Comunicare, scienza difficile come studiare i terremoti di Paolo Guzzanti

Comunicare, scienza difficile come studiare i terremoti AL GIORNALE: Comunicare, scienza difficile come studiare i terremoti Calamità, stregoni e informazione Ho letto con attenzione l'articolo di Paolo Guzzanti su La Stampa del 4 ottobre intitolato «Lo stregone al rogo» e, prima di salire sulla «pira», desidero aggiungere alle sue anche alcune mie considerazioni. Premetto che ho riscontrato, nell'intervento di Guzzanti, un equilibrio - seppure intrecciato di ironia - che in questi giorni ho visto mancare alla gran parte dei mezzi di informazione. Correttamente Guzzanti ha sottolineato come le informazioni da me fornite siano poi state puntualmente verificate dagli eventi. Il «succo» del commento, tuttavia - se l'ho ben compreso -, è il seguente: non importa tanto che le dichiarazioni di Barberi siano state veritiere se l'effetto di queste verità veicolate da cronisti tecnicamente impreparati e - me lo si consenta - un po' confusi, verso cittadini comprensibilmente spaventati ha poi sollevato i polveroni che ha sollevato. Questo avrebbe sepolto sotto le macerie anche la credibilità dell'istituzione di cui porto la responsabilità politica. Quando, per la prima volta, mi sono confrontato con la gestione di delicate situazioni di emergenza in occasione delle eruzioni dell'Etna, insieme con i colleghi della comunità scientifica richiamai all'attenzione l'importanza di una riflessione approfondita sulla gestione delle comunicazioni in emergenza. Tale riflessione ha evidenziato un fondamentale punto fermo: l'importanza che a prevalere su ogni altro ordine di considerazione fosse la trasparenza e la correttezza delle informazioni diffuse. Anche il semplice sospetto, infatti, che le notizie diffuse dalle autorità non fossero assolutamente complete e veritiere porterebbe con sé quel crollo di credibilità che Guzzanti denuncia come giustamente fatale. Crollo che, in questo caso non andrebbe attribuito al non rispetto di questa regola, bensì all'impatto psicologico che un'informazione concitata ed imprecisa ha causato. Faccio volentieri ammenda per l'eccesso di dichiarazioni, ma richiamo all'attenzione di tutti che tale eccesso non è stato da me voluto. Al contrario, soprattutto in occasione dei miei sopralluoghi nelle aree terremotate, mi sono trovato sovente nell'impossibilità fisica di rinviare ogni commento ad un confronto pacato ed approfondito con i giornalisti, pressanti e pressati dalla bramosia di rubare una battuta, una parola, un aggettivo mentre passavo da un sopralluogo ad un altro, affannati a diffondere ogni frammento di informazione raccolto prima dei propri colleghi, tralasciando, fatalmente, ogni possibilità di verifica, non chiedendo chiarimenti se quanto detto su questioni anche tecnicamente complesse non fosse risultato loro perfettamente chiaro. Dicendo questo mi rendo conto che mi accosto ulteriormente all'immagine dell'ostinato capriccioso che l'articolo mi attribuisce: Barberi addirittura pretende di cambiare le regole dell'informazione e del giornalismo! Forse sì. Forse è necessario riflettere tutti che certe regole - al contrario di quelle fisiche e matematiche - sono dettate dai nostri comportamenti e possono essere cambiate, se riscontriamo che danneggino la nostra comune convivenza. Forse dovremmo riflettere un momento sul fatto che, in situazioni di emergenza, la precisione tecnica e la fondatezza di un'informazione è infinitamente più importante della sua tempestività. Descrivo un episodio per chiarire il mio pensiero: in occasione di una delle scosse più intense registrate in questi giorni dopo pochi minuti una fonte di stampa ha riferito che in un crollo aveva perso la vita un Vigile del Fuoco. La notizia, nel giro di qualche decina di minuti si è rivelata infondata: la persona in questione si era slogata una caviglia allontanandosi di corsa da una parete pericolante. L'effetto dell'informazione errata, diffusa immediata- mente, è stato quello di distogliere gli operatori dai propri compiti per verificare la fondatezza dell'accaduto e, soprattutto, di scatenare tra i cittadini la paura di nuovi, rovinosi crolli che ponevano a repentaglio, addirittura, le vite delle persone. Da questo al pensare che la scossa fosse stata di