Elezioni: Quercia all'americana di Paolo Guzzanti

FUORI DAL CORO Elezioni: Quercia all'americana FUORI DAL CORO OVITA', novità: il viso sorridente (un po' troppo, non gli somiglia) di Massimo D'Alema campeggia sui muri romani per motivi elettorali. Ma - attenzione - campeggia senza simboli di partito. Più che di una novità, si tratta di una eresia, benché grafica. Come sarebbe? Il segretario del partito che fu di Togliatti e Berlinguer, si presenta adesso così? All'americana, alla brasiliana, alla berlusconiana, stravolgendo le tradizioni, le rigide compostezze, compresa quella del suo viso che ha da essere, per contratto e istituto, arcigno e severo? Si tratta, a tutta evidenza, di nuovo nuovismo. Come considerarlo? Siamo, ci avvertono, nel perverso universo della comunicazione di massa. Dunque, ogni obiezione è, per definizione, inutile. Eppure, chissà quanti bozzetti, studi, sondaggi e selvaggi «brain storming» avranno condotto a quel manifesto. Il risultato finale presenta comunque sia un aspetto buono che uno cattivo. E anche uno pessimo. Quello buono, e anzi buonista, sta nella modernità in sé: questo sorriso da esposizione, unito all'assenza un po' chiassosa dei simboli. L'aspetto cattivo sta però nel suo rovescio: nel carattere fittizio di ogni trovata comunicativa prodotta dagli studi pubblicitari. C'è poi un aspetto pessimo, che secondo noi sta alle spalle delle trovate grafiche moderniste e antitradizionali e che consiste nell'assenza, anche in termini pubblicitari, di qualsiasi allusione alla libertà, a un'idea modernamente libera)?. Una assenza che non dipende e non riguarda soltanto D'Alema. Una faccia è una faccia, d'accordo. Ma una faccia che non sia altro che una faccia, è di per sé una tentazione al caudillismo, al capataz, al peronismo. Naturalmente questo tratto non riguarda D'Alema: riguarda tutti, perché manca l'idea, l'inventiva di un qualsiasi profumo liberale, di ogni sincero slancio per la libertà come esercizio di vita quotidiana e civile. E a questo proposito va segnalato che il capogruppo del pds alla Camera, Fabio Mussi, ha risposto in maniera istruttiI va e scoraggiante a Giuliano I Amato, presidente dell'anti- trust e primo presidente del Consiglio della svolta italiana, il quale lamentava il deprimente flop di ogni ipotetica rivoluzione liberale nel nostro Paese in cui però tutti, a cominciare da coloro che per storia e genoma non lo sono mai stati, si dicono liberali: todos caballeros. E in che modo Mussi polemizza con Amato? Elogiando i conti pubblici. Proprio così: per controbattere l'ipotesi di una bassa tensione liberale, viene esaltato il progresso del mercato insieme alle vittorie dell'amministrazione, che c'entrano quanto i cavoli a merenda. Quello usato da Mussi è del resto l'argomento usato dai cinesi. Quando qualcuno rimprovera ai cinesi la pietrifica^ zione della libertà e della democrazia nel loro Paese, i dirigenti si abbandonano alla lettura delle vittorie economiche. In Italia nessuno può essere in questo accusato di meditare la soppressione della libertà, ma nessuno merita di essere chiamato campione di una evoluzione liberale. Le forze politiche in campo son ormai assuefatte a un frullato di luoghi comuni economici, simulazioni grafiche, esagerazioni multimediali e sedute dal truccatore. Tutta robetta fittiziamente all'americana, ma che dall'America non ha tratto e neanche intuito quel valore puro ed elementare, ecologico e civile, che sta nel considerare sacra non la libertà a chiacchiere di tutti e di nessuno, ma le libertà di ogni singolo individuo. D'Alema sorride almeno dai muri, e ci fa piacere. Ma a noi passanti viene il sospetto che, fra un sorriso e un ritocco del fotografo, la politica nel senso alto e nobile del termine sia crepata e sepolta come un caro estinto di Berverly Hills, con il cerone del sorriso pubblicitario. Paolo Guzzanti

Persone citate: Berlinguer, D'alema, Fabio Mussi, Hills, Massimo D'alema, Mussi, Togliatti

Luoghi citati: America, Italia