Una pista porta all'Anonima sarda

LA STRATEGIA LA STRATEGIA DOPO LO SMACCO Una pista porta all'Anonima sarda L'agente ucciso: sotto torchio per ore un isolano CROMA ONTINUANO le ricerche nella campagna al confine tra il Lazio e l'Abruzzo, continuano gli interrogatori, si attendono gli esiti delle perizie ordinate dal magistrato: l'autopsia sul corpo di Samuele Donatoni, l'analisi balistica sul calibro e la traiettoria dei proiettili che hanno ucciso l'ispettore dei Nocs. Il lavoro degli investigatori, dopo lo smacco di venerdì sera, prosegue senza sosta, e in silenzio. Un silenzio che mai è stato blindato come in questo caso. Anche la voce diffusasi ieri sera sul fermo di una persona non ha trovato alcun serio riscontro, e dunque solo indiscrezioni senza conferma parlano di un sardo torchiato a lungo dagli investigatori, ma che alla fine sarebbe riuscito a dimostrare il suo alibi per la sera del fallito blitz. Solo un colpo d'ala investigativo, adesso, può ribaltare la sconfitta dell'altra sera, assicurare l'incolumità e la liberazione di Giuseppe Soffiantini, far catturare i suoi rapitori e gli assassini dell'ispettore Donatoni. E le possibilità di successo dipendono, in queste ore, anche dal grado di impermeabilità e riservatezza dell'indagine e della caccia all'uomo cominciata più di quarantott'ore fa. Ovvio, quindi, che in queste ore nessuno voglia approfondire i contrasti che pure ci sono stati tra polizia e magistratura prima di decidere l'agguato ai rapitori. E nemmeno ci si dilunga sulla ricostruzione di ciò che è realmente accaduto alle 22,30 di venerdì 17, al bivio della via Tiburtina per Riofreddo. La cronaca di quelle ore è ancora incompleta e imprecisa, ma la risposta che si ottiene da chi tiene i fili dell'inchiesta è solo che ogni particolare può pregiudicare l'inseguimento favorendo gli inseguiti. Gli ulteriori particolari che filtrano a fatica sono a loro volta imprecisi e non confermati. C'è chi ipotizza che gli uomini dei Nocs siano stati colti di sorpresa dal fatto che i rapitori si sono presentati all'appuntamento a piedi - per di più spuntando da una macchia apparentemente impenetrabile - anziché in auto. Questo avrebbe reso inadeguata la sistemazione dei poliziotti sul territorio, o comunque costituto un fattore sorpresa che s'è rivelato fatale. Altra ipotesi che qualcuno trasforma in certezza e qualcun altro scarta: uno o entrambi i banditi sarebbero feriti. Altrimenti non avrebbero lasciato il mitra sul «campo di battaglia», si dice. Ma potrebbero esserci altre ragioni, visto che l'arma difficilmente porterà a chissà quali conclusioni, se è vero che il numero di matricola è stato ritualmente cancellato. Tutti gli indizi di cui si ha notizia - c'è perfino chi racconta di un guanto insanguinato ritrovato in un'area di servizio dell'autostrada RomaL'Aquila - sono vaghi, e soprattutto è incerta la loro stessa esistenza. La pista imboccata per risalire ai rapitori, attraverso le indagini con dotte in questi quattro mesi di se questro e da ciò che polizia e magi stratura sono riusciti a raccogliere dopo il blitz fallito, sarebbe quella di una banda sarda. Tra i possibili componenti è stato fatto (non da clù indaga) il nome di Giovanni Farina, uno dei capi storici della vecchia Anonima sequestri, latitante dal 1996, già arrestato per un paio di rapimenti e mai rientrato da una licenza premio. Sarda sarebbe pure la persona interrogata a lungo ieri, e in Sardegna Soffiantini s'era affacciato in passato con la sua attività di imprenditore tessile. Anche pochi giorni prima del sequestro era stato sull'isola, dove aveva promosso una cooperativa in provin- eia di Nuoro. La teoria investigativa - anche se in vicende come queste è difficile attenersi a regole generali che non siano quelle tipiche di ogni indagine - dice che in casi simili bisogna aspettare che i rapitori ristabiliscano un contatto con la famiglia del rapito. Certo, la risposta cruenta dell'altra notte e il fatto che sui sequestratori pesi adesso pure un omicidio, rende le cose più difficili. Ma è anche probabile che al di là di quel pochissimo che viene diffuso, dalla sera di venerdì gli investigatori abbiano in mano qualche elemento in più per risalire ad esecutori e «menti» del sequestro. Nel 1989, quando ci fu il conflitto a fuoco vicmo Roma tra i Nocs e i rapitori di Dante Belardinelli (episodio con molte analogie con i fatti di venerdì), pochi giorni dopo la polizia arrivò alla liberazione dell'ostaggio. In quel caso però, due banditi rimasero uccisi e altri due feriti. Quei corpi raccolti dall'asfalto - Bernardino Olzai e Giovanni Floris morirono, Diego Olzai e Croce Simonetta riuscirono a salvarsi - erano molto più che quattro tracce. I loro nomi, la loro provenienza (tre sardi e un siciliano), la loro storia di pregiudicati aprirono piste e confermarono inidizi che in pochi giorni portarono alla soluzione del caso. Per il sequestro Soffiantini e l'omicidio Donatoni gli elementi non sono così chiari, ma le indagini non sono cominciate tre giorni fa. Risalgono al giorno successivo al rapimento, e la speranza segreta di chi in queste ore lavora a tempo pieno e in silenzio è che presto possano dare risultati. Giovanni Bianconi L'ispettore dei Nocs Samuele Donatoni (in alto) durante una esercitazione di routine al poligono di tiro L'INDUSTRIA DEI RAPIMENTI NUMERO DEI RAPITI DAL 1969 669 OSTAGGI IN MANO Al BANDITI 2 (Giuseppe Soffiantini e Silvia Melis) "OSTAGGI ANCORA RICERCATI 4 (Pasquale Malgen. Adolfo Cartisano. Paolo Ruiu e Giovanna Lichen) ~ ANNI BOOM DEI SEQUESTRÌ 1977 (75) e 1979 (59) LEGGE SEQUESTRO DEI BENI 15 MARZO 1991 ANNI NOVANTA 7 (1992); 9 (1993) 5 (1994); 2 (1995) 1 (1996) e 2 (1997) LE REGIONI PIÙ' COLPITE LOMBARDIA (156 sequestri) CALABRIA (128) SARDEGNA (107)

Luoghi citati: Abruzzo, Calabria, Lazio, Lombardia, Nuoro, Riofreddo, Roma, Sardegna