Polo diviso sul «governissimo»

Il Cavaliere sponsorizza l'esecutivo del buonsenso: «Gianfranco? Mira al consenso elettorale» Il Cavaliere sponsorizza l'esecutivo del buonsenso: «Gianfranco? Mira al consenso elettorale» Polo diviso sul «governissimo» Apertura di Berlusconi. Ma Fini non applaude ROMA. Silvio Berlusconi sfoglia l'ultima cartella dattiloscritta del suo discorso, pronuncia con enfasi le parole sottolineate con il pennarello rosa e conclude così il suo discorso: «Sta a chi vinse le elezioni avanzare proposte per una nuova maggioranza. Oppure alzare le braccia in segno di resa e lasciare giudicare agli italiani una stagione che si chiude nel segno dell'impotenza!». Ma quella minaccia finale è un orpello. Il messaggio vero del discorso di Berlusconi è la proposta di un «governo per l'Europa», una grande coalizione per il dopo-Prodi, quella che il Cavaliere definirà più tardi «il governo del buonsenso». Un discorso che non è piaciuto per niente a Gianfranco Fini: mentre i deputati di Forza Italia, del ccd e del cdu applaudivano Berlusconi, i deputati di An sono restati con le braccia conserte. Fini scuote la testa e anche lui si guarda bene dall'applaudire Berlusconi. Fini confabula con Mirko Tremaglia e più tardi, a chi gli chiede quale sia stato il commento del leader di An, Tremaglia sorride: «Per correttezza non posso riferire...». E Fini come vede il governo del buonsenso? «Non ne abbiamo parlato prima», dice il capo di An in Transatlantico. E Berlusconi? In qualche modo conferma la divergenza: «Fini ha un atteggiamento sempre mirato al consenso elettorale. Io invece ho una responsabilità più ampia, basta vedere quante volte mi sono dimenticato di ci- tare Forza Italia...». Già da 2 giorni, il Polo aveva scelto di non tirare la corda, di non presentare mozioni di sfiducia, un compromesso che ha consentito di tenere unite le diverse anime del centro-destra. Una scelta moderata che però non è bastata per mascherare le divisioni che attraversano le viscere del Polo. Nell'ennesimo vertice mattutino in casa del Cavaliere, Fini, Berlusconi, Mastella e Buttiglione avevano deciso di limitarsi a chiedere le dimissioni di Prodi e a dichiarare la disponibilità a votare una Finanziaria diversa. Ma a fine mattinata Gianni Letta è salito al Quirinale e ne è rientrato quando il vertice del Polo si era sciolto. E Letta al suo rientro a palazzo Grazioli, avvistato un cronista, si era prodotto in uno scatto da velocista. Cosa si siano detti Letta e Scalfaro non è trapelato. Di certo Berlusconi, a differenza degli altri leader, è comparso nell'aula di Montecitorio pochi minuti prima dell'ora stabilita per il suo intervento. Come ha confidato ai suoi, Berlusconi teme una tattica al ralenti da parte del governo: l'eventuale approvazione della Finanziaria al Senato, dove l'Ulivo è autosufficiente e poi il passaggio alla Ca- mera, una scaletta che metterebbe con le spalle al muro il Polo, che si troverebbe «costretto» a dare i propri voti per «senso di responsabilità». Ma prima di Berlusconi, era intervenuto in aula Gianfranco Fini. Subito dopo il discorso di Prodi, il leader di An era andato a stringergli la mano e l'incipit furiano è stato proprio l'elogio del presidente del Consiglio. «Il suo - ha detto Fini rivolgendosi a Prodi - è stato un discorso di notevole dignità politica», anche se «un po' caramelloso». Una premessa gentile per invitare Prodi ad essere altrettanto dignitoso nel trarre le conseguenze dalla crisi politica: «Non chiuda gli occhi, non minimizzi la portata dello scontro» e dunque «signor presidente la invito a recarsi dal Capo dello Stato per rassegnare le dimissioni». E per il dopo-Prodi, Fini si è tenuto sulle generali, ha ribadito una generica disponibilità a votare per senso di responsabilità una Finanziaria per l'Europa, una Finanziaria «diversa da quella attuale». E invece Berlusconi ha scoperto tutte le sue carte: «Poiché non è realistica» la prospettiva elettorale, sia l'Ulivo «ad avanzare proposte». Da parte sua il Cavaliere annuncia nella solennità dell'aula parlamentare e della diretta tv la sua disponibilità «ad un nuovo esecutivo, capace di mettere a frutto per un tempo determinato le intese sulla riforma dello Stato sociale e della Costituzione». E proprio mentre lancia al pds la proposta di un governo assieme, Berlusconi pizzica a sorpresa e con particolare efficacia il suo amico D'Alema: «Sarebbe bello se anche l'onorevole D'Alema potesse oggi rivendicare nuove elezioni in coerenza con le sue parole di ieri - alludendo al "ribaltone" ma non è così perché la coerenza è tra le virtù più difficili...». E poi in Transatlantico un Berlusconi in vena si è lasciato andare: «Dopo le elezioni l'Ulivo dovrà fare i conti con Di Pietro e Bertinotti». Un cronista: Di Pietro dentro la maggioranza? E Berlusconi: «Dentro, dentro... in fondo è un tecnico...». Fabio Martini A fine mattinata Letta è salito al Quirinale ed è tornato solo quando il vertice del centrodestra a via del Plebiscito era ormai finito No comment ai cronisti Mistero sul colloquio avuto con Scalfaro A novembre disse «E' vero, sono un Ercolino sempre-in-piedi ma lui dondolava e io invece no» Qui sopra il presidente di Alleanza nazionale Gianfranco Fini A sinistra Rocco Buttiglione

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