Ebrei, il ripensamento della Chiesa
Ebrei, il ripensamento della Chiesa Vi partecipano sessanta teologi e cardinali: così è cominciato il disgelo Ebrei, il ripensamento della Chiesa Aperto un convegno sulle radici dell'ostilità CITTA' DEL VATICANO. La Chiesa ripensa i suoi rapporti con il mondo ebraico e lo fa attraverso un simposio che si è aperto ieri in Vaticano e riunisce 60 tra teologi e cardinali di Curia. L'iniziativa, voluta da Giovanni Paolo II nell'ambito della preparazione del Giubileo, si intitola significativamente «Radici dell'antigiudaismo in ambiente cristiano» e intende capire come e perché si sia sviluppato nel cristianesimo un odio prima, e poi un'ostilità tale che non è bastato il Concilio ma c'è voluta la visita del Papa alla sinagoga di Roma nel 1986 per iniziare a cambiare atteggiamento. Il simposio è cominciato a metà tra ricordi e analisi storico-teologiche. Ad aprire i lavori è stato scelto il cardinale Roger Etchegaray, francese, già arcivescovo di Marsiglia, uno degli uomini di Curia più in sintonia con il Papa su questa iniziativa. Il cardinale ha iniziato sul filo dei suoi ricordi, notando come fin da bambino gli sembrassero stonate le preghiere «per gli ebrei infedeli» della liturgia, a confronto con la bontà d'animo degli ebrei che conosceva personalmente. La Chiesa proclama con chiarezza che Cristo è l'unico salvatore del mondo ma - s'è chiesto il cardinale - (da perennità d'Israele non è il segno di ciò che manca alla Chiesa per la completa realizzazione della sua missione?». E allora occorre dire sì al dialogo che, ha ammesso, «è appena uscito dall'età della pietra». E c'è voluta l'opera del Papa attuale per far compiere al dialogo dei passi in avanti. Anche qui conta l'esperienza personale. Giovanni Paolo II infatti ha delle forti «radici» ebrai¬ che: nella sua città natale, Wadowice, su 10 mila abitanti negli Anni Trenta, 3000 erano ebrei; ebreo era il padrone di casa dei Wojtyla; ebrei molti dei compagni di scuola. E infine la vicinanza del popolo ebraico dell'attuale Papa nasce dall'aver conosciuto la realtà terribile dell'Olocausto in Polonia. Nel 1979, durante il primo viaggio in patria da Pontefice, Giovanni Paolo II visitando il campo di Auschwitz disse pubblicamente: «Non potevo non venire qui». L'altra tappa sulla via del disgelo è rappresentata dalla visita alla sinagoga di Roma nel 1986: una idea emersa per caso. Secondo il racconto di uno dei protagonisti, l'idea della visita nacque durante uno scambio di impressioni a proposito di un viaggio internazionale: si parlava insieme al Papa quella volta di una visita alla locale sinagoga. A quel punto si disse al Papa: «Ma Santità, se si pensa di visitare una sinagoga, si dovrebbe incominciare da Roma!». E così avvenne il 13 aprile 1986: in quel giorno il Papa si rivolse agli ebrei chiamandoli «fratelli maggiori». I successivi dieci anni sono la storia di quel disgelo. Luca Tornasi Papa Giovanni Paolo II
Persone citate: Curia, Giovanni Paolo Ii, Luca Tornasi Papa, Roger Etchegaray, Wojtyla
Luoghi citati: Citta' Del Vaticano, Israele, Marsiglia, Polonia, Roma
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