Bertinotti e Polo bufera sulla Rai

Ancora polemiche sui servizi dei Tg durante la crisi. Prc all'attacco: nuovo vertice Ancora polemiche sui servizi dei Tg durante la crisi. Prc all'attacco: nuovo vertice Bertinotti e Polo, bufera sulla Rai Siciliano: non sono una pedina ROMA. Chiusa la crisi di governo, Fausto Bertinotti apre quella della Rai, e lo fa con toni e modi altrettanto irruenti, ma con forse già in mente un possibile compromesso. Furioso anche più del Polo per il modo in cui i tg Rai hanno dato conto in modo «parziale, fazioso e pro-governo» proprio della recente crisi, pretende un'immediata «inversione di rotta» e come segno tangibile chiede «censure e sanzioni esemplari» che colpiscano «chi si è comportato professionalmente in modo scorretto». In pratica, vuole la testa del conduttore del Tg3 Maurizio Mannoni. In compenso, non chiede subito le dimissioni di Enzo Siciliano e del suo cda, come minaccia l'opposizione, e anzi pare avvicinarsi alle posizioni dell'Ulivo sulle nuove regole di nomina in discussione alla Camera, dicendosi favorevole a un amministratore unico. Salvo poi ritornare sui suoi passi, con precisazioni che paiono ributtare tutto in alto mare. E' una mossa preparata, quella di Bertinotti, evidententemente preoccupato della scarsa «visibilità» televisiva a cui potrebbe essere destinato il suo partito nell'era dell'Ulivo, senza una voce in capitolo nel servizio pubblico. Le prime avvisaglie erano state le critiche feroci ai notiziari in tempo di crisi e alle stessa gestione produttiva dell'azienda Rai che prc aveva indirizzato sia dai banchi della commissione parlamentare di Vigilanza, sia attraverso un corposo dossier distribuito nei giorni scorsi. Critiche ribadite in un'intervista del leader, che non lesina sui toni, accusa la Rai di aver trasmesso un «pensiero unico»: «Non ci hanno negato le piazze, ma la Piazza», si lamenta Fausto, che ieri insiste a parlare dell'«uso indecente che è stato fatto della televisione». Enzo Siciliano replica con una lettera al segretario di prc, con accluso il suo recente intervento autocritico in Vigilanza in cui, col direttore generale Iseppi, hanno riconosciuto «errori e sbavature». «Una cosa è ammettere che ci sono stati degli errori, un'altra sostenere che in questo Paese c'è un regime - scrive il presidente Rai. - Non sono mia pedina di regime, la mia storia personale, come sai, lo dimostra». E ieri, mentre alla Vigilanza si sta discutendo proprio dell'audizione dei vertici Rai, mentre il verde Stefano Semenzato sta cercando un delicato equilbrio fra i diversi umori ulivisti e comunisti, proprio in quel momento i commissari di prc consegnano platealmente un loie documento ben più duro, dove si chiedono, appunto, «forme di censura e di sanzione per l'informazione pubblica, in particolare il Tg3, nei giorni della crisi». Scavalcando addirittura il Polo, promotore a sua volta di una risoluzione contro i vertici Rai e suscitando indignate reazioni da parte dei sindacati dei giornalisti radiotelevisivi, dall'Usigrai al cdr del Tg3, alla stessa Fnsi. E tuttavia Bertinotti, nella sua intervista si diceva anche favorevole ad «affidare la Rai a un amministratore unico». «Un'alta personalità della cultura, o un grande manager, scelto dal Parlamento», spiegava. Tanto che da parte di molti ulivisti si plaude al ritorno sulla retta via della pecorella smarrita, dal momen¬ to che questa è esattamente la proposta di D'Alema, che ha il consenso di verdi e popolari. «Ci fa piacere che anche l'onorevole Bertinotti si dica convinto che la Rai ha bisogno di una trasformazione radicale dei criteri di nomina dei vertici aziendali», gli risponde Giovanna Melandri, responsabile comunicazione del pds. «Finalmente una svolta nella politica di Rifondazione verso la Rai», plaude il verde Mauro Paissan, vicepresidente della Vigilanza. E così l'occhettiano Antonello Falomi, che ricorda come il «prc nel passato abbia sempre appoggiato l'idea di un cda di otto membri», per avere propri rappresentanti. Un'idea di cui Bertinotti sembra provare nostalgia. Perché verso sera, tiene a precisare che per la Rai non pensa a «un presidente padrone», non a «un dittatore» ma ad un «primus inter pares, con un programma, e affiancato da un governo pluralistico, non di omogenei, ma di diversi». [m. g. b.] La replica del presidente «Ammmetto gli errori, ma in Italia non c'è un regime» Il presidente della Rat Enzo Siciliano

Luoghi citati: Italia, Rifondazione, Roma