Con tutta probabilità il ragazzo l'hanno ucciso appena sequestrato: la storia del biglietto sul parabrezza della Panda del padre, con la richiesta dei 400 milioni di riscatto, è stata una messa in scena. I due erano stati fermati già martedì sera, poche ore dopo la denuncia della scomparsa del ragazzo. E già da martedì nella caserma dei carabinieri di Barile erano sotto il torchio degli interrogatori. Il delitto, quindi, era già stato consumato, anche se la confessione è avvenuta solo dopo il ritrovamento del cadavere. I due hanno detto che la situazione è sfuggita di mano, che non intendevano uccidere, che il colpo di pistola è partito accidentalmente, e che allora hanno pensato di disfarsi del corpo gettandolo nella scarpata. Gli arrestati sono quattro. Degli altri due, uno è il padre di D'Andrea, Donato, un pensionato nella cui abitazione è stata trovata la pistola 7,65 usata per il delitto; l'altro è Angelo Santarsiero, proprietario del Fiorino bianco da subito entrato nelle indagini. Non una banda di professionisti dunque, ma un gruppo di balordi. In un primo tempo hanno detto agli inquirenti che volevano cedere l'ostaggio alla criminalità pugliese, ma l'ipotesi non è mai stata presa sul serio. La svolta nelle indagini si è avuta ieri intorno alle 16. Una telefonata anonima ai vigili del fuoco di Melfi segnalava il cadavere nella scarpata. Sul luogo le forze dell'ordine hanno solo potuto prendere atto della tragedia, recuperando il cadavere. La notizia del ritrovamento è giunta quando si era diffusa la sensazione che Donato potesse essere liberato. L'uomo del Fiorino parlava, le sue dichiarazioni sembravano avvicinare gli inquirenti al ragazzo. Anche le notizie che trapelavano davano la stessa impressione: si trattava di un vicino di casa, Domenico D'Andrea, un ex gioielliere. E invece, all'improvviso, la notizia del ritrovamento del cadavere. Sulla folla di amici e conoscenti che da ieri assedia la casenna dei carabinieri è calato il gelo: poi la folla è scoppiata in lacrime. E con il passare delle ore la folla dai pianti è passata alle invettive all'indirizzo dei due assassini. Ma com'è avvenuto il delitto? La ricostruzione dei carabinieri parte da martedì mattina, quando Donato, sceso dalla corriera, è stato avvicinato da D'Andrea e convinto a salire sul Fiorino. E, una volta sul furgone, il ragazzo si è imbattuto in Volonnino, probabilmente armato e mascherato. La reazione del ragazzo ha forse fatto perdere la testa ai sequestratori, uno dei quali ha sparato. Secondo i carabinieri, i due avevano da tempo in mente di realizzare il sequestro: un primo tentativo, 15 giorni fa, usando una ragazza come esca. Per giorni a casa di Cefola giungevano telefonate di una donna che diceva di voler conoscere Donato. Alla fine il ragazzo accettò: l'appuntamento era alla periferia del paese, ma Donato si presentò in compagnia di amici, mandando all'aria il piano. Il Fiorino in quell'occasione si allontanò. C'è qualche indizio sulla ragazza delle telefonate: ieri sera una ventenne è stata portata in caserma per un interrogatorio, il nome non è stato reso noto. Edmondo Soave «Lo sparo è partito accidentalmente» ma gli inquirenti non gli credono Altre due persone in manette Interrogata anche una ragazza Dalle telefonate della donna usata come esca per avvicinare Donato, alla richiesta di 400 milioni fatta subito dopo il delitto Folla davanti alla questura di Barile (Potenza) dopo la notizia dell'omicidio di Donato Cefola 16 anni (in basso)

Persone citate: Angelo Santarsiero, Cefola, D'andrea, Domenico D'andrea, Donato Cefola