Si gioca alla Camera il torneo dei narcisi di Filippo Ceccarelli

Si gioca alla Camera il torneo dei narcisi IL PALAZZO Si gioca alla Camera il torneo dei narcisi A insomma: , è la politica che si tira appresso i narcisisti, oppure è il narcisismo che attrae i politici? Per quanto incongruo ed estremo come interrogativo, chissà cosa avrebbe risposto il professor Nacke che circa un secolo fa coniò il fortunato termine basandosi, secondo un dizionario di psicanalisi, «su di una correlazione di Havelock Ellis tra il mito greco di Narciso e un caso di perversione autoerotica maschile». Comunque mai come nella crisi più pazzoide del mondo sono fioccate tante accuse di narcisismo. Ne ha fatto le spese soprattutto il povero Bertinotti per il quale, mentre infuriavano le polemiche, qualche spirito particolarmente brillante ha perfino evocato la sotto-categoria narcisistica «anale» come possibile spiegazione dei suoi comportamenti politici. Invano il segretario rifondatore ha tentato di opporsi a questa «psicanalisi d'accatto». «Narcisista» hanno seguitato a qualificarlo pure dai giornali - altri luoghi notoriamente immuni da sindrome narcisistica - additando smorfiette televisive, gite nel Chiapas, cachemire e vezzosi astucci portaocchiali. «Narcisista», quindi, e basta. L'unica via d'uscita, a quel punto, di fronte a una tale gragnola di diagnosi selvagge ad personam, è stata individuata dalla ministra Finocchiaro e dal verde Manconi che caritatevolmente hanno allargato il campo, parlando la prima di «egotismo dei leader», al plurale; e il secondo di un certo numero di «ego ipersviluppati» equamente responsabili dell'incresciosa situazione di crisi e dei suoi tortuosi sviluppi. Ai quali, del resto - e a parziale consolazione di Bertinotti - non sarebbero stati estranei gli opposti narcisismi del Polo: «La vanità e l'ego - secondo il Foglio - di alcuni Ganimedi e Menadi da Transatlantico». La cui già ardua identificazione, tuttavia, è del tutto secondaria rispetto a questa specie di deriva psichiatrica che finisce sfacciatamente per disossare la politica in nome di supposte pulsioni personali, intime, addirittura inconsce (dei nemici). Quel che colpisce, semmai, e va sottolineato è la necessità di reperire insulti, offese, insolenze e provocazioni all'altezza dei tempi. Da questo punto di vista «narcisista» è perfetto perché oltre a essere moderno, fulminante, moralistico e personalizzato, risulta assai più che plausibile. Chi, infatti, tra i leader non è o almeno non appare come un mostro di narcisismo? Vero è che Bertinotti, addirittura trionfatore in un sondaggio di Anna come il più vanitoso tra i politici, risulta sotto osservazione almeno dall'ottobre 1995, da quando cioè, vistolo in tv minacciare la solita crisi, il ministro Ossicini si recò dal presidente Dini e: «Ti parlo da psichia-. tra: quell'uomo è molto turbato. Secondo me c'è uno spiraglio». E spiraglio fu. Ma a parte gli spiragli, a Montecitorio si potrebbero organizzare i campionati nazionali di narcisismo. Basti pensare al Berlusconi (anche lui periodicamente sottoposto a temibili analisi a distanza) che parla come Gesù, al D'Alema che vanta i suoi «capolavori» politici e gastronomici, al Bossi che si lascia idolatrare, quindi a Sgarbi, Pannella, Orlando, Pivetti, Rutelli, fino ad Andreatta che sportivamente ha giudicato il proprio narcisismo «non inferiore a quello di Buttiglione». Così tanti, i narcisi del potere, e in fondo così uguali, da far sospettare una generale costrizione, uno storcimento personale, un prezzo che devono pagare a onesta politica di suggestioni coatte e senz'anima. Filippo Ceccarelli sili |