Bella intervista della Sampò a Silvia la figlia di Tortora che non dimentica di Alessandra Comazzi

Bella intervista della Sampò a Silvia la figlia di Tortora che non dimentica TIVÙ' & TIVÙ' Bella intervista della Sampò a Silvia la figlia di Tortora che non dimentica MENTRE su Raiuno c'erano la partita e l'inverno russo che raccoglievano la solita cifra iperbolica di spettatori da pallone (quasi 17 milioni di persone), Raidue, nella sua filosofia sempre più applicata del palinsesto mobile, mandava in onda la replica della prima puntata di «Un prete tra noi». La seconda puntata dello sceneggiato, in onda subito dopo la replica, ha ottenuto mercoledì un successo ancora maggiore del debutto. Sette milioni di seguaci per questo prete che, al solito per i personaggi pubblici della fiction televisiva, è come vorremmo che fosse: aperto ma integerrimo, moderno ma rispettoso delle regole, sensibile all'affetto femminile ma fedele alla sua vocazione ed all'ordine sacerdotale. Il medico, il carabiniere e il prete, ecco la trimurti della vita sociale italiana, rappresentata attraverso la favola realistica della tv. Favola non era, ma un'intervista bella, persino emozionante in un momento in cui è difficile emozionarsi davanti al video: quella che Enza Sampò ha fatto su Raiuno a Silvia Torto¬ ra, la figlia di Enzo, per il ciclo «Donne al bivio». Secondo una formula che è abusata, ma sulla quale spesso si ritorna perché alla fine i temi trattati possono coinvolgere molti (con la differenza che le storie, rispetto a quelle del prete, sono meno favolistiche), prima va in onda un film, poi se ne parla, dell'argomento del film o di uno simile. Ma a «Donne al bivio» non si organizza un dibattito più o meno riuscito, secondo le persone che si invitano, bensì si intervista qualcuno. Un'intervista ad una donna, per l'appunto, che decide di spiegare i suoi sentimenti, non necessariamente per esibizionismo. Nella trasmissione era già riuscita bene Danila Bonito (che adesso conduce «Cronaca in diretta» su Raidue), e adesso sta riuscendo benissimo Enza Sampò. Diavolo di una donna, che ha cominciato a lavorare a 17 anni, che già Alighiero Noschese aveva consacrato con le sue imitazioni, che discretamente, al suo ritorno in video, conduceva programmi del mattino, inseriti «Fra le righe» dei palinsesti. E adesso ò qui con gli incontri di mezza sera, dai quali spira quell'aria seria di televisione di una volta, fatta bene, preparata, rispettosa. Perché nel rispetto crede, e non soltanto perché convinta che in questa fase sia più di moda, più premiante, il rispetto che non l'aggressività. La Sampò, che pure si trova ai confini con l'ipocrisia, o la retorica, delicatamente supera il confine con domande che prendono spunto da un caso particolare per diventare universali. L'altra sera, dunque, è andato in onda un telefilm americano tratto da una storia vera, «Non condannate mio figlio»: era il caso di un ragazzino condannato ingiustamente per stupro e poi assolto in appello grazie alla lotta e alla determinazione della madre. L'intervista a Silvia Tortora ha ripercorso non soltanto uno dei più clamorosi errori giudiziari italiani, ma anche il calvario di una famiglia, il percorso di una figlia. Una figlia che si ritiene privilegiata per poter essere lì a raccontare, e non smetterà mai di ricordare gli errori devastanti che non si riparano più. Un bel momento di televisione. Alessandra Comazzi zz^J

Persone citate: Alighiero Noschese, Danila Bonito, Enza Sampò, Sampò, Silvia Torto, Silvia Tortora