Nella guerra dell'Onu un duello Roma-Tokyo di Franco Pantarelli

«Subito la riforma del Consiglio» Nella guerra dell'Onu un duello Roma-Tokyo «Subito la riforma del Consiglio» Lettera del rappresentante nipponico «Non accettate la proposta italiana» NEW YORK NOSTRO SERVIZIO Si è molto arrabbiato il rappresentante giapponese alle Nazioni Unite, Hisashi Owada, per la risoluzione presentata l'altro ieri dall'Italia, spalleggiata da altri 33 Paesi, in cui si chiede che la riforma del Consiglio di Sicurezza venga discussa con calma e senza scadenze prefissate. Si è arrabbiato perfino più dei suoi superiori di Tokyo. Mentre infatti l'altro giorno, in occasione della visita di Romano Prodi, il governo giapponese aveva in fondo accettato 0 concetto che due Paesi possono essere amici e avere buoni rapporti anche in presenza di idee diverse su un problema specifico, al suo ambasciatore all'Onu l'idea di rinviare la «riforma rapida» non è andata giù. Così ieri ha scritto una lettera a tutti i suoi 185 colleghi per far presente la «sorpresa e costernazione» che la proposta di non votare subito gli ha procurato, per definire quella proposta «squilibrata, capace solo dì danneggiare lo spirito di collaborazione» e per «chiedere con forza» di dissociarsene. La sua lettera è naturalmente arrivata anche sul tavolo dell'ambasciatore Francesco Paolo Fulci e nel suo caso le parole di Owada suonavano alquanto curiose. Come fa uno a dissociarsi da un'iniziativa di cui è stato il promotore? Ma i problemi del Giappone sono noti. Se si vota subito sulla proposta americana di riformare il Consiglio di Sicurezza semplicemente inserendovi due nuovi membri permanenti - il Giappone appunto e la Germania - Owada ritiene che le sue pressioni, combinate a quelle tedesche e americane, possano farcela a mettere insieme la maggioranza dei due terzi necessaria. Un saggio di ciò si è avuto proprio ieri, quando in mol te rappresentanze di Paesi piccoli oltre alla lettera Owada ha spedito anche i suoi funzionari, minac ciando fuoco e fiamme. Se invece il voto viene rimandato e si dà vita a «un'ulteriore riflessione, con l'obiettivo di raggiungere un generale consenso», come dice la risoluzione dell'altro ieri, le speranze del Giappone di entrare nel Consiglio di Sicurezza come uno dei nuovi membri permanenti si fanno più problematiche. L'ambasciatore Fulci, nella sua replica, pur ricordando pacatamente le ragioni «filosofiche» per cui l'Italia è su un'altra posizione («Non si rimedia a un vizio d'origine come quello dell'esistenza di membri permanenti, ben difficite da conciliare con il principio di uguaglianza sovrana degli Stati, estendendolo ad altri Paesi»), non riesce del tutto a trattenere una certa ironia quando si mostra a sua volta sorpreso dalla lettera di Owada e quando spiega che «ci sembra che un'autentica riforma del Consiglio di Sicurezza in senso democratico non possa basarsi sul noto paradosso orwelliano secondo cui alcuni Paesi sarebbero più uguali degli altri». Franco Pantarelli

Persone citate: Francesco Paolo Fulci, Fulci, Owada, Romano Prodi

Luoghi citati: Germania, Giappone, Italia, New York, Roma, Tokyo