Il risultato insuperabile previsto tra il 2187 e il 2254 di Giorgio Barberis

// risultato insuperabile previsto tra il 2187 e il2254 // risultato insuperabile previsto tra il 2187 e il2254 L, ATLETICA è la disciplina sportiva che più di tutte propone e rinnova, attraverso le sue varie specialità di corsa, salto e lancio, la sfida dell'uomo ai propri limiti. Pur nell'attesa costante che accada, ad ogni nuovo record capita di stupirsi, specie quando i miglioramenti sono notevoli, com'è accaduto, per esempio, nella stagione appena conclusa che ha visto il primato dei diecimila metri migliorato dall'etiope Gebrselassie e dal kenyano Tergat, di 10 secondi (da 26'38"08 a 26'27"85), oppure lo scorso anno quando Michael Johnson ritoccò di ben 4 decimi il limite dei 200 metri piani che apparteneva a Mennea, correndo in 19"32 alla fantastica media di 37,267 km/h. Ad ogni record la domanda è: riuscirà mai qualcuno a fare meglio? La convinzione è che comunque questo avverrà. Semmai l'interrogativo riguarda il quando, visto che i limiti della macchina umana sono ancora da scoprire. Proprio questo è stato il tema di un seminario dal titolo «Human Performance in Athletics - Limits and Possibilities», promosso dalla Fondazione mondiale di atletica leggera, che ha riunito a Budapest studiosi, tecnici e atleti per cercare una risposta. La platea degli oratori si è presto divisa: da una parte i tecnici che, guardando a un futuro prossimo, non vedono limiti, dall'altra i fisiologi che invece, ponendosi in un'epoca per noi non verificabile, individuano il «record definitivo», quello cioè che segnerà la massima espressione possibile per l'uomo. Il britannico Frank W. Dick, presidente dell'Associazione Europea dei tecnici di atletica leggera e già allenatore di un bicampione olimpico e primatista mondiale come il decathleta Daley Thompson, ha proposta uno studio (tabella 1) che, prendendo a parametro le prestazioni del 1984 e confrontandole con quelle di dieci anni dopo e attuali ipotizza i limiti che possono essere raggiunti da uomini e donne nelle varie specialità nel 2004, l'anno che riporterà i Giochi olimpici nella sua prima sede, Atene. «Chiamiamo pure sogno - sostiene Dick - quello che è semplicemente l'applicazione di una citazione di John F. Kennedy, "Se non sai immaginare una cosa, non puoi farla". Gli allenatori devono guardare al presente, ben sapendo che un risultato valido oggi per imporsi, non basterà domani. Da questo punto di vista è chiaro che non si possono ipotizzare dei limiti. Enzo Ferrari disse: "La perfezione è il sogno; bisogna battersi perché diventi realtà". In effetti la perfezione del presente è qualcosa che ciascuno di noi dovrà ridefinire nel futuro, il sogno di oggi è la realtà di domani. I limiti non possono essere accettati nell'atletica». Parole che trovano piena rispondenza in quanto a sua volta sostiene John Smith, il tecnico che ha guidato in questi anni campioni come il trinidegno Ato Boldon o la francese Mary-Jo Perec: «Sul muro dello spoglio toio di Boldon racconta - ho scritto 9"76 (l'attuale record del mondo del canadese Bailey è 9"84, ndr). E' il tempo al quale deve puntare sui 100 metri. E chi verrà dopo di lui, dovrà impegnarsi per fare ancora meglio. La vita non si può fermare». Il tramite dei miglioramenti è una preparazione sempre più sofisticata. Dice Antonio Dal Monte, direttore dell'Istituto di Scienza dello Sport di Roma: «I grandi progressi nelle ultime decadi sono principalmente attribuibili a programmi di allenamento intensi e specifici e per questo diventa fondamentale costruire in laboratorio una serie di test mirati allo sport praticato. E al tempo stesso è importante che i test fisiologici, biomeccanici e psicologici ripropongano situazioni analoghe a quelle della gara». Ovviamente l'illecito, l'aiuto cioè di sostanze proibite, è bandito da questo discorso. Enrico Arcelli, docente di medicina sportiva all'Università di Siena, sottolinea, specie per le gare di corsa di medio-lunga distanza, l'importanza fondamentale dell'aspetto nutrizionale, sia per quanto riguarda le bevande (acqua) sia i cibi (soprattutto carboidrati); Jared Diamond, docente di fisiologia all'Ucla, racconta di un suo studio effettuato su quattro ciclisti partecipanti al Tour de France del 1984 dal quale risulta che bru- l'i ciarono nei 22 giorni di corsa (complessivamente 3826 km percorsi) ben 7000 calorie al giorno; Carmelo Bosco, docente all'Università di Jyvaskyla in Finlandia, propone un metodo innovativo di preparazione basato sul controllo della forza e della velocità espresse, in grado di rispecchiare in allenamento, personalizzandole, le esigenze della specialità praticata. E ancora, accanto ai progressi legati a un sempre più perfetto sfruttamento della macchinauomo, si aggiungono - quasi ad allontanare ulteriormente i «limiti» - gli studi che vengono effettuati sulle calzature degli atleti e quelli per rendere sempre più compatibili le piste alle necessità di chi le utilizza. Il fondo in tennisolite, abbandonato con l'Olimpiade messicana del 1968, sembra appartenere alla preistoria; lo stesso tartan che ha sostituito la terra rossa rimane soprattutto come concetto di mescole sempre più elaborate. E al proposito non bisognerà attendere molto per vedere stadi a nove corsie: la prima, in tinta differente, per i runners, ossia i corridori di mezzofondo e fondo, le altre per gli sprinters, ossia i velocisti. Il segreto sarà nella differente elasticità del fondo, in grado di offrire la massima resa in rapporto al tipo di spinta prodotto dagli arti inferiori. A frenare gli entusiasmi provvede Pietro Enrico Di Prampero, decano di Scienze Biomediche nella Scuola di Medicina dell'Università di Udine, autore di molti libri sulla fisiologia e, in particolare, sul costo energetico delia locomozione. Il principio fisiologico è basato sull'idea che l'energia spesa per correre è la somma dell'energia necessaria a trasportare il corpo per l'unità di distanza. Più aumenta la lunghezza e minore è di conseguenza la velocità. Citando gli studi (tabella 2) del neozelandese R. H. Morton, Di Prampero traccia la curva asintotica dell'asse cartesiano che considera i primati e gli anni in cui sono stati conseguiti, giungendo alla conclusione che esistono dei «record definitivi», oltre i quali l'uomo non riuscita ad andare. Ovviamente impossibile stabilire quando questi limiti verranno raggiunti e quali per primi. Però nella fase di accostamento al top, l'uomo si avvicinerà ad essi tra il 2187 e il 2254, con uno scarto dell'uno per cento. Ossia il velocista dei 100 metri piani il cui traguardo massimo potrà essere quello di correre in 9" 15, nel periodo citato dovrebbe arrivare a ottenere 9"24. Giorgio Barberis

Luoghi citati: Atene, Budapest, Finlandia, Roma