Cronaca di un blitz tradito dalla luna di Giovanni Bianconi

Cronaca di un blitz tradito dalla luna Cronaca di un blitz tradito dalla luna Così è fallita la cattura della banda dei rapitori UUA NOTTE PARSOLI (L'Aquila) DAL NOSTRO INVIATO L'altra notte c'era la luna. Quasi piena, e forse è una delle cause della morte di Samuele Donatoni, l'ispettore dei Nocs ammazzato mentre tentava di catturare una banda di sequestratori. Sotto il sole, adesso, la striscia di sangue che imbratta il guard-rail è quel che resta del povero poliziotto trafitto da una raffica di kalashnikov che l'ha colpito sotto l'ascella destra, uno dei pochi punti non protetti dal giubbotto anti-proiettile. Poco più in là, abbandonata a terra, la bottiglietta di flebo che hanno tentato di iniettare a Donatoni mentre ancora speravano di salvarlo. E poi una garza intrisa di sangue e di terra, e la striscia d'erba schiacciata sulla quale l'ispettore è scivolato giù, nella scarpata, e poi l'hanno trascinato su, prima di caricarlo in macchina e correre inutilmente verso l'ospedale più vicino. Adesso c'è il sole, ma sul prato e nella boscaglia ecco i resti delle fiaccole che, dopo la sparatoria, hanno illuminato la scena di un delitto ancora non chiarito in tutti i suoi aspetti, il teatro di un'operazione di polizia andata male, tuttora coperta da silenzi, imbarazzi, segreti istruttori e segrete speranze di acciuffare gli assassini. Un'operazione fallita anche se studiata a lungo, decisa a tavolino dopo qualche attrito tra investigatori e inquirenti su come e quando intervenire. Alla fine, comunque, l'ordine della Procura di Brescia è partito, ed eccoci a raccontare la cronaca - per quanto è possibile ricostruirla in momenti convulsi come questi - di come e perché un poliziotto è stato ammazzato, e i sequestratori di Giuseppe Soffiantini siano diventati anche gli assassini di Samuele Donatoni, ancora in fuga. L'ultimo contatto tra i rapitori e la famiglia dell'ostaggio, intercettato dalla polizia, conteneva le istruzioni per il pagamento del riscatto. Non era la prima volta, in passato la banda aveva avuto sentore di sbirri e agli appuntamenti nessuno s'era fatto vivo. L'ordine per la consegna dei soldi (una decina di miliardi, si dice) era di procedere da nord verso sud lungo la via Tiburtina, ma il punto di partenza era più su di Roma, in tutto circa 200 chilometri. Alla vista di un segnale luminoso di pericolo, prima dello svincolo per l'autostrada Roma-L'Aquila, l'emissario doveva fermarsi, de¬ positare la borsa coi soldi alla base di un pilone della luce, nella macchia, e andarsene. Ma il trucco c'era anche stavolta. Gli investigatori sono intervenuti all'inizio della manovra, e un poliziotto ha sostituito l'emissario, è salito in macchina e ha percorso il tragitto indicato dai rapitori. Nella borsa che aveva con sé non c'erano le banconote del riscatto, ma carta di giornale. Giunto sulla Tiburtina intorno alle 22,30, all'incrocio con Riofreddo - deserto a quell'ora, e senza alcuna iUuminazione a parte la luna - il poliziotto ha visto il segale luminoso, ha fermato l'auto, preso la valigetta, attraversato la strada, scavalcato il guard-rail e depositato il finto riscatto tra i cespugli, alla base del pilone. Eseguito il suo compito, il poliziottofalso emissario è risalito sull'auto e s'è allontanato. Non era Donatoni. L'ispettore dei Nocs era appostato nella zona, come un'altra ventina di suoi colleghi, ma lui era forse il più vicino al luogo dove i rapitori dovevano ritirare il riscatto. Stava sdraiato a terra, al di là del guardrail, nascosto tra il ferro e gli sterpi, a pochi passi dalla scarpata e dalla boscaglia. Dietro di lui, altri due uomini dei reparti speciali, armati di fucili potenti e di precisione. Dopo che l'auto è ripartita i rapitori - due, secondo le testimonianze raccolte - sono sbucati da sotto, dalla boscaglia, per raggiungere la borsa. E' a questo punto che doveva scattare la trappola: i Nocs avevano il compito di stringere il cerchio intorno ai banditi e bloccarli. Invece è successo qualcosa che ancora non si sa con certezza: forse (anche per il chiarore della luna) i sequestratori hanno visto la sagoma del poliziotto, o il luccichio di un'arma, o hanno sentito un rumore. O forse Donatoni ha dato troppo presto il segnale d'intervento. I banditi hanno sparato contro quella figura con le braccia protese in avanti: una raffica, due, tre. Donatoni è stato colpito sotto il braccio, una pallottola gli ha trafitto il torace, è precipitato nella boscaglia. Il poliziotto che era dietro di lui ha risposto al fuoco, ma gli assassini si sono immediatamente rituffati nella boscaglia che evidentemente conoscevano a menadito e dove avevano già predisposto la via di fuga. Dai luoghi dov'erano nascosti sono sbucati gli altri poliziotti, hanno sparato anche loro, un minuto di grida e di esplosioni nel quale però i rapitori sono riusciti a scappare. I posti di blocco predisposti - qualcuno anche dei carabinieri - sono stati allertati, ma senza esito. Una possibilità è che dalla boscaglia i banditi possano aver raggiunto strade laterali, fino all'autostrada. Ma è un'ipotesi, una delle tante. Una certezza, invece, è il kalashnikov abbandonato sul luogo della sparatoria. Potrebbero averlo lasciato lì perché chi l'imbracciava è rimasto ferito, magari lievemente; oppure potrebbero averlo gettato per evitare di farselo trovare in macchina, ad eventuali controlli. C'è dunque l'arma del delitto (la certezza però si avrà solo con l'autopsia), c'è il congegno del segnale luminoso utilizzato per far fermare l'auto dell'emissario. E ci sono le innumerevoli vie di fuga che i banditi potrebbero aver imboccato. Sotto la luna il tentativo d'inseguimento è andato a vuoto anche perché s'è tentato di soccorrere Donatoni, che era precipitato diversi metri sotto il livello della strada; l'hanno riportato su a braccia, i primi interventi d'emergenza, poi la corsa verso l'ospedale di Avezzano, mentre da Brescia e Roma già arrivavano le polemiche sul fallito blitz. iTn fallimento annunciato, dice chi ricorda pli avvertimenti dei rapitori alla famiglia Soffiantini di tenere lontani gli sbirri, ma è anche vero che nessun bandito va ad ingaggiare un conflitto a fuoco con la polizia se è sicuro della trappola; non si sarebbero mossi, come le altre volte. Sotto il sole e sotto il piccolo cimitero che sovrasta lo svincolo della morte, i rilievi della Scientifica continuano. Anche i vigili del fuoco scendono nella macchia con roncole e corde: tutti cercano una traccia, possibilmente decisiva, che ancora non si trova. Giovanni Bianconi I sequestrato, l'industriale bresciano Giuseppe Soffiantini Per lui si parla di un riscatto di una decina di miliardi

Persone citate: Donatoni, Giuseppe Soffiantini, Samuele Donatoni, Soffiantini

Luoghi citati: Brescia, L'aquila, Riofreddo, Roma