l'«incubo» del Cavaliere di Augusto Minzolini

l/«incubo» del Cavaliere l/«incubo» del Cavaliere Si delinea un accordo Fini-D 'Menta? LO SCONTRO SUI GIUDICI SROMA E si dovesse stare appresso a quello che pensano davvero, ai loro reali obiettivi, l'accordo sulla giustizia in Bicamerale rimarrebbe una pia illusione. La cronaca dell'esordio di ieri mattina di Berlusconi nel comitato ristretto, della commissione è di quelle, infatti, che lasciano ben pochi margini alla mediazione. «Sono qui - ha spiegato - per difendere lo Stato di diritto. Ci sono alcune procure che sono più pericolose della criminalità organizzata. Ormai si scelgono pure i giudici a cui sottoporre i provvedimenti...». Berlusconi sarebbe andato ben oltre, se Massimo D'Alema non lo avesse interrotto, cosa che non è capitata spesso in commissione. «Veramente - ha replicato il presidente della Bicamerale - 10 non credo che sia così. Credo che la criminalità organizzata, che la mafia sia più pericolosa della magistratura...». A quel punto, per evitare che la trattativa sulla giustizia finisse ancor prima di cominciare, i «secondi» si sono precipitati a chiudere la polemica. «I criminali - ha risposto Marcello Pera, uno dei commissari della task force di Berlusconi - si possono nascondere sotto altre vesti». Insomma, chiuso l'«incidente», si è ripreso a parlare, il Cavaliere è tornato a sentire la «vocina» che lo chiama «papà Costituente», ha parlato di mediazione... Nell'ennesima partita a scacchi che si gioca in Bicamerale un dato è ormai assodato: lo spinoso argomento «giustizia» non farà saltare la commissione. Ormai il recinto di protezione è stato costruito e i protagonisti lo hanno accettato. Anche «incidenti» come quelli di ieri mattina vengono circoscritti, metabolizzati. E dopo tanti confronti e trattative la stessa materia del contendere è limitata a due opzioni che riguardano un unico problema: l'istituzione di due sezioni nel Csm. Quelli come Berlusconi e Marini vorrebbero che tale norma fosse scritta in Costituzione. Quelli come D'Alema non la vogliono. In mezzo c'è Fini che non vuole mettere a repentaglio la Bicamerale con uno scontro sulla giustizia e che in fondo in fondo non vuole lasciare al solo D'Alema l'immagine del «difensore» dei giudici. Ebbene, per capire come finirà bisogna mettere insieme queste tre posizioni. Nelle prossime 48 ore i due schieramenti «trasversali» si faranno i conti, un po' come è avvenuto a giugno sul presidenzialismo, poi decideranno se confrontarsi sui numeri o, invece, scegliere la strada della mediazione offerta dal relatore Marco Boato, recependo l'impegno di creare due sezioni del Csm in un ordine del giorno che impegnerebbe 11 Parlamento a procedere in questa direzione con una legge ordinaria. Da qui a lunedì, quindi, i due schieramenti si mostreranno reciprocamente i muscoli. Poi, alla vigilia del voto, in programma mercoledì, decideranno se darsi battaglia o meno. E, magari, come ipotizza da giorni Urbani, «l'armistizio sarà siglato in un incontro Berlusconi-D'Alema, lunedì o martedì». Fino ad allora, però, entrambi i contendenti utilizzeranno tutte le armi che hanno a disposizione per spingere l'avversario a indietreggiare. D'Alema ha già cominciato ieri in Bicamerale. «Se per caso l'ipotesi delle due sezioni in Csm fosse messa ai voti e bocciata in Bicamerale - ha minacciato -, è chiaro che l'ipotesi di mediazione di Boato verrebbe meno, perché non si può presentare in Parlamento una proposta respinta in commissione. Senza contare che la scelta di andare al voto potrebbe avere altri contraccolpi». Un discorso che Boato ha reso ancora più chiaro: «Un voto dirimente sulle due sezioni potrebbe rimettere in discussione le altre conquiste che ci sono nel testo sulla giustizia». Come dire: state attenti. Ora sta a Berlusconi riflettere. Per arrivare alla conta il Cavaliere deve essere sicuro di avere una maggioranza. E qui il discorso si complica. Intanto ci sono i popolari. Certo, ieri pomeriggio Marini ha assunto una posizione più decisa: ha rivendicato l'autonomia in Bicamerale rispetto alle logiche di maggioranza, sposando la proposta di introdurre il principio del Csm diviso in due sezioni in Costituzione. Un'ipotesi che un altro popolare, Ortensio Zecchino, ha difeso ieri mattina in commissione. Ma il ppi continua a essere diviso: Elia ieri è rimasto per tutta la riunione del comitato ristretto in silenzio, mentre Mattarella dopo una telefonata burrascosa ieri mattina con Marini ha disertato i lavori. Marini, comunque, continua a lanciare segnali rassicuranti al Cavaliere, come pure qualche pidiessino tipo Pellegrino e socialisti come Boselli. E' probabile che arrivi anche l'apporto dei leghisti, mentre i «diniani» come Nicola D'Amico hanno già detto che accettano la mediazione di Boato. Quindi, almeno sulla carta i numeri ci sarebbero. Solo che rimane l'incognita di An. Ieri ancora una volta lo stesso Marini ha chiesto ai suoi interlocutori dentro Forza Italia notizie sull'atteggiamento di Fini: «Siete sicuri - è la questione che ha posto agli alleati del momento - che quelli di An non faranno scherzi?». L'argomento Fini turba i sonni dello stesso Cavaliere. Basta guardare al passato: spesso, o meglio quasi sempre, sulle questioni riguardanti la giustizia An è mancata all'appello. E anche in questa occasione si sta defilando. Lo ammette lo stesso Cavaliere che, mentre in pubblico assicura di avere «un patto di ferro» con l'amico Gianfranco, in privato si lamenta. «Credo che Marini e i popolari terranno - ha confidato ai suoi -. Lo stesso Elia oggi nel comitato è stato silente, ma annuente. Fini, invece, con la posizione che ha assun¬ to sui giornali ci ha impedito di fare una mediazione seria». Eh già, il pericolo che incombe sul Cavaliere è proprio questo: che anche oggi, come in passato, le due estreme affossino i tentativi dei moderati presenti in entrambi i Poli di alzare la testa sulla giustizia. 0, per dirla diversamente, che i beneficiari politici di Tangentopoli, cioè gli eredi di pei e msi, rintuzzino il desiderio di riscossa degli eredi dei partiti di governo della prima repubblica. Ecco perché Berlusconi prima di andare in battaglia deve fare bene i conti e decidere se rischiare la sconfitta o accettare la mediazione. «Prima - è la spiegazione che dà Pisana dell'imbarazzo del Cavaliere - c'era un ponte di granito, poi uno di legno, poi una liana da cui potrebbe cadere la scimmia che tenta l'ultima mediazione, magari Marini. La verità è che in questo momento c'è un inciucio grande come una casa tra il pds e An. Quelli per una telefonata ogni 15 giorni tra D'Alema e Berlusconi gridavano all'inciucio. Adesso che dovremmo dire noi? Non vorrei che la partita si riaprisse tutta in aula». Augusto Minzolini Il leader del Polo Silvio Berlusconi