HOLLYWOOD giornalisti alla sbarra

Buchmesse, l'irresistibile fascino della guerriglia Sempre più rappresentati come cattivi. E Dustin Hoflman, che interpretò l'eroe del Watergate, diventa cinico cronista nel nuovo film di Costa-Gavras HOLLYWOOD giornalisti alla sbarra w t LOS ANGELES N attore, per definizione, presta il proprio volto a I personaggi diversi e spesso si I contrastanti. Un giorno è una guardia e l'altro è un ladro, un giorno è un Presidente d'oggi e un altro ancora uno schiavo romano. Se Dustin Hoffman sceglie di interpretare la parte di un reporter cinico, che non esita a mettere a repentaglio la vita di un'innocente scolaresca, nessuno dovrebbe dunque restare sorpreso. Vent'anni fa, è vero, Hoffman era stato protagonista con Robert Redford di Tutti gli uomini del presidente, la storia dei due giornalisti del Washington Post, Bob Woodward e Cari Bernstein, che con tenacia e fiuto riuscirono a mettere in ginocchio l'uomo più potente della terra e «en passante a salvare la democrazia americana. Ma che cosa significa? Che l'attore sarebbe dovuto restare ingabbiato a vita nella parte del giornalista nobile e coraggioso? A poche settimane dall'uscita di Mad City, la scelta del protagonista de II laureato e di Rain Man ha invece già suscitato dibattiti e polemiche. Mad City è in fondo solo una delle tante produzioni che si apprestano a contendersi il lucroso mercato prenatahzio, ma il film, diretto da Costa-Gavras, è diventato un altro atto d'accusa nei confronti dei media. «Quando il pene del Presidente diventa più importante della scomparsa delle foreste tropicali, quando lo scoop dell'anno sono le immagini di una principessa che sta morendo, c'è qualcosa che non funziona», commenta Dustin Hoffman. «E il cinema, a sua volta in una profonda crisi di idee, riflette questa caduta di immagine e di credibilità». Agli occhi dell'opinione pubblica, dicono i sondaggi, i media sono precipitati in basso e i giornalisti vengono percepiti appena una spanna al di sopra di politici e avvocati. Una generazione dopo, l'eroe del Watergate diventa un personaggio che baratta la vita di un gruppo di bambini con un'intervista esclusiva con il loro improbabile sequestratore (nel film, John Travolta), ma Hoffman, di questi tempi, non è il solo personaggio ne- gativo degli schermi che ha scelto come mestiere quello del giornalista. Il cinema ha bisogno di cattivi e adesso che con la caduta del Muro di Berlino i «rossi» non sono più un pericolo e che è diventato polìticamente scorretto prendersela con i terroristi arabi, i media e i loro rappresentanti sono diventati un obiettivo molto ghiotto. In In & Out Tom Selleck è un intraprendente reporter che costringe un maestro di provincia (Kevin Kline) a rivelare la propria omosessualità. In L. A. Confidentìal Danny De Vito dirige un fogliaccio che vive ricattando le persone celebri e gli uomini politici di Los Angeles nell'immediato dopoguerra. E dopo aver sconfitto agenti del Kgb, psicopatici, megalomani, chi sarà la nemesi di James Bond in Tomorrow never diesi Nel numero 19 della serie, in uscita a Natale, il più famoso agente segreto di Sua Maestà userà la licenza di uccidere per neutralizzare un magnate dell'editoria (Jonathan Pryce) che per aumentare la circolazione dei suoi giornali e l'audience delle sue reti non esita a portare Cina e Gran Bretagna sull'orlo di una guerra. Non è la prima volta che Hollywood presenta i media con una luce negativa. Già nel lontano 1931, in Five Star Final Boris Karloff è un giornalista che per scrivere il suo pezzo non esita a rubare. In Quarto potere Orson Welles denuncia le concentrazioni editoriali come uno dei pericoli più gravi per la sopravvivenza di una democrazia. E in L'asso nella manica di Billy Wilder, Kirk Douglas è tutt'altro che un eroe alla Bernstein & Woodward. Ma il reporter del cine¬ ma è quasi sempre una figura positiva, un uomo che fuma e beve in abbondanza ma riesce eroicamente a sconfiggere le macchinazioni dei Poteri Forti. Come James Cagney, Humphrey Bogart, Edward G. Robinson, James Stewart, che hanno tutti rappresentato prima e dopo la guerra figure di giornalisti o piccoli editori che lottano per salvare un poveraccio accusato ingiustamente o un piccolo giornale di provincia in lotta contro i soprusi dei potenti. E che cosa fa Superman quando è semplicemente Mr. Clark Kent? Il giornalista. I rappresentanti dei media escono bene anche da due film del dopo-Watergate, Un anno vissuto pericolosamente, sul tentato golpe contro Sukarno nel 1965, e Urla del silenzio, la storia del giornalista Sidney Schanberg tra i campi di sterminio della Cambogia dei khmer rossi. Ma in Diritto di cronaca le bugie di un giornalista rovinano la vita di un uomo innocente. In Dentro la notizia e in Cronisti d'assalto i reporter diventano caricature di se stessi. InAssassini nati non si capisce poi chi è più moralmente ripugnante: i due assassini che uccidono per piacere, o il giornalista tv alla ricerca dello scoop che li ritrae come eroi? Come nella società, anche nel cinema l'immagine del giornalismo ha subito in un ventennio una svolta radicale. «Dopo il Watergate, i giornalisti hanno iniziato a prendersi troppo sul serio», sentenzia Pauline Kael, la voce più ascoltata della critica cinematografica americana. «I giornalisti del cinema sono spesso villani, cinici e inaffidabili», aggiunge Tom Goldstein, preside della Scuola di Giornalismo della Columbia University. «Ma questi sono solo alcuni dei tratti che molti di loro presentano nella vita vera. E così, sempre più spesso, i giornalisti diventano figure deplorevoli». Diventano, agli ocelli di Hollywood, i cattivi di turno. Lorenzo Soria In «Mad City» la storia di un reporter che baratta la vita dei bambini con un 'intervista al loro sequestratore Dopo i personaggi positivi interpretati da Bogart, Stewart, Cagney, un duro atto di accusa contro i media OOD isti a Nell'immagine grande Dustin HoffmanSopra l'attore è con Robert Redford in una scena del film «Tutti gluomini depresidente»sullo scandalo Watergate Nell'immagine grande Dustin Hoffman. Sopra l'attore è con Robert Redford in una scena del film «Tutti gli uomini del presidente», sullo scandalo Watergate

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