La guerra della montagna arrabbiata di Flavia Amabile

La guerra della montagna arrabbiata La guerra della montagna arrabbiata «Non ci muoviamo dalle tende: meglio morire qui» REPORTAGE DEL TERREMOTO NOCERA UMBRA DAL NOSTRO INVIATO E' una guerra, e la montagna ha deciso di combatterla tutta. Né le bufere di vento e di neve, né i richiami degli alberghi di lusso, 0 del caldo di veri termosifoni, riescono a smuoverli. Stretti alle loro macerie, con le unghie e con 1 denti difendono il diritto di rimanere su pochi metri di terra: il loro mondo. CIVITELLA. La bufera di neve si scatena intorno alle due di pomeriggio su questo paese di 56 persone dove due case si sforzano ancora di resistere dopo trentasei giorni di terremoto e due di tormenta. Nell'ora in genere considerata la più calda della giornata, la temperatura è appena al di sopra dello zero. Su una poltiglia di fango, neve e ghiaia, galleggia il nuovo paese: una decina di roulottes e due tende. Dentro una di queste roulottes, costretti a affrontare la poltiglia e il gelo a intervalli regolari, dettati dal bisogno di andare in bagno, vivono due ottantenni: i coniugi Maggi. Lui con una bronchite asmatica. Lei con un edema polmonare. Entrambi con l'ossigeno. Vivono così da venti giorni, da quando l'ospedale di Tolentino li ha dimessi: c'erano casi più gravi da assistere, e i posti-letto non bastavano per tutti. Da allora i coniugi Maggi si adattano come possono in questa tendopoli dove l'assistenza medica dipende da Cesi, a cinque chilometri di distanza. Hanno visto una volta il sindaco di Serravalle, Venanzio Rocchetti. «Si è fermato pochi minuti, il tempo di dire: ho ventitré frazioni non posso andare a visitare tutte. Poi è andato via», racconta Luigi, il figlio. Qualche giorno dopo è giunto un suo rappresentante. Annunciava il piano-evacuazione predisposto dal sindaco. Offriva ospitalità in un albergo, al caldo. I coniugi Maggi lo hanno mandato via senza nemmeno un istante di esitazione. «Per chi ci ha presi? Ci vuole condurre in un luogo a quindici chilometri da qui. Come se non ci fosse il terremoto pure lì. Se dobbiamo morire vogliamo farlo vicino ai nostri figli, sulla terra dove sono sepolti i nostri genitori». COSTA. Chiusi nelle roulottes. Incollati alle stufe. Ben lontani dagli oblò siliconati alla bell'e meglio da dove arrivano spifferi gelidi e scene di un paese distrutto, in procinto di restare sommerso sotto una tormenta di neve. I circa trenta abitanti di questa frazione saranno gli ultimi del Co¬ mune di Serravalle a poter mettere piede in un container. Forse quel momento giungerà a gennaio, forse a febbraio, o chissà quando. Otto sono i containers assegnati alle famiglie e dieci il minimo consentito dalla legge per l'allestimento di un'area. Un lungo braccio di ferro ne è seguito. Le autorità decise a unire gli abitanti di Costa a quelli degli altri campi in corso di realizzazione nella zona. Gli abitanti ben risoluti nel non lasciarsi portar via. Hanno scritto al prefetto, al Centro operativo mobile, e a chiunque avesse il potere di pronunciare una parola sulla questione. Hanno atteso una risposta mentre i bambini e gli anziani si ammalavano. Alla fine le autorità sembrano essersi decise a dare il via ai lavori. Nel pieno della tormenta, un tecnico della Protezione Civile ha annunciato ieri agli sfollati di Costa quale sarà l'area del villaggio di containers. Ma ha anche aggiunto che è necessaria una delibera del sindaco. «Basta con questi scaricabarile - gli ha urlato Arduino Timoteo Salzi -. Il sindaco ci ha detto che la Protezione Civile doveva decidere. Ora voi dite l'opposto. Non ne possiamo più. Se è una questione politica, risolvetevela da soli. Noi di qui non intendiamo muoverci. A costo di morirci». COLLE CROCE. Una e mezzo della notte tra mercoledì e giovedì. I fari delle auto si allontanano nella notte portando con sé il viceprefetto Paolo Dal Timo e il vicesindaco di Nocera Umbra, Gabriella Caparvi. E' l'Autorità che va via, ancora una volta sconfitta di fronte alla caparbietà della montagna umbro-marchigiana. Volevano convincere qualcuno dei 77 abitanti a scendere a valle. Almeno il bimbo di 17 giorni, o il cieco di 81 anni o il vecchio di 94 che dormono in roulotte. Nulla. Vanno via senza nemmeno essere riusciti a organizzare una cena al caldo nell'unico edificio agibile del paese: il bar. Nessuno accetta l'invito. Ognuno rimane nel proprio freddo, attaccato a un paese ormai trasformato in un inferno. Tormentato da faide antiche. Spazzato da raffiche a 90 chilometri orari. Ogni faida è una lite. Ogni raffica è una tegola che vola, un telone che si stacca, un bagno chimico che si rovescia. Continuare a vivere tra faide e raffiche significa andare in cerca di guai, ma gli abitanti non sembrano curarsene. Quando i fari dell'Autorità si allontanano, in quell'inferno tornano a dormire. Aprono le porte che i vigili del fuoco e i tecnici del Genio Civile avevano chiuso, fingono di non vedere le crepe, di non pensare che una scossa potrebbe provocare qualcosa di irreparabile. Si coricano. Probabilmente hanno torto a farlo, ma quando si risvegliano accolgono con una gran risata il racconto della lunga notte di chi ha avuto fiducia. Come gli scouts, costretti a chiedere ospitalità al bar quando verso le due e mezzo anche la loro tenda si solleva vergognosamente in aria. Il mattino porta con sé un nuovo tentativo del Comune di Nocera Umbra di trascinare qualcuno lontano dall'inferno. Alle dieci riescono a caricare su un pulmino Orlando Cucchiarini, il cieco di 81 anni. Gli altri non cedono. Né il più giovane, il bimbo di 17 giorni. Né il più vecchio: l'uomo di 94 anni. Nel pomeriggio il Comune ammette la sconfitta. Invia sei roulottes: perché almeno abbiano qualcosa di meno precario di un tetto pericolante sulla loro testa dura. F0RCATURA. Un'ottantina di persone, cinque case al massimo agibili, a due chilometri da Colfiorito, l'epicentro del terremoto. Dimenticati. Ma non per questo meno agguerriti. Quando Franco Prosperi è andato al Comune di Foligno per l'assegnazione del container, in nessun archivio risultava la perizia dei tecnici di inagibilità della sua casa. E' riuscito in fretta e furia a far ripetere la visita e a presentare ieri la domanda, termine ultimo previsto dalla normativa. Quando Franco Prosperi potrà avere le chiavi del suo container nessuno lo sa. Dopo un'estenuante battaglia lunedì è stata individuata l'area. A 850 metri d'altezza e i primi centimetri di neve già sul terreno, è molto probabile che arrivi prima la neve e, poi, chissà quando, il nuovo villaggio. Ma quando un rappresentante del Comune due sere fa ha chiesto i nomi di chi voleva andare a dormire a valle, la risposta è stata la solita: «Nessuno». Flavia Amabile «Non ne possiamo più di questi continui scaricabarile tra i Comuni e la Protezione civile» «Il freddo? E' peggio non sapere quando finirà questo incubo» «A valle nessuno scenderà»

Luoghi citati: Comune Di Foligno, Comune Di Nocera Umbra, Nocera Umbra, Serravalle