Così il «Fattore D» conquista il potere di Massimo Gramellini

Così il «Feritore D» conquista il potere Così il «Feritore D» conquista il potere E l'ex pm grida: basta con la politica dei talk show LA STRANA COPPIA ROMA come Di Pietro. D Come D'Alema. D come Di Pietrema. Massimo Tonino, il nuovo mostro bifronte della politica italiana, muove i suoi primi passi al teatro Adriano di piazza Cavour su uno sfondo di bombe, bambole o bambolotti, secondo che si alluda alle casalinghe di Federica Gasparrini, organizzatrice dell'evento, o a Cicciobello Rutelli, il sindaco piacione di Roma. E' un mostro che mette allegria e un po' paura perché ha i baffi e non li ha, si soffia i pugni e li agita a mucchietto, ghigna e sbuffa, borbotta «disciamo» e «né a chiacchiere né a parole», fa il professore e il garzone, ma sempre sotto una coperta ovattata di applausi. «'A fenomeni!», li saluta all'ingresso un anonimo romano: ed è subito apoteosi, con una coppia Auditel - cappellino in testa, ombrello sotto l'ascella - che incrina ogni tentativo di ripristinare il silenzio con urla isolate di agnizione: «Massimooooo!». «Toninoooo!». Nell'Ulivo delle molte D - D'Alema, Dini, Di Pietro, De Mita e Democristiani un po' dappertutto - da domenica ce n'è almeno una di troppo. Come Antonio e Ottaviano alla morte di un'altra Prima Repubblica, Di Pietro e D'Alema si accingono a spartirsi il potere, rinviando una resa dei conti che entrambi sanno inevitabile. L'unico dubbio riguarda la Cleopatra che li dividerà, ma è inutile che le casalinghe della Gasparrini si facciano illusioni: probabilmente si tratterà di una poltrona. D come donne o, se preferite, come Diana. Lo spirito della martire dell'anno aleggia sulla platea femminile di mezza età che tiene a battesimo la nuova diarchia. Dietro le fronti truccate al limite del lifting si intravedono ore di Beautiful e di rotocalchi, una dura preparazione alla lacrima estatica e all'applauso commosso. C'è la mamma di D'Alema. C'è la suocera di Rutelli. C'è persino Elton John, interpretato sul palco da un pianista triste, un avanzo di crociera che sussurra canzoni malinconiche di Conte e De André. La nomenklatura di Di Pietrema si aggira rilassata fra i tailleur: il folletto Mussi vestito a festa, l'ex tribuno Giulietti in panciotto da borghese per non dare nell'occhio, Adriano Panatta che dardeggia occhiate da svenimento alle più attempate e il dipietrista Elio Veltri che già si muove come se fosse il segretario generale del Quirinale e rivaleggia con le damazze nel lanciare sguardi concupiscenti al Magistrato Eroico. D come Demagogia. Smorfie, scatti, mani che danzano nell'aria con leggerezza d'elefante. E' un piacere per gli occhi il comizio dell'Eroico. Un po' meno per le orecchie, messe a dura prova da un microfono a singhiozzo che Di Pietro fulmina con occhio truce, quasi fosse un pentito e lui lo stesse interrogando. Il Toninopensiero che incatena le menti delle ammiratrici si muove nel classico filone di successo: l'odio per le parole e i parolai, l'elogio dei fatti e degli uomini d'azione. La variante di giornata - che giriamo per conoscenza a Costanzo, Lerner e Santoro - è la prospettata abolizione dei talk show, che Di Pietro pronuncia come si scrive: talcsciow. Ebbene, si infervora il Magistrato Eroico, pian- tiamola con questi talcsciow che «servono solo a dividere, litigare e fare killeraggi. I cittadini sono stufi di odi e di dispetti. VogUono che i politici la smettano di giocare a fare la politica e che invece comincino a fare». Fare. Si vedrà cosa. Basta che sia:/are. La parola magica che accende le signore in un applauso senza fine. D come Disciamo. D'Alema non applaude. Si agita. Più che una bomba per la strada, sembra che gli abbiano messo un chiodo sulla sedia. Il suo compito consiste nel riportare la politica dai territori del sentimento a quelli della ragione. Ci prova inframmezzando il suo intercalare romanesco con un'altra D: la Democrazia. «In Italia disciamo c'è la democrazia, non il regime. La destra non è debole perché disciamo c'è il regime o perché è minacciata da qualche terribile giornalista del Tg3 disciamo». E' debole, e questo per sbrigarci ve lo disciamo noi, perché magari ha troppi aspiranti Di Pietro ma neanche un D'Alema. Uno che abbia «un progetto sull'Italia di domani». Uno che abbia saputo «organizzare una strategia politica lungimirante». E qui si ferma, prima che lo specchio lo inghiotta. D come Destini. Sono quelli, incrociati, dei due uomini forti: il sanguigno Antonio e l'astuto Ottaviano, ma non è detto che a perdere sia il primo anche stavolta. «Entro in politica dalla porta principale, ma dal gradino più basso», promette umile Di Pietro. Poi però spiega che vorrebbe unire «gli altri leader» del Centro in un patto federativo. E così svela che si considera già un leader anche lui. «Ma non fidatevi dei chili di inchiostro!». La sua definizione di giornali. «Scrivono, mentendo, che io sarei la serpe in seno di D'Alema!». Applaudono tutti. Tranne D'Alema. «Lo dicevano, disciamo, anche quando appoggiammo Dini. Sono state scritte delle splendide esercitazioni letterarie per spiegare che Di Pietro è diverso da me. Bella scoperta. Bastava chiedere, disciamo». Sorride, forse per farsi coraggio. Il bello, disciamo, deve ancora venire. Massimo Gramellini Commozione totale: in platea ci sono anche la mamma di D'Alema e la suocera di Rutelli «'A fenomeni!», li saluta sulla porta un fan e per i due ospiti ha inizio l'apoteosi

Luoghi citati: Cicciobello Rutelli, Italia, Roma