PANE AL PANE Ma l'unica verità sta nelle indagini

Ma Vunica verità sta nelle indagini PANEALPANE Ma Vunica verità sta nelle indagini EMPO fa, davanti all'allarme per il numero esorbitante dei «pentiti» di mafia, avevo ipotizzato per paradosso che la mafia avesse adottato la collaborazione come strategia generalizzata. Tutti pentiti, tutti in libertà, salvo i pochi irriducibili e i carcerati, ridotti alla funzione di capri espiatori. E dal momento che è difficile rifarsi una vita, trovare lavoro nonostante le sbandierate promesse della flessibilità, tutti restituiti alla pratica mafiosa. Approfittando dei sussidi dello Stato e della distrazione dei suoi uomini nel programma di protezione. A sentire le notizie che arrivano da quel fronte, poco manca che la realtà non confermi gli azzardi della fantasia. Siamo ben al di là dell'impressionante serie di reati compiuti negli ultimi sei mesi da 45 collaboratori di giustizia. Apprendiamo infatti che uno dei pezzi da novanta del pentitismo, il già famigerato Balduccio Di Maggio, si è servito della sua possibilità di movimenti per imbastire una sanguinosa resa di conti nel paese natale di San Giuseppe Jato (e dopo di lui sono stati arrestati il padre e il nonno del ragazzino disciolto nell'acido che suscitò baiata commozione). Lo scarto criminoso non sarebbe tuttavia l'espressione di un istinto : rjgrvicace, di una maligna insorgenza del sangue, ma rientrebbe «in un piano sofisticatissimo» diretto a ristabilire un nuovo ordine mafioso. Il nostro uomo sarebbe al servizio di «una mente particolarmente intelligente che si muove anche a livello di crimine internazionale». Sono le parole meditate di un procuratore di Palermo e non le deduzioni di un cronista allo sbando. Trascuriamo per una volta il discorso sull'attendibilità delle informazioni fornite da malavitosi più o meno eoe renti, che dovrebbero comunque essere confortate da severi riscontri fattuali. Ma chiunque è in grado di farsi qualche opinione in base a ciò che legge e sente. In primo luogo la mafia, contro la più accreditata tradizione, si rivela capace quanto meno di perdonare i traditori. Proprio in quanto riescono a sfuggire alla «protezione» dello Stato per compiere le loro malefatte, si espongono a vendette che soltanto in piccola misura si sono verificate: perché appartengono a una mafia marginale e residuale che lascia indifferenti i nuovi poteri, o perché sono da questi arruolati e arruolabili. Alla cosiddetta mafia vincente viene peraltro attribuita dagli inquirenti una strategia diversa, più «politica» e morbida, insensibile agli effetti speciali, terroristici e granguignoleschi. Sarebbe la linea, concordata con gli alleati «americani», del superlatitante Bernardo Provenzano. Sarebbero cioè accantonati i metodi che portarono alle stragi di Capaci e via D'Amelio, agli attentati dinamitardi di Roma, Firenze, Milano. Questo allora, e non soltanto l'azione più incisiva della polizia e della magistratura, spiegherebbe il relativo contenimento di azioni sanguinose. Il quadro che se ne ricava è intricatissimo, e si riesce malamente a distinguere fin dove arrivi l'immaginazione della mafia e quella dei suoi , vari interpreti. Il timore è che la situazione, così malcerta e illusiva, possa sfuggire di mano. Sembra di primaria importanza, per controllarla, toccare terra, muoversi su una maggiore solidità legislativa e operativa. Approvando alla svelta, per intanto, una nuova legge sui collaboratori che li inchiodi alle loro responsabilità di parole e di atti, che non gli spalanchi affrettatamente le porte del carcere, che non garantisca una totale impunità agli autori di delitti esecrabili. Ma si spera anche in più forti iniziative nel campo dell'intelligence e della repressione che consentano di uscire dalla maledetta emergenza, di sostituire all'immagine del mafioso redento o irredento quella più rassicurante del poliziotto o del carabiniere. A questi, salvo lo stretto indispensabile, preferiremmo essere affidati. Lorenzo Mondo do |

Persone citate: Bernardo Provenzano, Di Maggio, Lorenzo Mondo

Luoghi citati: Capaci, Firenze, Milano, Roma, San Giuseppe Jato