I giorni dell 'AMBROSIO

I giorni dell 'AMBROSIO I giorni dell 'AMBROSIO Si apre lunedì 20 al cinema Massimo (via Montebello 8, telefono 011/8171048) la seconda parte del progetto «I giorni di Cabiria - La grande stagione del cinema muto torinese», dedicata alla Ambrosio Film, una delle maggiori case di produzione torinesi all'inizio del secolo. Fino a giovedì 23 ottobre il Massimo ospiterà protezioni di pellicole d'epoca e un convegno internazionale. La rassegna è curata da Gianni Rondolino e Paolo Bertene Ingresso libero al convegno e a tutti gli spettacoli fino a esaurimento dei posti disponibili. IL cinema muto sta attraversando, ormai da parecchi anni, una stagione estremamente favorevole. Ritrovamenti di film che si credevano perduti, restauri, riedizioni, rassegne e festival retrospettivi, anche videocassette e pubblicazioni varie, hanno riportato alla luce uno dei capitoli più ricchi e variegati della storia del cinema. E se, fino a non molto tempo fa, il cinema muto che si conosceva era soprattutto quello degli Anni Venti (o della fine degli Anni Dieci), con le prime dive, i primi grandi registi, le scuole nazionali, i capolavori indiscussi della settima arte; ora si indaga sui due decenni precedenti, su quello che viene definito dagli storici e dai filologi il «cinema delle origini», che va dal 1895 al 1915. In quest'ambito di ricerche e di scoperte si colloca anche il cinema muto italiano che, in quel periodo, fu certamente uno dei più importanti e universalmente noti. Basti pensare alle grandi dive, da Francesca Bertini a Lyda Borelii a Pina Menichelli, ai grandi registi come Giovanni Pastrone o Mario Caserini o Enrico Guazzoni, alle grandi case di produzione come l'Ambrosio, l'Itala, la Cines, ai grandi film come «Quo vadis?» o «Ma l'amor mio non muore» e, naturalmente, «Cabiria». E tuttavia di quella vastissima produzione cinematografica, come d'altronde di molte altre, si è conservato pochissimo, tanto che per molto tempo si continuò a parlare degli stessi film, attori, registi, produttori. Ora le cose stanno a poco a poco cambiando. E' la rassegna dedicata MMWj|M>W alla produzione dell'Ambrosio - una delle maggiori case torinesi - che si inaugura lunedì 20 ottobre al Museo Nazionale del Cinema come seconda parte del progetto «I giorni di Cabiria», è lì a dimostrare quanta strada si è fatta in questi anni nel recupero e nella conservazione dei film muti italiani. Oltre ottanta film, fra corti e lungometraggi, fra documentari e film di finzione, costituiscono un panorama certamente esauriente, anche se ovviamente non esaustivo della produzione di quella casa, che fu la prima a Torino a costituirsi su basi industriali e commerciali nel 1907. Sono opere di diverso valore e interesse, che ci danno una serie di immagini d'un mondo, d'una società, d'una cultura e d'un gusto che non sono più i nostri, ma che gettano non poca luce sul primo ventennio del nostro secolo. Ci sone le due versioni degli «Ultimi giorni di Pompei» e c'è «Teodora» del 1922, restaurata dalla Cineteca Nazionale; c'è il «Parsifal» di Caserini e c'è «La nave» di Gabriellino D'Annunzio; c'è «Nozze d'oro» di Luigi Maggi, che vinse il primo premio all'Esposizione Internazionale del 1911 e c'è «Cenere», l'unico film interpretato da Eleonora Duse; ma ci sono anche gli straordinari documentari «Nevropatologia» del professor Camillo Negro e «Vita delle farfalle» di Roberto Omegna, con la collaborazione di Guido Gozzano. C'è insomma uno spaccato affascinante e suggestivo di quella grande stagione del cinema torinese che sta fialmente rivedendo la luce. Ma, accanto alla rassegna di film, c'è anche un convegno internazionale con la presenza di im cospicuo numero di studiosi italiani e stranieri, che parleranno proprio di quella stagione del nostro cinema, ne illustreranno le tappe e i caratteri peculiari, ne sveleranno i segreti, attraverso le nuove acquisizioni e i nuovi studi. Un convegno - dunque - che, da un lato, farà il punto sullo stato della ricerca storica e filologica; e, dall'altro, si porrà come il punto di partenza di un nuovo percorso investigativo, i cui risultati si potranno vedere nei prossimi anni. j| Gianni Rondolino ANCHE se il rapporto di D'Annunzio con il cinema resta discontinuo, la sua figura ed il suo stile di esistenza e di letteratura dominano le esperienze fondamentali del cinema muto italiano, almeno per tutti gli Anni Dieci. Le mitologie dannunziane attraversano come uno stato d'animo, una dimensione emotiva particolare il cinema di più palese ambizione culturale e il progetto del Sommo Vate di «vivere di vita inimitabile», diventa il modello di personaggi ed eroine travolti da passioni irripetibili e distruttive. La sua presentazione come autore di «Cabiria» - di cui D'Annunzio aveva soltanto elaborato le didascalie - costruisce poi un passaggio fondamentale per attribuire al cinema una legittimazione artistica e rappresenta al tempo stesso una operazione pubblicitaria di grande spregiudicatezza. Nel meccanismo di simulazione messo in atto da PastrOne, D'Annunzio interpreta perfettamente la sua parte e definisce una propria concezione del cinema, che dà respiro ulteriore al film. Scrive D'Annunzio: «Il cinema deve dare agli spettatori le visioni fantastiche, le catastrofi liriche, le più ardite meraviglie; risuscitare, come nei vecchi poemi cavallereschi, il meraviglioso, il meravigliosissimo». C'è nell'atteggiamento di D'Annunzio un'attenzione particolare ai meccanismi iperseduttivi dello straordinario e dell'inconsueto che il cinema sa produrre. Questa singolare commistione di fascino moderno E IL VSCOIL CIN

Luoghi citati: Pompei, Torino