«la nostra nave è stata speronata» di T. A.

«la nostra nave è stata speronata» «la nostra nave è stata speronata» // «giallo» della falla trovata a poppa dello scafo BRINDISI. Si attende la verità e ci vorranno ancora mesi, mentre gli albanesi accusano le autorità italiane di voler insabbiare l'inchiesta, le vere responsabilità della Marina militare, e il magistrato non vuole fare dichiarazioni: «Non posso, solo la perizia potrà dirci qualcosa». E così per un altro giorno il naufragio della «Kater I Rades», la motonave albanese affondata 0 28 marzo dopo la collisione con la corvetta «Sibilla», il mistero alimenta le polemiche. Gli sguardi di tutti sono sulla falla a poppa dello scafo: potrebbe averla provocata la «Sibilla» speronando la motonave. Lo dice senza risparmiare accuse l'avvocato Pietro Coluccia, legale di una quarantina di famigliari delle vittime del naufragio, secondo lui la nave «Sibilla», dopo la collisione, «è rimasta ferma al largo per qualche ora per essere riparata. Di questi fatti si è saputo poco. La Marina militare sarà intervenuta prontamente». L'avvocato aggiunge di avèlie chiesto «l'incidente probatorio per far svolgere gli atti dell'indagine alla luce del sole e per ga¬ rantire i cittadini albanesi, i quali sostengono che i sub abbiano sottratto i cadaveri dal relitto quando era ancora adagiato in fondo al mare». Chiede, l'avvocato, una punizione esemplare se dovesse risultare che il comandante della «Sibilla» ha speronato la motonave: «Dovrebbe essere punito con l'ergastolo e, se fosse previsto, con la pena di morte». Certamente la falla non l'ha provocata la «Impresub», l'azienda che ha ripescato il relitto riportandolo a terra, nel porto di Brindisi, con 52 morti nella stiva. «Non è possibile che il danno sia stato provocato dal modulo che l'ha riportato a galla», spiega Egidio Ippa, uno degli esperti che ha curato l'operazione. Allora il mistero potranno svelarlo soltanto i periti. Perché il magistrato, Leonardo Leone De Castris, parla solo per non dire nulla. «No, per il momento non è possibile dire se le ammaccature presenti sullo scafò albanese siano da attribuire alla collisione con la nave italiana Sibilla. Questa situazione - dice riferendosi alle voci e alle ipote¬ si di questi giorni - è determinata dal mio silenzio che tuttavia deve continuare. Bisogna procedere con i piedi di piombo. Ognuno può esprimere le sue opinioni, liberissimo. Io no. Non c'è nulla che possa dire. Attendo che si concluda l'identificazione dei corpi - sarà necessario ancora tempo - e attendo la perizia». Ci vorranno alcuni mesi, forse quattro, per i tre periti nominati dal magistrato, e alcuni giorni per completare il riconoscimento delle salme. Ieri sono arrivati in aereo da Valona a Brindisi 37 parenti delle vittime del naufragio (al quale scamparono in 34) chiamati all'identificazione dei corpi. Hanno raggiunto il porto in autobus, con mazzi di fiori e le foto dei loro cari, donne, bambini, famiglie intere inghiottite dal mare. Almeno due giorni dovranno restare, sottoponendosi al rituale del riconoscimento. Per il momento si conosce soltanto l'identità di una donna. Aveva 21 anni. E ieri il sottosegretario alla Difesa, Brutti, ha confermato che i famigliari delle vittime verranno risarciti, [t. a.]

Persone citate: Brutti, De Castris, Egidio Ippa, Leonardo Leone, Pietro Coluccia

Luoghi citati: Brindisi