«Rapitori dateci un segnale» Brescia, ore d'angoscia a casa Soffiantini di Paolo Colonnello

Dopo il blitz Mito in Abruzzo, i figli dell'imprenditore sequestrato lanciano un nuovo appello Dopo il blitz Mito in Abruzzo, i figli dell'imprenditore sequestrato lanciano un nuovo appello «Rapitori, dateci un segnale» Brescia, ore d'angoscia a casa Soffiantini BRESCIA DAL NOSTRO INVIATO E adesso? «Adesso non ci resta che aspettare, questi per noi sono momenti terribili». C'è ancora speranza per il rilascio di suo padre? «Noi speriamo solo che le prossime ore possano essere decisive. Quindi la prego, ogni parola rischia di essere di troppo». Giordano Soffiantini, 40 anni, secondogenito di Giuseppe, alle 13,30 lascia la villa dei genitori a Manerbio, dove si è recato per portare un po' di conforto alla madre. Telecamere e giornalisti han tolto l'assedio e la villa, dove il 17 giugno tre banditi mascherati fecero irruzione per sequestrare l'industriale tessile, è ripiombata nel silenzio di un'angosciante attesa. Mentre in città, a Brescia, magistrati e investigatori continuano a lavorare febbrilmente, senza lasciare trapelare alcunché. Tutti, non solo la famiglia Soffiantini, si attendono sviluppi da un momento all'altro. E anche il presidente del Consiglio Prodi aspet- ta notizie: da Singapore si tiene in contatto con il ministro Napolitano. Nella notte tra sabato e domenica si sarebbero svolti degli interrogatori, e si sparge la voce che in giornata qualcuno possa essere stato fermato. Ma non arriva nessuna conferma. Così come nulla si sa sulla fine che avrebbe fatto l'intermediatore scelto dalla famiglia per l'appuntamento con i banditi in Abruzzo, bloccato sulla strada, probabilmente già vicino a Brescia, e sostituito con un agente dei Nocs all'insaputa dei Soffiantini. Una sola cosa è certa: dopo il blitz fallito, gli inquirenti sono convinti di avere imboccato una pista sicura che porterebbe a una frangia particolarmente feroce deU'«Anonima sarda». Il procuratore della Repubblica, Giuseppe Tarquini, verso le quattro del pomeriggio varca la soglia di palazzo di giustizia, ma rifiuta di aprire bocca. L'eco delle polemiche sul fallimento dell'operazione di venerdì sera, qui, in questo scampolo di campagna bresciana, fuori dall'uscio di villa Soffiantini, arriva smorzato. Ma arriva: «Ho letto i giornali, è venuto fuori un gran pieno», sospira Giordano. «Ma noi non voghamo aggiungere niente, si tratta della vita di nostro padre». Cosa ne pensa della legge sul blocco dei beni dei sequestrati? «Mi spiace, vorrei dire tante cose, ma proprio questo è uno dei punti chiave del problema, anche una nostra considerazione sulla validità o meno di questa legge potrebbe pregiudicare le trattative. Domani (oggi, ndr) forse faremo un appello pubblico ai rapitori. Ma adesso non chiedeteci altro». Giordano Soffiantini accenna un sorriso malinconico e risale sull'auto in compagnia del figlioletto per tornare nella sua casa. L'altro fratello, Carlo, è andato a Roma per incontrare e ringraziare la vedova di Samuele Donatoni, il poliziotto dei Nocs rimasto ucciso. Mentre la madre, Adelina, rimane con la domestica nella villa ad aspettare, in bilico tra speranza e paura. Nel terrore che la sparatoria di venerdì sera possa aver pregiudicato definitivamente la vita del loro congiunto. Un'operazione i cui contorni verranno forse chiariti quando, in un modo o nell'altro, Giuseppe Soffiantini tornerà a casa. Il gruppo di sequestratori assassini ha dimostrato di essere non solo pronto a tutto, ma efficacemente organizzato. Tra i particolari che trapelano qua e là dalle strettissime maghe del segreto istruttorio, si è saputo ad esempio che l'avvertimento di non far immischiare la polizia nelle trattative e nei contatti, seguito da un messaggio di pura arroganza («venite pure con la polizia, che ci divertiremo»), venne recapitato i primi di settembre nella sede di un'azienda di Roma che aveva rapporti commerciali con la «Confezioni Manerbiesi», la società tessile dei Soffiantini. Il che dimostra che la banda non solo ò informatissima sul patrimonio dell'imprenditore ma anche sulla sua attività professionale. Infine, si muove con scaltrezza rispetto all'attività degli investigatori. Dunque può contare su un «basista» di notevole esperienza, in grado di conoscere con buona approssimazione le mosse degli inquirenti e che, probabilmente, quando questa storia sarà finita, si rivelerà un'insospettabile. Ribadisce il legale della famiglia, Giuseppe Frigo, che esiste «la ferma determinazione della famiglia di continuare a far tutto ciò che può per ottenere la liberazione di Giuseppe Soffiantini». Secondo l'avvocato «si deve rivendicare il loro diritto a fare tutto il possibile: è come se ci fosso ima persona attaccata a una corda che da un momento all'altro può cadere nel vuoto. Perciò è naturale che ci possano essere divergenze oggettive con quelli che sono gli obiettivi di polizia e magistratura. Loro hanno il dovere di far rispettare la legge, la famiglia ha il diritto di tentare il possibile per salvare l'ostaggio». Paolo Colonnello Giuseppe Soffiantini l'imprenditore di Brescia da quattro mesi nelle mani dell'anonima