intensità maggiore a quella rea¬ le, soprattutto nella mente della gente, il passo è stato brevissimo. Forse - e questa è la riflessione che propongo - attendere quindici minuti non sarebbe stato così grave ed avrebbe evitato la diffusione di una notizia errata, passibile di diffondere paura e panico ingiustificati. E giungo alla conclusione del mio ragionamento. Noi «stregoni» ci assumiamo responsabilmente tutte le nostre responsabilità ed io personalmente mi sforzo di coniugarle con il ruolo politico che ricopro. La ruvidezza della realtà, talvolta, cozza contro il naturale bisogno umano di conforto, ma se l'informazione che viene diffusa distorce questa realtà, in buona o malafede poco importa, l'effetto è sì deflagrante. Mi chiedo, in altre parole, se sotto le macerie sia rimasta la credibilità della mia persona oppure la frenesia, l'approssimazione e la confusione del «tempo reale». In occasione della Conferenza Nazionale sulla Protezione Civile, tenutasi a Castelnuovo di Porto lo scorso giugno, abbiamo dedicato una delle 8 sezioni tematiche alla questione «Informazione»; tra diritto di cronaca e servizio al cittadino». Tale sezione è stata presieduta dal presidente dell'Ordine nazionale dei giornalisti, Mario Petrina e vi hanno preso parte illustri colleglli - peraltro alla presenza di uno scarsissimo numero di giornalisti tra il pubblico presente. Riporto qui una delle conclusioni di quei lavori: «Sono stati evidenziati due sostanziali problemi in assoluto: la scarsa sensibilità degli editori e dei direttori di giornale nei confronti dell'informazione di protezione civile in fase di prevenzione, che diventa invece attenzione esasperata durante la fase dell'emergenza, dove si privilegia il sensazionalismo quando non lo scandalismo a tutti i costi. Il secondo problema investe la mancanza di specifica professionalizzazione del giornalista su argomenti di protezione civile e di ambiente in generale». Tengo a sottolineare che non si tratta di mie considerazioni, ma del frutto, sottoscritto, di un dibattito tra giornalisti. Credo dobbiamo fare un grande lavoro in questo campo, rammentandosi che tutti stiamo prestando un servizio e non stiamo, piuttosto, correndo una corsa competitiva. Ringrazio sinceramente Guzzanti per il «pollice in su», che trasformo - certo di trovarlo concorde - in plauso per i quasi 9000 operatori che stanno assistendo oltre 40.000 persone nelle strutture attrezzate nelle Marche ed in Umbria. Con i saluti più cordiali. Franco Barberi Sottosegretario per la Protezione Civile Risponde Paolo Guzzanti: Caro Barberi, i politici vengono spesso sbranati perché confondono l'informazione (che consiste in un trasferimento di notizie) con la comunicazione, che è merce deperibile legata più alle emozioni che alla verità. I giornalisti vanno a caccia sia dell'una che dell'altra, nei tempi e nei modi concessi dalle circostanze. Ai politici (e anche ai tecnici passati alla politica) tocca l'infernale compito di comunicare, quando informano, nel modo giusto. E' una materia più empirica dei terremoti e produce, come i terremoti, danni casuali e irreparabili. Casalegno, assassinio da non dimenticare In seguito a quanto apparso lo scorso 3 ottobre a pagina 38 della Stampa a proposito dell'incontro del giorno precedente al Circolo Pannunzio, una puntualizzazione mi pare doverosa. A causa della tensione e del disagio procuratimi, in concomitanza con il ventesimo anniversario dell'assassinio di mio marito Carlo Casalegno, dalla ripresa delle dispute sulla concessione di un generale indulto ai colpevoli di terrorismo, forse non mi sono espressa con sufficiente chiarezza, o forse non sono stata rettamente interpretata. Ritengo quindi di dover precisare che non ho alcun desiderio di sentire diverse campane e che il mio bisogno di documentarmi si riferiva solo ai dati di fatto relativi alla stagione del terrorismo ed all'esatta natura dei diversi provvedimenti di clemenza vagheggiati. Da parte mia non posso che essere contraria all'oblio ed al perdono di coloro che hanno ucciso e che hanno spinto o aiutato ad uccidere e che spesso non hanno dimostrato alcun pentimento; quindi resto contro ogni forma di acquiescente clemenza. D e di Andreis vedova Casalegno Torino

Luoghi citati: Andreis, Castelnuovo Di Porto, Marche, Torino, Umbria