Tg3, troppi secondi su un piede nudo. Di Pietro, leggerezze ma non reati

Tg3, troppi secondi su un piede nudo. Di Pietro, leggerezze ma non reati LETTI LETTERE AL GIORNALE Tg3, troppi secondi su un piede nudo. Di Pietro, leggerezze ma non reati Non si indugia su una poveretta 18 ottobre, ore 14,30: sono ancora a tavola, come spesso succede a Roma. Il Tg3 indugia per molti, molti, troppi secondi sul piede nudo di una poveretta trovata strangolata: ò questo il tanto decantato «dovere d'informazione»? Vorrei domandare all'autore del «pezzo» e a clù lo ha mandato in onda: se la poveretta fosse stata vostra sorella, o moglie, o figlia, avreste fatto altrettanto? Bernardo Sclerandi, Roma Il grande merito dell'ex pm Su La Stampa del 18 ottobre, Paolo Guzzanti, che leggo e che stimo molto, ha scritto: «Fuori dal coro» perché Antonio Di Pietro scenda nell'arena. Io la penso come Guzzanti: Di Pietro deve battersi, visto che lino a questo momento lo si accusa, semplicemente, delle solite leggerezze che non raffigurano nessun reato. E' vero, ha accettato dei favori da persone che credeva amici e onesti, ma quando si accorse che erano intrallazzatori senza scrupoli li ha indagati e rinviati a giudizio. Ha applicato la legge, non li ha lavoriti. Questo è un gran merito per Antonio Di Pietro; specialmente se consideriamo quanti individui corrotti ci circondano. Perché aver paura di affrontare Giuliano Ferrara nell'arena? Sarebbe una buona occasione per chiedergli notizie degli amici socialisti; quelli latitanti e fuori legge sempre ricercati fin quando non sconteranno la condanna e qualcuno le condanne che l'autorità giudiziaria gli ha inflitto perché corrotti. E moltissimi altri amici che, per disonore del popolo onesto, siedono in Parlamento a battersi per prepararsi l'amnistia nel caso saraimo condannati nei processi in corso o a quelli in seguito. All'altro avversario, Curzi, potrebbe spronarlo a battersi perché in Parlamento si astengano di sedere deputati o senatori a rischio di essere condannati per mafiosità o per corruzione. Perché il grande Ferrara, invece di attaccare Di Pietro per gli amici che si era scelto ma che si è scrollato appena li ha conosciuti, non lo imiti a sua volta allontanandosi da tantissimi amici e militanti dello stesso movimento politico e persino ex colleghi ministri delle quali si è seduto accanto. Giovanni Russo, Pontedassio (Im) Formaggi stagionati occorre una legge Nella Unione europea, per i formaggi freschi di qualsiasi tipo e per la panna e il burro, è obbigatoria la pastorizzazione e proibita la immissione di qualsiasi conservante. Con la pastorizzazione i microbi muoiono, ma rimangono nel prodotto. Con il nostro sistema vengono tolti completamente. Il sig. Piero Sardo dell'Associazione Arcigola, è certamente un buongustaio ma non ha nessuna esperienza in questo campo. Rilevo che vi è chi ritiene una specialtà il «caglio vegetale» usato dagli spagnoli. Errore, è un tipo di caglio che costa la metà di quello di vitello, e proibito nella produzione di Grana dalla legge 1269/55. Le industrie che producono alimentari con un quantitativo minore di grasso, lo scrivono sulle etichette. Ma, come giustamente ha fatto notare l'onorevole Emma Bonino, durante la manifestazione «Cheese '97» di Bra, per non trarre in inganno il consumatore, occorre ima legge in base alla quale la percentuale di grasso sia espressa sul secco e non sul tal quale che fa credere al compratore di acquistare un prodotto più magro e invece compera un prodotto con più acqua e di minor valore. Segnalo all'Associazione Arcigola che «l'arca del gusto», nel formaggio, non è procurata dallo sporco, dalle mosche e soprattutto dai cento o duecento milioni di cadaveri di microbi presenti in ogni 100 grammi di formaggio stagionato, fabbricato all'antica, con impianti e tecnologie sorpassate" e non rinnovate per taccagneria. Il signor ministro se vuole sapere come stanno veramente le cose, non lo chieda a gente importante, che non conosce queste lavorazioni, e trancia giudizi a vanvera, ma a gente del mestiere che ha dimostrato di essere capace. Ferruccio Biraghi Cavallermaggiore Stiamo perdendo la guerra con la droga A Cagliari, vicino ove mio malgrado