IL CONSIGLIO di Franca D'agostini

IL CONSIGLIÒ IL CONSIGLIÒ di Giuseppe Cassieri IL germanista Sossio Giametta, «critico satanico» di Nietzsche, dopo qualche decennio di traduzioni, esplorazioni e personali contributi alla conoscenza di una figura egemone, sembra voler chiudere il cerchio. Lo certificherebbe Erminio o della Fede. Dialogo con Nietzsche di un suo interprete (Ed. Spirali, pp. 245, L. 30.000). Una pièce a due voci di alto, ossessivo cimento. La cornice scenica è ridottissima. Nel cuore di una notte estiva Nietzsche s'introduce nella stanza di Giametta, che assume il nome di Erminio, si dichiara guarito dalla follia e dunque pronto a sostenere quella sorta di terzo grado che l'esegeta da tempo sta meditando. I temi toccati, o meglio «carotati», seguono il gioco dei tornanti, tra forti tagli di luce e ombre, muovendo dai sentimenti e risentimenti della creatura elementare (l'amicìzia, l'orgoglio, la modestia, l'ingiustizia...); si sale di quota affrontando l'eterno ritorno, la volontà di potenza, il mito del superuomo che il filosofopoeta continua a difendere e che Erminio demolisce; e si procede con moto accelerato alle verifiche più calde: la morte di dio, il caos, l'oltreumano, «la fede nella vita in sé e nella ragione come senso della vita». Il dialogo alla fine si rivela un implacabile corpo-a-corpo, privo di stacchi, di malizie drammaturgiche, di civetterie letterarie. Eppure capace di trascinare il lettore. Per sue virtù intrinseche. Nietzsche Nietzsche ASCINO», di Ugo Volli, appartiene a quel genere non molto frequentato di libri che perseguono la gentile e documentata distruzione del proprio oggetto, ovvero anche tentano di dimostrare l'estrema irrilevanza dell'argomento di cui trattano. L'operazione è meritoria, poiché in ultimo ciò rende possibile l'eliminazione ragionevole benché forse provvisoria - di parole, categorie, sistemi concettuali: ed è un procedimento di cui la lingua ha bisogno, per capirsi e per rinnovarsi. Termini come «seduzione», «fascino», «feticcio», forse anche «mito» (se non fosse che quest'ultimo è nobilitato da una grande tradizione di studi storici e concettuali, e a un certo punto è diventato il termine-guida di teorìe di tutto rispetto) sono stati le parole predilette di un'epoca in cui si prendeva la penna in mano per lo più allo scopo di ammaestrare le masse, smascherare le false coscienze, educare l'umanità: derivatamente e in accezione trasvalutata, hanno spadroneggiato anche nell'epoca subito successiva: quella in cui si operò lo smascheramento dello smascheraménto e fu con ogni solennità aperta l'era dei simulacri. bro è la nozione di «feticcio», che non soltanto designa il soggettooggetto della coppia seduzione/fascino, ma anche il cuore di un'intera e dettagliata ontologia che è ad avviso di Volli (e di di ri Non è detto che in futuro non sarà necessario riprendere in considerazione tali atteggiamenti, ma certo è che oggi tutta la problematica appare un po' stanca e stantia, e non mi sembra sia un fatto di mode culturali che vanno e se ne vengono, ma davvero un fatto concettuale, una inefficacia dell'elaborazione concettuale connessa a categorie di questo tipo. Un certo scoraggiamento, una tristezza di dejàvu, pervadono le pagine di1 Volli; bravo critico teatrale è prolifico autore di saggi concepiti al confine tra filosofia e sociologia della cultura (cfr. Apologia del silenzio imperfetto, del 1991, e Per il politeismo, 1992). Nel libro tutta la famiglia di concetti collegata al fascino viene passata in esame, e si finisce per coinvolgere l'intero ambito di quella socio-psico-antropo-ontologia alla Bataille che è lo sfondo privilegiato di riferimento di autori come Jean Baudrillard. Da fascino si passa a seduzione, idolatria, sacrificio e superstizione, reificazione e merce: il centro tematico del li- bro è la nozione di «feticcio», che non soltanto designa il soggettooggetto della coppia seduzione/fascino, ma anche il cuore di un'intera e dettagliata ontologia che è ad avviso di Volli (e di diversi altri) lo spazio scenico su cui la contemporaneità postideologica allestisce le proprie figurazioni e simulazioni di vita. Tra le molte cose che Volli dice, si deve tenere conto, credo, di tre tesi: 1. l'ontologia del fascino si basa su una rigorosa speculante, per cui non è mai in gioco un solo potere, ma un vae-vieni, una reciprocità di poteri (si ricorderà il principio di Gorgia: sono più potente io, che mi lascio sedurre, che voglio essere sedotto, o tu chxrsei il tramite strumentale della mia volontà di smarrimento?); 2. il supporto metafisico della seduzione è una «x» mdetenninata, indefinitamente sostituibile: dotato di fascino può essere un gelato, o una ragazza che lo sorbisce, o una parte di gelato, o una parte di ragazza, o un'idea di ragazza, o un'ipotesi di gelato...; 3. l'esplicazione della potenza fascinatrice si determina come una specie di furia di identità, un «voler-essere-come»: «sii come me, dice il seduttore (o la merce seduttiva), perché io sono come te». Allora, sinteticamente, in ba- Ugo Volli, autore di «Fascino» Ormai tutti seducono tutti e nessuno è sedotto da nulla: un saggio dì fòlli se ai principi 1, 2, 3, l'ontologia della fascinazione è l'universo dell'identità esplosa, in cui tutto si rispecchia con tutto: «tutto incatenato, tutto intrecciato, tutto innamorato», scriveva Nietzsche ipotizzando un mondo in cui l'eterno ritorno e la volontà di potenza avessero buon diritto di esprimersi. Benissimo. Ma ha senso ancora parlare di «fascino» quando sembra sia evidente che tutti seducono tutti, e nessuno è realmente sedotto da nulla e nessuno? Ha senso parlare di fascino della cosa, dell'im¬ magine, del nome, della figura, del segno, del contrassegno, del codice a barre, del numero e dell'innumerevole, del reale e del virtuale, dell'empirico e dell'effimero, deU'infimo e del supremo, della cosa e del pensiero della cosa, della totalità e dell'articolazione singola... Non sarà meglio sbarazzarsi di questa categoria che per essere onniesplicativa è del tutto nulliesplicante? Il fatto è che, soyons justes, «fascino», «seduzione» ecc. sono termini così tipicamente ma¬ schili..., presuppongono cioè una visione sessuata della realtà, ma sessuata in un senso maschile, in cui si suppone dominante il potere del sesso, il sesso come potere. Qui si rivela la povertà esplicativa del concetto, e dello schema di pensiero che gli corrisponde: «fascino» non è più in grado di descrivere né cogliere le dinamiche di una esperienza della realtà che è ormai anche femminile, ed è dunque già altrove. Franca D'Agostini