Battibecco fra Clinton e Jiang di Andrea Di Robilant

Il momento di maggiore tensione quando il Presidente Usa ha condannato la repressione della Tienanmen Battibecco fra Clinton e Jiang Il momento di maggiore tensione quando il Presidente Usa ha condannato la repressione della Tienanmen «Sui diritti umani non c'è accordo» WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Bill Clinton e Jiang Zemin bisticciano sui diritti umani davanti ai giornalisti, e la grande partnership sino-americana parte con una nota decisamente stonata nonostante la scenografia grandiosa e i ventun colpi di cannone. In un colloquio di un'ora e mezzo alla Casa Bianca i due leader hanno gettato le basi per un nuovo rapporto strategico tra gli Stati Uniti e la Cina alle soglie del Duemila. Ci saranno vertici annuali (Clinton andrà a Pechino nel 1998), sarà istituita una hot line tra Washington e Pechino, e ci sarà una maggiore cooperazione militare tra i due Paesi per assicurare la stabilità del continente asiatico e dell'area del Pacil'ico. Ma la questione dei diritti umani continua e continuerà a complicare il rapporto tra i due Paesi (per la disperazione dei geostrateghi). E lo si è avvertito in maniera palpabile ieri durante la conferenza stampa che ha seguito il vertice. Il Presidente ha dedicato buona parte del suo intervento all'assenza di libertà politica in Cina e in Tibet: «Abbiamo divergenze profonde e ne abbiamo discusso a lungo. Sono convinto che su questo punto la Cina si trova dalla parte sbagliata della Storia». Jiang non è stato ad ascoltare in silenzio. «Abbiamo una geografia diversa, una storia diversa e dunque è anche naturale avere posizioni diverse su questioni importanti. Ma in questi giorni - ha detto - strani rumori sono giunti alle mie orecchie. E Confucio diceva che non era una cosa giusta trattare in questo modo un ospite che viene da così lontano». Gli «strani rumori» erano udibili molto chiaramente nella piazza Lafayette, davanti alla Casa Bianca, dove monaci buddisti nelle loro vesti ama¬ ranto e arancione, esiliati cinesi e attivisti americani scandivano slogan contro la repressione in Tibet e il maltrattamento dei dissidenti cinesi. A guidare le proteste, l'attore Richard Gere, da anni impegnato nella lotta per il Tibet libero: «Sono pieno di rabbia», ha urlato la star. «Ieri ho sentito Jiang Zcmin che citava la Dichiarazione di Indipendenza. E' veramente un'assurdità. Non c'è alcuna libertà in Cina. E non c'è alcuna libertà in Tibet». Clinton e Jiang hanno espresso pareri diametralmente opposti anche sul significato di Tienanmen. E il Pre¬ sidente americano ha spiegato che le sanzioni Usa imposte contro la Cina in quell'occasione per ora non saranno tolte. Eccetto per il blocco sul trasferimento di tecnologia nucleare americana alla Cina. L'amministrazione Clinton è convinta di aver ricevuto le assicurazioni necessarie da parte di Jiang che la Cina non fornirà tecnologia e missili a Paesi come l'Iran, che stanno cercando di munirsi di un arsenale nucleare (Teheran ha già protestato contro questo accordo). E queste assicurazioni spianano la strada alla vendita massiccia - si parla di 40 miliardi di dollari - di tec¬ nologia nucleare Usa alla Cina. L'accordo sul nucleare è il risultato concreto più importante di questo vertice, sia per le implicazioni economiche che quelle geostrategiche (le proteste di Teheran sono state immediate). Progressi molto scarsi, invece, sul fronte commerciale (gli Stati Uniti hanno un deficit di 40 miliardi di dollari nei confronti della Cina). Ancora una volta Clinton ha lamentato la persistente chiusura del grande mercato cinese al made in Usa e ha fatto capire che in queste condizioni gli Stati Uniti non possono accelerare l'entrata della Cina nel Wto, l'organizzazione mondiale del commercio. Su Taiwan - il punto nevralgico della partnership sinoamericana - Clinton ha insistito che la Cina dovrà contribuire a risolvere la questione «in maniera pacifica». Ma Jiang non ha voluto dare l'impressione che stesse prendendo lezioni dal Presidente americano su un tema che continua a considerare come «interno». E con un pizzico di minacciosa ambiguità, ha aggiunto: «Non escludiamo l'uso della forza contro potenze esterne che vogliono tenerci separati». Andrea di Robilant Mentre l'ospite cinese era alla Casa Bianca Richard Gere urlava in piazza: Tibet libero Via a una linea rossa col vertice di Pechino Accordi su tecnologia nucleare e armamenti Manifestazione anticinese davanti alla Blair House e Jiang Zemin con il vicepresidente Usa Al Gore