L'universo di Dante visto dal geometra Nella «Divina commedia» il cosmo è concepito come una ipersfera

L'universo di Dante visto dal geometra L'universo di Dante visto dal geometra Nella «Divina Commedia» il cosmo è concepito come una ipersfera IL «Paradiso» dantesco è anche il racconto di un viaggio attraverso un mondo tolemaico con una rigida struttura geometrica, che vede la Tena al centro di 9 sfere concentriche crescenti: i cieli della Luna, di Mercurio, di Venere, del Sole, di Marte, di Giove, di Saturno, delle Stelle Fisse e del Primo Mobile o Cristallino. Quest'ultimo, che «non ha altro dove che la mente divina» (XXVII, 109-110), ad un tempo racchiude l'universo sensibile e ne è al di fuori. Oltre il Primo Mobile è il cielo empireo, raffigurato come una simmetrica serie di 9 sfere concentriche decrescenti, che sono le sedi di Angeli, Arcangeli, Principati, Potestadi, Virtù, Dominazioni, Troni, Cherubini e Serafini, ed il cui centro è un punto di luce abbagliante che rappresenta Dio (XXVIII, 16-18). L'universo dantesco si compone dunque di due (serie di) sfere distinte, una sensibile e l'altra celeste, i cui centri sono rispettivamer+e la Tena e Dio. Dante è però turbato da una mancanza di simmetria: le sfere dell'universo sensibile sono infatti tanto più perfette quanto più si allontanano dal centro terrestre, mentre quelle dell'universo celeste diventano tanto più perfette quanto più si avvicinano al centro divino. E la difficoltà non è certo risolta dalla misteriosa spiegazione di Beatrice, secondo cui l'ordine inverso delle sfere spirituali è solo apparente, e il centro divino è in realtà la sfera maggiore. Non meno problematico pare il fatto che gli universi sensibile e celeste stiano dentro due sfere (il Primo Mobile e il cielo degli Angeli) che sono fra loro disgiunte: per poter esaurire l'intero spazio esse dovrebbero infatti avere la superficie in comune, e quindi esserne una dentro e l'altra fuori. Per capire che diavolo succe¬ da nel divino universo dantesco è bene fare un passo indietro e tornare coi piedi per tena. Se si potesse vedere l'emisfero meridionale dal Polo Sud, l'immagine che se ne avrebbe sarebbe quella di una seiie di cerchi concentrici (i paralleli), che si ingrandiscono fino a raggiungere un massimo (l'equatore). Recandosi all'equatore e guardando l'emisfero settentrionale, si vedrebbe una situazione opposta: una serie di cerchi concentrici che diminuiscono, fino a raggiungere un punto (il Polo Nord). La Tena si può dunque effettivamente rappresentare mediante due (serie di) cerchi, che si devono immaginare come aventi la circonferenza dell'equatore in comune: anzi, questo si fa spesso nelle rappresentazioni cartografiche della Tena, anche se in genere i due cerchi si riferiscono non agli emisferi Nord e Sud ma al vecchio e nuovo mondo. L'universo dantesco è una rappresentazione analoga: i cerchi concentrici diventano sfere concentriche, le coincidenti circonferenze dei cerchi massimi diventano le coincidenti superfici delle sfere massime, e la sfera che rappresenta la Tena diventa una ipersfera che rappresenta l'universo. Il motivo per cui non possiamo immaginarci l'ipersfera è che sarebbe necessaria una dimensione in più: come per poter vedere il globo terrestre senza limitarsi alle due serie di cerchi si deve usare lo spazio tridimensionale, per poter vedere l'ipersfera senza limitarsi alle due serie di sfere si dovrebbe usare uno spazio quadridimensionale, che però è fuori della portata dei nostri sensi. Bimane da chiarire che cosa volesse dire Beatrice nella sua spiegazione, e come sia possibile che Dio appaia «inchiuso da quel ch'elli 'nchiude» (XXX, 12). Anche qui basterà considerare il globo tenestre: se esso fosse un Una illustrazione del Dorè per la «Divina Commedia» di Dante Alighieri fiore con lo stelo nel Polo Sud, ad esempio una «candida rosa» (XXXI, 1 ), al suo dispiegarsi i paralleli diventerebbero cerchi via via più grandi a mano a mano che si avvicinano al Polo Nord; e il polo stesso diventerebbe non solo un intero cerchio, ma il più grande di tutti. Analogamente, se l'ipersfera dantesca potesse dispiegarsi nello spazio a quattro dimensioni, il punto divino diventerebbe una sfera che rac chiuderebbe tutte le altre. E sorprendentemente, questo esattamente il modo in cui noi vediamo l'universo oggi, attraverso il telescopio: lo sferico fronte di espansione delle galas sie, che si trova alla distanza percorsa dalla luce dal momento del Big Bang, è in realtà l'immagine dispiegata di quel solo istante. L'universo si può dunque im maginare come una ipersfera ossia come una coppia di sfere in espansione con i centri uno nella Terra, e l'altro nel Big Bang. Il che assegna un significato parti colarmente concreto all'universo dantesco, il cui creatore viene in tal caso a coincidere per l'ap punto con l'istante della crea zione dell'universo, come ci si poteva d'altra parte attendere dal suo ruolo istituzionale. Piergiorgio Odifreddi Università di Torino

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