L'apprendistato per insegnare di Giorgio Calcagno

c L'apprendistato per insegnare La laurea non basta più, dal '98 un biennio di formazione PER salire in cattedra, la laurea non basta più. Per restare disoccupati, nemmeno. Gli insegnanti precari, che fino a oggi gonfiavano le liste di attesa nei Provveditorati, racimolando una supplenza a novembre, uno spezzone a gennaio, una sostituzione per maternità in primavera, sembrano destinati a sparire. Avranno l'estrema prova d'appello di un concorso, e poi o dentro o fuori per sempre, quando il rex tremendae majestatis separerà gli agnelli dai capretti. I responsabili della nostra scuola si sono accorti - ma non lo sapevamo già tutti prima? - che per insegnare qualcosa a qualcuno bisogna saperlo fare. L'insegnamento - altra scoperta avvenuta di recente in viale Trastevere - è un mestiere serio come ogni altro, chiede professionalità, che i corsi accademici non hanno mai saputo fornire. Lei è laureato? Ci spiace, ma se non è un professionista della cattedra, non ci serve. Ripassi un'altra volta. Un'altra volta sarà due anni dopo; non ci vorrà di meno per dargli la preparazione richiesta. A partire dal '98 i giovani che aspirino a erudire i più giovani di loro su storia o letteratura, matematica o ragioneria, appena usciti dalla sala lauree dovranno ribussare all'università. Li attende, se ci riescono, un corso biennale, in cui dovranno sostenere colloqui, esami, discutere una tesi. Il prezzo è un po' alto, ma alia fine c'è il premio: si troveranno automaticamente abilitati, il posto dovrebbe essere sicuro, senza attendere maternità di colleghe, dimissioni forzate o viaggi in Groenlandia. C'è solo un particolare, che tante matricole farebbero bene a tener presente. Saranno corsi a numero chiuso. Chi non riuscirà a entrarci potrà prendere la laurea e accartocciarla. A meno che riesca a farla valere lontano dalla scuola, dove non ci sia da insegnare niente a nessuno. Giorgio Calcagno SERVIZI A PAG. 12

Luoghi citati: Groenlandia