Il padre «Pagare? Non ho fatto in tempo» di C. G.

3 fia richiesta iniziale sarebbe stata di venti miliardi, forse ne sono stati versati due Il padre: «Pagare? Non ho fatto in tempo» NUORO. Felicità è stringere al petto il figlioletto Luca al quale era stata strappata nove mesi fa. «Mamma, ho cinque anni», le ha detto il bambino. «Lo so tesoro, il giorno del tuo compleanno è stato il più brutto», gli ha risposto lei. Felicità è saltellare come allo stadio, le braccia agitate sopra la testa, mentre una folla, ebbra di gioia, invoca il tuo nome come un coro di tifosi. Felicità è lanciarsi tra le braccia dei genitori, del padre Tito, che dice: «Non abbiamo fatto in tempo a pagare la cifra chiesta». E lavarsi, gettare i vestiti sudici e indossare una giubba a fiori, jeans e scarpe da ginnastica bianche. Incredibile Silvia Melis. Libera da poche ore, stupisce con la disponibilità al dialogo. Sorride, risponde a tutti, alterna ricordi e riflessioni. Parla con i giornalisti che la rincorrono in diretta con i telefonini, con la gente che incontra sul marciapiede davanti aUa questura di Nuoro, con le ragazze che le lanciano fiori, quasi fosse una star del cinema. «Sono scappata. Mi hanno lasciata sola, l'unico bandito rimasto con me se n'è andato e ho approfittato della situazione. Mi sono liberata della catena alla quale ero assicurata. E via a piedi, verso le luci che intravedevo e che mi indicavano la salvezza, la libertà». La giovane ha bloccato un'auto. «A bordo c'erano due passeggeri. "Siamo della polizia", mi hanno detto. Sarà vero?, mi sono domandata. Sono salita ma ero sospettosa. Quando è arrivata la "pantera" con gli agenti in divisa ho capito che l'incubo era finito. E' stato tremendo. Ma ora posso dirlo: mi è andata bene e provo una felicità immensa. E spero che vada bene anche a Giuseppe Soffiantini. So quanto sia atroce stare lontano dai familiari. Spero che anche lui possa tornare presto a casa. Sono al corrente del suo dramma: i carcerieri, ogni tanto, mi davano frammenti di quotidiani. Lavorerò perché lo liberino. Voglio parlare anche con i familiari di Vanna Licheri (la donna rapita e uccisa nel 1995, n.d.r.)». Una pausa, poi riprende il racconto: «Sono in forma: in questi mesi i banditi mi hanno consentito di fare molta ginnastica. Ero contenta perché pensavo che mi sarebbe potuto servire. Mi preparavo ad una fuga, se ne fosse presentata la possibilità. E così è stato». «Sono stata trattata abbastanza bene, ma ero pur sempre prigioniera. E' stata dura e non pensavo che la mia liberazione fosse così imminente. Credevo, anzi, che avrei dovuto attendere ancora a lungo prima di rientrare a casa, di riabbracciare Luca, i genitori, di ritrovarmi con gli amici. Sapevo che c'era una serie di problemi da superare prima. Ero al corrente della polemica innescata dalla legge sul blocco dei beni dei rapiti tra la gente. L'ho detto: ogni tanto i carcerieri mi davano pezzi stropicciati di giornale. Ho seguito anche le polemiche sul sequestro Soffiantini. E tutto ciò mi faceva pensare che la mia vicenda sarebbe andata per le lunghe. Per questo ho avuto tanta paura, anche se mi rendevo conto che prima o poi il dramma si sarebbe concluso. Ero certa che non potesse durare per sempre». Poi un ringraziamento corale ai sardi, e non solo a loro: «Ho sentito tanta solidarietà attorno a me, sapevo delle manifestazioni organizzate per chiedere il mio rilascio. Mi ha aiutata ad andare avanti, mi ha fatto coraggio. Assieme al pensiero di mio figlio che mi attendeva e alla fede sono stata premiata: al più presto farò celebrare una Messa». [c. g.]

Persone citate: Giuseppe Soffiantini, Silvia Melis, Soffiantini, Vanna Licheri

Luoghi citati: Nuoro