Degas, il lunatico collezionista

Degas, il lunatico collezionista Una mostra a New York racconta per la prima volta la grande ossessione del pittore Degas, il lunatico collezionista Cinquemila opere accumulate in 30 anni NEW YORK mi E aveva 8 mila tra quadri, \\ acquerelli, disegni, acque1 forti. Tremila erano suoi e a ì 15 mila di El Greco, Ingres, Delacroix, Manet, Van Gogh, Cézanne e tanti altri, raccolti in più di 30 anni e custoditi gelosamente. Solo pochissimi amici sapevano di questa collezione segreta di Edgar Degas. Ma non tutti erano ammessi nella sua casamuseo di rue Victor Masse 37, al confine col quartiere di Montmartre. Si era trasferito qui nel 1897 con la vecchia governante Zoe Closier, che preparava per lui e pochi intimi cene frugali. «Maccheroni bolliti e insipidi vitelli è il meglio che ti possa capitare», ironizzava Paul Valéry e qualcun altro aggiungeva: «Non bussare mai alla sua porta, a meno che tu non abbia sotto il braccio un Ingres ancora inedito da vendergli». Lunatico, misogino e anche avaro, Degas passava la vita a dipingere, disegnare o accumulare le opere degli artisti, che amava. Quando aveva abbastanza soldi le comprava, spesso faceva cambio con altre dipinte da lui. E tutto finiva nella sua enorme casa. Erano tre piani affollati di mobili fatiscenti in stile Luigi Filippo, ereditati da casa sua, tappeti orientali, scaffali con scatole traboccanti di stampe, acqueforti e disegni, quadri accatastati in ogni angolo. Nel grande salone al primo piano aveva messo su una serie di cavalietti a semicerchio i quadri più importanti, tra cui Sant'Ildefonso e San Dominique di El Greco, i ritratti di Jean-Louis Leblanc e di sua moglie Francoise Poncelle di Ingres, L'appartamento del Conte di Mornay di Delacroix, Mademoiselle Henriette Henriot di Renoir, Don Chisciotte che legge di Daumier. In più, appese alle pareti c'erano opere di.Manet, Cézanne, Gauguin e Van Gogh. Nella sua camera, ai piedi del letto aveva sistemato La battaglia di Nancy di Delacroix e Lorenzo Pagans con Auguste De Gas, un quadro dipinto da lui stesso nel 1871, da cui non si separerà mai. L'ultimo piano, dove c'era il suo studio, era un vero caos. Una specie di foresta di tele, disegni la- sciati a metà, cavalietti di tutte le dimensioni, tra cui si faceva fatica a camminare. La mania di collezionare Degas l'aveva ereditata dal nonno Hilaire De Gas, un facoltoso banchiere, fuggito a Napoli durante la Rivoluzione Francese, che gli trasmetterà pure un vero amore per la capitale del Regno delle Due Sicilie. Lo testimoniano le due vedute del Vesuvio di Giuseppe De Nittis, che aprono la mostra dedicata al Degas-collezionista, al Metropolitan Museum, aperta al pubblico fino all'11 gennaio. Per la prima volta 250 delle sue opere, raccolte in tutto il mondo, raccontano i retroscena della sua vita, i rapporti con gli artisti suoi contemporanei, l'atmosfera della Parigi di fine secolo. I suoi miti erano Delacroix, che non conobbe mai, ed Ingres, che nel 1864 andò a visitare nel suo studio. «Guarda le linee e disegnane tante», gli disse il maestro, «sia a memoria, sia copiandole dalla natura. Ma non smettere mai». Degas gli diede ascolto. Da un lato si esercitava, dall'altro andava al¬ la ricerca ossessiva delle opere di Ingres. Riuscì a raccogliere venti quadri e 88 disegni, tra cui gli studi dell'Apoteosi di Omero, o quelli di braccia, gambe emani. «Setorno a vivere», diceva ispirandosi a queste opere, «voglio dipingere tutto in bianco e nero». Eppure il colore non smise mai di affascinarlo. Al punto che adorò Paul Gauguin, che diventò il suo protetto. I suoi contemporanei non lo consideravano nemmeno e lui, invece, nel 1893, convinse la galleria Durand-Ruel a dedicargli una mostra personale. Non si vendette nemmeno un quadro e lui gliene compro nove per finanziargli un viaggio a Tahiti. Ma non tutti godevano delle grazie dello scorbutico Degas. ToulouseLautrec, per esempio, era una vittima. Stranamente era geloso di lui, perché come lui dipingeva gli interni di teatro e le ballerine. Con Manet aveva un rapporto di amore-odio, a Renoir mandò indietro un quadro dopo una lite furibonda nel 1899, di Van Gogh non si sa cosa pensasse, ma comprò i suoi Girasoli e la Natura morta con frutta del 1887. Con Cézanne, invece, aveva una lunga consuetudine, che non sfociò mai in vera amicizia. Si vede- vano sempre al Café Guerbois negli Anni Sessanta e Settanta, ma il vecchio pittore parigino non aveva pazienza per il più giovane «pittore di campagna». Da parte sua Cézanne pensava che Degas non avesse un minimo di vitalità. Poco a poco, quindi, si allontanò da tutti. Grazie anche al suo antisemitismo, che sbandierò schierandosi contro Dreyfus. Quando morì, nel settembre del 1917, la sua straordinaria e misteriosa collezione fu subito venduta in otto aste organizzate dai suoi mercanti Durand Ruel e Ambroise Vollard, insieme agli eredi. A questi appuntamenti di inizio secolo accorsero i messaggeri dei grandi musei: Paul Leprieur per il Louvre, Durand Ruel per il Metropolitan, Charles Holmes per la National Gallery di Londra. E mentre i cannoni tedeschi nel 1918 bombardavano Parigi, nelle sale dalla casa d'aste i quadri della collezione Degas raggiungevano prezzi vertiginosi. Fiamma Arditi Era misogino e avaro: se aveva soldi comprava quadri, altrimenti li scambiava con quelli dipinti da lui Nella collezione quasi segreta tesori di El Greco e Ingres, Delacroix e Manet, Cézanne e Van Gogh Tre delle opere collezionate da Degas, esposte al Metropolitan di New York fino all' 11 gennaio: «Donna del mango» di Gauguin; sotto, «L'appartamento del conte De Mornay» di Delacroix; a destra, «Berthe Morisot» di Manet