ho il domicilio, esiste un circolo ricreativo comunale ove vendono qualsiasi tipo di droga, poi una famiglia vicina vende qualsiasi tipo di droga anche ai minorenni; alcuni dei componenti della famiglia vanno nei giorni feriali in motoretta e si recano a vendere la droga anche fuori a due istituti scolastici ubicati in zona. Interveniamo subito comminando pene severe a costoro, altrimenti l'Italia farà la fine di certi popoli del pianeta che oggigiorno hanno ben poco in loro da potersi dire grado di civiltà; non è vero che la dro¬ ga saputa dosare non danneggi il corpo umano; durante la 2a guerra mondiale ho avuto modo di constatare di persona gli effetti disastrosi che avvenivano nel corpo umano dei miei commilitoni; credetemi, ho visto delle scene terrificanti di questi, appena arrivò l'ordine che la guerra era finita assieme alla distribuzione della dose di stupefacenti. Mario Onida, Cagliari Le scelte coraggiose della goliardia La tesi di Ceccarelli nel suo pezzo di giovedì dal convegno Luiss «La formazione della classe politica in Europa (1945-56)» è che la fine ingloriosa della prima repubblica e la disfatta giudiziaria - prima ancora che politica - dalla sua classe dirigente siano dovute al «brodo di coltura» goliardico di molti suoi esponenti, cioè a quei parlamentini definiti «universo cinico e spensierato» in cui alla coerenza personale si preferivano tatticismi, negoziati da corridoio e colossali brogli. L'articolista insiste su una certa sbracatezza formale (le riunioni dell'Ugi in un bordello, un bidè che vola per le scale) ripresa anche dalla foto: non ci son goliardi che votano o parlano da tribune, ma allegri giovani in «feluca» travestiti in foncé buffe. Questa, nell'immaginario collettivo (ben alimentato dai partiti e soprattutto dalle sinistre) è l'idea che si ha della goliardia, di cui si lascia intendere che abbia prima inquinato e poi balordamente perso il controllo dei parlamentini a favore dei politicanti. In realtà la goliardia ebbe ben poco a che fare, fin dal '46, con i parlamentini e con gli universitari raggruppati sotto le varie sigle. Fin dal '46 la Goliardia (quella degli Ordini, con G maiuscola) fece congressi per conto suo, e nel primo, a Venezia, si impegnò a restare «apolitica e aconfessionale», un po' per non farsi coinvolgere nelle risse e nei brogli dei galoppini di partito, e un po' per scrollarsi di dosso ogni traccia di polvere fascista. Nulla di goliardico ebbero in¬ vece i vari Craxi del dopoguerra, anche se avranno partecipato a qualche festa con la feluca in testa. La goliardia, salvo qualche caso sporadico di maggior resistenza, si chiamò fuori dai parlamentini, e infatti il turbine del '68 non spazzò via feluche, ma solo veline di partito. Questa scelta coraggiosa le costò molto in termini di visibilità, ma le permise di attraversare le tempeste politiche senza perdere vitalità e identità. Finiti gli anni di piombo tutti i gruppuscoli extraparlamentari rossi e neri si sciolsero come neve al sole. La goliardia no, ed oggi torna a riempire piazze ed aule col colore dei suoi mantelli, sia pure nei mutati panni che la nuova università di massa le impone: non più fenomeno generale, di base ampia ma distratta, bensì movimento di élite, di base ristretta ma motivata e consapevole che il mondo non va mai preso troppo sul serio. Manlio Collino, Torino Segretario del senato goliardico Le notizie sui container In relazione all'articolo apparso mercoledì 29 su La Stampa «I container? Sono un miraggio» a firma di Flavia Amabile, preciso quanto segue: «Non ho mai rilasciato interviste alla firmataria Amabile, non ho mai affermato quanto attribuitomi, non rilascio interviste a chicchessia e poiché nella tenda assegnatami opera un team di persone che collaborano con il sottoscritto queste possono in qualunque momento confermare quanto appena dichiarato». Non è il tempo di rilasciare notizie infondate, «allarmistiche e distruttive». Ten. col. Gaetano D'Anna Prefettura di Perugia Centro Operativo Misto Mi spiace se le parole del tenente colonnello D'Anna hanno potuto creare imbarazzo, ma confermo di essermi presentata a lui nelle mie vesti di giornalista e di avergli parlato nella sua tenda. [f. ama.l