«La mia testa per un aggettivo?» di Maria Grazia Bruzzone

«La mia testa per un aggettivo?» «La mia testa per un aggettivo?» Marinoni: vogliono solo vendicarsi IL conduttori deltg3 CROMA ERTO non conoscevo in Fausto Bertinotti uno spirito vendicativo così forte». Maurizio Mannoni, il «bravo ragazzo del Tg3», il conduttore «comunista» finito nel mirino del leader di Rifondazione comunista perché «troppo poco comunista» in tempo di crisi, sente stringersi il nodo intorno alla sua testa e non ci sta a fare il capro espiatorio, la vittima sacrificale immolata della nuova battaglia di prc contro la Rai ulivista. Non ci sta, ma lo dice con cautela, quasi sottovoce. Come ha preso l'attacco di Bertinotti? «Mi ha sorpreso. Che Bertinotti si lamenti, che critichi, lo trovo anche lecito: è un suo diritto. Ma pretendere la testa di un conduttore...». Lo trova scandaloso, poco di sinistra? «Lo trovo professionalmente offensivo, dopo dieci anni di Samarcanda e di conduzione. Offensivo e ingiusto: per un aggettivo, poi». Il fatidico «assurda» che ha appioppato alla crisi. Anche Siciliano ha riconosciuto che forse non era opportuno. «E anch'io, a posteriori, posso anche ammetterlo. Non pretendo di avere sempre ragione. Probabilmente avrei fatto meglio a non usarlo. Anche se l'Italia intera, e persino i giornali stranieri consideravano la crisi di governo un'assurdità, a un passo dall'Europa». E a lei è parso normale dirlo in video. «Io ho uno stile di conduzione, come dire?, disinvolto, parlo a brac- ciò, non leggo il gobbo. E una parola sbagliata può anche sfuggirmi». Il suo stile viene apprezzato da molti anche nel Polo. Che tuttavia ha puntato il dito sul «senso di appartenenza)! dei giornalisti del Tg3, che li porta a guardare i fatti da un'ottica parziale. Così che la crisi - sostengono - appariva un male, e la continuità del governo di sinistra un bene. «Perché confondono l'appartenza con la nostra peculiarità giornalistica. Al Tg3 non facciamo un giornalismo distaccato ma partecipe, nella politica come nel sociale. Lo abbiamo sempre l'atto, è nel nostro Dna. E lo considero una ricchezza per la Rai. Che senso editoriale avrebbe fare un tg uguale all'altro? Quando Siciliano e Iseppi dicono che l'informazione Rai nel suo insieme è stata corretta, dicono il vero. Non si può giudicare un tg staccato dagli altri». Questa affermazione però è stata contestata. Perché chi guarda vede un tg alla volta. «Ma ciascuno ha il suo pubblico. Il nostro è diverso da quello del Tg 1, o del Tg2. Ne abbiamo la prova dalle telefonate e dai fax che riceviamo. E che il pubblico abbia apprezzato il nostro notiziario durante la crisi lo dimostra l'ascolto, cresciuto in percentuale più degli altri». Forse proprio questo ha disturbato Bertinotti. Al quale non è piaciuto nemmeno il col¬ legamento con gli operai di Brescia contrari alla crisi. «Ma tutti i giornali ne parlavano, degli operai di Brescia e di altri posti, tutti la pensavano così. E infatti Bertinotti alla fine la crisi non l'ha fatta». Vuol dire che il Tg3 ha contribuito a convincerlo? «Non dico questo, è stato tutto l'insieme. Certo un tempo Bertinotti le piazze le apprezzava eccome, ma ora è avvelenato nei nostri confronti». Perché, secondo lei? «Non me lo spiego. Forse la ferita della crisi è ancora aperta. Forse vuole un segno tangibile del fatto che lui conta». E chiede la sua testa. «Così mi dicono. Ma devono dirmelo chiaramente. Non voglio essere bollato come un giornalista di regime, e poi finire perdonato in un generale volemose bene. Allora preferirei andarmene io per primo. Magari bussando alla porta del mio amico Santoro». Maria Grazia Bruzzone «Non voglio essere bollato come un giornalista di regime Piuttosto tolgo il disturbo e vado a bussare da Santoro» Il giornalista del Tg3 Maurizio Mannoni

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